Dopo Batman V Superman, anche i due supereroi leader degli Avengers si ritrovano per la prima volta uno contro l’altro in una fratricida Civil War.
Sebbene il titolo sia molto preciso, mi sembra necessario iniziare con un chiarimento: Captain America: Civil War non è il terzo film degli Avengers, ma l’ultimo capitolo della trilogia dedicata al capitano Steve Rogers. Sì, sulla scena ci sono praticamente tutti i vendicatori (eccetto Hulk e Thor), ma drammaturgicamente tutto ruota attorno a Captain America, vero e indiscusso protagonista della pellicola. La continuità con i due precedenti film è lampante, sia a livello registico, che stilistico, che tematico; e, non a caso, i registi sono i fratelli Anthony e Joe Russo, già a capo del tanto acclamato Captain America: the winter soldier, secondo film della trilogia.
Le differenze con i due film che hanno al centro gli Avengers vanno oltre il semplice protagonismo del personaggio interpretato da Chris Evans: il film tende, infatti, a prendersi leggermente più sul serio, riducendo in parte la classica comicità Disney. Inoltre evita volutamente l’impronta epica e catastrofica tipica dei vendicatori, concentrandosi più sui caratteri, sui personaggi.
Adattamento della saga fumettistica Civil War di Mark Millar, questo film analizza il conflitto derivato dall’approvazione di una legge che regola le azioni dei supereroi. Tony Stark, alias Iron Man, spinto dai sensi di colpa per gli errori commessi nei precedenti film, si pone a capo del gruppo a favore della legge, mentre Captain America vi si ribella.
Ciò che ne deriva è una vera e propria guerra civile tra alleati e amici, nella quale il gruppo del capitano arriva a violare la legge, rendendone i componenti alla stregua di criminali.
I due schieramenti sono convinti di agire per il bene comune, ma in mezzo a loro si muove un terzo elemento non previsto: Helmut Zemo, un personaggio che agisce nell’ombra spostando gli equilibri.
Alla fine dei conti le motivazioni del protagonista trascendono la ribellione per una legge ritenuta ingiusta e acquistano un carattere fortemente personale; così come personali sono le ragioni di Iron Man che, di conseguenza, si trova costretto a vestire i panni scomodi dell’antagonista.
Quello che ne deriva è un conflitto finale in un cui troneggiano i personaggi interpretati da Robert Downey Jr. e Chris Evans, dei quali il primo si trova irrimediabilmente dalla parte del torto confermando una parabola narrativa discendente iniziata già ai tempi di Iron Man 3.
In questo mondo i registi riescono ad analizzare il rapporto tra i personaggi indagando temi come l’amicizia e la fiducia reciproca.
Questo è l’aspetto che, a mio parere, fa vincere Civil War nella sfida con il suo diretto e naturale contendente: Batman V Superman, Dawn of Justice di Zack Snyder.
Il film che mette in scena il combattimento tra i due più famosi eroi DC ha gli stessi presupposti etici del corrispettivo Marvel, ponendo in dubbio a livello ideologico la correttezza delle azioni dei supereroi. Ma mentre Zack Snyder imposta un racconto epico, a tratti mitologico, che mette in relazione l’uomo e Dio ma che fallisce dal punto di vista squisitamente narrativo, i fratelli Russo puntano più in basso, mettendo in scena una miriade di personaggi ben amalgamati tra di loro.
Batman V Superman soffre tantissimo la mancanza di una giusta preparazione e programmazione: i personaggi secondari sono inseriti in maniera caotica e fastidiosa, e a malapena si riesce ad entrare in contatto con i due protagonisti.
Nell’universo cinematografico Marvel, invece, i vari personaggi vengono presentati con la giusta tempistica e la loro alchimia sullo schermo è stata lungamente provata nel corso dei capitoli che hanno preceduto Civil War. Mai come in questo film, infatti, la visione delle pellicole precedenti risulta non solo consigliata ma quantomai necessaria.
Anche l’inserimento di personaggi totalmente nuovi viene condotto con una naturalezza sorprendente, in quanto si riesce in pochi minuti a caratterizzarli a dovere. In particolare mi riferisco all’efficace introduzione di Pantera Nera e all’attesa riproposizione di Spider-man: i due supereroi vengono presentati rapidamente, ma nonostante ciò risultano tra gli aspetti vincenti della pellicola, lasciando ben sperare per i film “stand alone” a loro dedicati che sono già in programmazione.
Captain America: Civil War non è un film perfetto. Nel corso della pellicola, infatti, sono disseminati tanti piccoli buchi di trama che trovano la loro conclusione in uno scioglimento narrativo deludente dal punto di vista delle giustificazioni e delle scelte del cattivone di turno. Inoltre, la prima parte del film, a causa della molteplicità di linee narrative da esplorare, è caratterizzata da una lentezza inaspettata.
L’azione è sempre travolgente, ben coreografata e ben diretta, anche se risente di alcuni inspiegabili cali della CGI (computer grafica).
Nonostante ciò il film intrattiene, diverte ed emoziona a dovere. Riesce, soprattutto, nell’impresa di proseguire e intrecciare le trame e i caratteri presentati nei film precedenti lasciando spazio ad una nuova fase dell’universo cinematografico Marvel che promette benissimo.
I fan possono essere o no d’accordo sulla qualità di questo film in relazione ai precedenti: ciò che è certo è che da qui in poi la posta in gioco si è nettamente alzata lasciando presagire pellicole in cui l’azione e il divertimento dovranno obbligatoriamente essere invischiati in un materia tematica più profonda e introspettiva.
Questa sarà la vera e più difficile sfida che la Disney e la Marvel dovranno in qualche modo riuscire a superare nei prossimi capitoli cinematografici.