Riscoperta un’antica città al largo delle coste nordafricane
La missione italiana riporta alla luce la città sommersa di Neapolis, in Tunisia. Un’area grande 20 ettari, sprofondata per effetto di un terremoto e che ancora oggi si presenta integra, quasi identica alla città descritta nel IV secolo dopo Cristo.
La scoperta è opera di un team di archeologi sardi, tunisini e algerini della missione finanziata dal Consorzio Uno per gli Studi Universitari di Oristano. Gli studi e le ricognizioni di questo sito iniziarono nel 2009 quando il professor Raimondo Zucca, dopo aver studiato la Neapolis sarda, di fronte al Golfo di Oristano, era alla ricerca della città gemella sulla costa africana.
Storia della città
Neapolis è stata fondata nel 413 avanti Cristo e nella città hanno lasciato le loro tracce i fenici, i cartaginesi e anche i romani. In età romana era estesa 60 ettari; hanno spiegato gli archeologi del Dipartimento di Storia, Scienze dell’ uomo e Formazione e il professor Mounir Fantar, dell’ Institut National du Patrimoine (Inp) di Tunisi, sarebbe una sorta di zona industriale della colonia romana, emporio dei Cartaginesi sul Capo Bon nel territorio della città di Nabeul, già individuata nelle precedenti missioni, caratterizzata dalla presenza di un gran numero di vasche dove si procedeva alla salagione di grandi quantità di pesce (in particolare sardine ma anche piccoli tonni).
Nell’800 si conosceva la localizzazione di Neapolis, ma gli scavi veri e propri sono iniziati nel 1965, in occasione della costruzione di un hotel. I primi ritrovamenti riguardano un’antica “domus” con tanto di mosaici e un vecchio stabilimento per la produzione del “Garum”, la salsa di pesce.
Come già accennato, nel 2009 inizia la missione italo-magrebina, a cui partecipano gli studenti della Scuola di specializzazione archeologica di Oristano e dell’Università di Sassari. In 8 anni vengono organizzate 9 campagne di scavo, con l’obiettivo iniziale di riportare alla luce l’antico porto.
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Nel corso dell’ultima missione, gli archeologi italiani riescono a localizzare e identificare con precisione la città sommersa. L’area urbana individuata è ampia circa 20 ettari: lunga un chilometro e larga 200 metri. Antiche strade e vecchi edifici si trovano a 5 metri di profondità e sono suddivisi in isolati, realizzati quasi geometricamente, di 71 metri per 35,5.
La zona subacquea è crollata, ma non si è distrutta e l’area urbana è ampia circa 20 ettari: lunga un chilometro e larga 200 metri. Secondo i rilevamenti dei droni, la città risulta perfettamente contigua alla zona scavata in precedenza. Antiche strade e vecchi edifici si trovano a 5 metri di profondità e sono suddivisi in isolati, realizzati quasi geometricamente, di 71 metri per 35,5. I rilevamenti effettuati dai droni di cui il team si è avvalso, hanno mostrato inoltre la presenza di una “piazza forense”, caratterizzata da iscrizioni in bronzo di epoca romana: è il ventisettesimo esempio nel bacino del Mediterraneo, il quarto in territorio africano, con il suo tempio dedicato a Giove Capitolino, la sua Curia e la sua Basilica giudiziaria. Verso la seconda metà di agosto è programmata una decima missione, con la partecipazione di archeosismologi e geomorfologi subacquei, per approfondire le ragioni per cui questo pezzo della città di Neapolis sarebbe rimasto sommerso dall’acqua…
Sott’acqua ci sono anche altre tracce del grande stabilimento del Garum: quello di Neapolis era il più grande del Mediterraneo e dell’Atlantico, con un impianto in grado di contenere oltre un milione di litri.
Francesco DeMartini