Viviamo in una società veloce, che ci spinge a misurare il valore delle persone in base alla loro produttività. In questo contesto si sviluppa e inizia a concretizzarsi – anche in Italia – la teoria della città dei 15 minuti, o 15 minutes city. Cosa accadrebbe se iniziassimo a vivere più lentamente?
La vita si muove veloce, e noi ci muoviamo velocemente per inseguirne i ritmi. E se la lentezza della vita di quartiere diventasse uno strumento di resistenza all’imperativo della produttività? E se la città dei 15 minuti potesse essere uno strumento di lentezza, invece che di efficienza?
La teoria della 15 minutes city è stata elaborata da Carlos Moreno, urbanista franco-colombiano e professore della Sorbona a Parigi. Che cosa prevede l’idea della città dei 15 minuti? L’obiettivo è quello di rendere facilmente accessibili a tutti i cittadini e a tutte le cittadine i servizi necessari per una buona qualità di vita – scuole, negozi, supermercati, farmacie, ristoranti, luoghi di aggregazione – nel tempo di massimo 15 minuti, percorribili a piedi oppure in bicicletta.
In Italia, degli esempi di città dove alcuni quartieri rispecchiano la teoria della 15 minutes city sono Milano, Torino e Ferrara. Ci sono però delle teorie cospirazioniste anche riguardo alla teorizzazione della città dei 15 minuti.
Sono teorie del complotto completamente infondate, che nascono dalle proteste tenutesi negli scorsi giorni a Oxford contro l’introduzione di zone della città limitate al traffico. Ma sono arrivate anche in Italia, diffondendosi tramite i social media. Sostengono che l’obiettivo finale di questo modello urbanistico sia impedire alle persone di muoversi al di fuori del proprio quartiere. Insomma, ci sono persone che la vedono come una minaccia alla libertà di movimento e di spostamento, nonostante il modello nasca invece proprio con l’intento contrario: rendere più accessibile, semplice e vivibile la vita quotidiana, anche nelle grandi città.
E allora, perché la lentezza ci fa così paura? Cosa potrebbe succedere se ricominciassimo a vivere, almeno in parte, una vita meno di corsa, più legata al quartiere e ad uno scorrere del tempo senza fretta e senza ansia?
La nostra cultura ci ha abituati e abituate, sempre di più, a basare il nostro valore sulla nostra produttività. Quante cose ho fatto oggi, quanti progetti ho portato a termine e – soprattutto – quanto ho lavorato? E quanto velocemente?
Da un lato, anche la teoria della città dei 15 minuti può diventare un modo di ottimizzare i nostri tempi di vita: tutto sarebbe più vicino, più velocemente raggiungibile, più facilmente a portata di mano. Ad una prima occhiata, si potrebbe pensare che avere a disposizione tutti i servizi necessari a 15 minuti di distanza dalla propria abitazione contribuirebbe a rafforzare il paradigma della velocità e del “tutto e subito”.
Dall’altro lato, però, c’è un modo per riappropriarsi della teoria della 15 minutes city e metterla a servizio della lentezza. Avere tutti i servizi necessari alla quotidianità così vicini e facilmente raggiungibili vorrebbe dire togliere tempo agli spostamenti nel traffico e restituirlo alle camminate e all’uso della bicicletta. Vorrebbe dire potersi muovere con calma, senza fretta. Potersi svegliare un sabato mattina e passeggiare per il proprio quartiere mentre si fa la spesa: panetteria, fruttivendolo, pasticceria.