Benedetta sia la tecnologia e internet e Facebook e Whatsapp ed ogni altra scoperta innovativa! Eppure, quante volte abbiamo pensato, detto o sentito dire che “Si starebbe meglio senza!”?. È tutta questione di grammatica, di coniugazione verbale: da questo disperato condizionale ad un indicativo reale! E senza il bisogno di recarsi fuori Italia: basta un biglietto per Civitacampomarano, in provincia di Campobasso, per vivere una giornata senza linea telefonica e senza connessione internet!
Un paese in cui, con molte probabilità, accade ancora che due persone su una panchina o in attesa di un treno, pur non conoscendosi, introducano una conversazione. Dove succede ancora che una foto venga scattata senza l’obiettivo di pubblicarla (immediatamente) su Facebook o su Instangram attendendo like e commenti. Dove i bambini e le bambine scendono in strada con corde per saltare, palloni per giocare e gessetti per tracciare sull’asfalto la campana di un altro pomeriggio: perché i Pokémon lì, a Civitacampomarano, non sono ancora giunti.
Un paese da foto in bianco e nero, da cartolina vintage, da cassetta delle lettere piena, da lampioni accesi su lunghe chiacchierate e da storie d’amore che iniziano con sguardi e parole strappate con voce imbarazzata. Un paese che per Biancoshock, lo street artist divenuto famoso grazie ai tombini arredati, è stato d’ispirazione per un divertente progetto: organizzare angoli e luoghi a mo’ di social, con l’affissione dei loro loghi negli ambienti scelti. Ed una panchina diventa Twitter, la bacheca del paese diventa Facebook, il tavolo di un ristorante diventa la finestra di Google, l’antico negozio di alimentari diventa eBay e l’anziana signora del paese, depositaria di sapienza e conoscenza, è una sempre accessibile ed efficiente Wikipedia!
Tutto questo, Biancoshock, lo ha creato senza modificare il tratto caratteristico della realtà del paese e dell’autenticità delle relazioni, ovvero la presenza fisica delle persone che accedono a questi luoghi e che vivono queste esperienze. E sono occhi che guardano, fissano o si abbassano; sono bocche che sorridono, parlano o tacciono; sono gambe che giungono, si accomodano e ripartono; sono corpi che si incontrano, si sfiorano, si evitano. Sono dimaniche, sono movimenti, sono messaggi chiari e diretti, inviati con una immediatezza e con una fedeltà al reale che, purtroppo, le varie forme di comunicazione sopracitate, spesso non rispettano.
Perché con un cellulare in mano, con uno schermo davanti, con solo l’idea che si ha di una persona perché dal vivo non la si è mai vista, tutto risulta più semplice. Invece lì, a Civitacampomarano, foto e ricordi passano tra le dita emozionate di chi sfoglia; notizie e programmi sono comunicati con voci entusiaste o tristi; primi incontri e addii, restano lì, impressi sul legno delle panchine. E tutto conserva il ricordo di tutto: ogni posto, ogni angolo, ogni punto del paese, custodisce emozioni e la traccia delle cose passate più di come possa fare la memory card del cellulare.
E l’idea di Biancoshock ha solo rafforzato l’energia della fisicità intesa come presenza, come esserci nel modo più immediato: in fondo, a mandare avanti le diverse barche (tecnologiche) di comunicazione, siamo noi, e noi siamo Persone. Con questo progetto, è stato ricordato che al principio, dietro e all’orizzonte di ogni forma di innovazione ci sono (ci dovrebbero essere) le Persone. Pertanto, è bene non dimenticare mai che dall’altra parte dello schermo del pc, dietro un profilo Facebook, tra le tonnellate di foto pubblicate su Instangram, ci sono le Persone. E ci sono le Persone con la loro Dignità e con la loro Libertà le quali non devono mai subire violazioni, offese, oltraggi.
E forse è questo il messaggio del progetto di Biancoshock: la Persona, prima di tutto. Prima di un video da inoltrare, di una foto da rubare e di una chiacchierata da rendere ingiustamente pubblica.
La Persona, prima di tutto, col suo passato, il suo presente e la sua strada. Che Facebook e Twitter e Instangram, non potranno mai veramente raccontare.
Deborah Biasco