Il cinema italiano è uno dei più amati a livello mondiali. Durante gli anni ’50 del Novecento siamo stati persino denominati come seconda Hollywood. Tuttavia, la domanda che sorge spontanea è: per quale motivo il cinema italiano ha destato tanto interesse nel mondo?
Sicuramente il numero esorbitante di autori ha contribuito alla nostra fama, eppure c’è un dettaglio che pare continuamente sfuggirci. Questo dettaglio lo troviamo nelle parole erotismo ed eccesso.
Cinema italiano: l’erotismo
Sin dall’esplosione della corrente cinematografica nota come Neorealismo, il cinema italiano ha sempre voluto inserire quel pizzico di erotismo in più rispetto ad altre pellicole europee e non. Molti critici si sono chiesti il perché di tale scelte, imputandola ad un certo tipo di stile di vita italiano, composto da Dolce vita e, in generale, i piccoli e grandi piaceri della vita. Queste argomentazioni sono in parte vere. Eppure l’uso dell’erotismo nel nostro cinema non è necessariamente legato al voler fomentare un tipo di stereotipo. Il nostro cinema usa l’erotismo come elemento narrativo per analizzare fenomeni ben più complessi. Si passa rapidamente dalla critica sociale all’analisi psicologica, il tutto proprio attraverso il sesso.
Il Neorealismo è un genere dedicato alla guerra e alle sue nefande conseguenze. Solo un regista è riuscito a legarlo ad un concetto erotico: Luchino Visconti, colui che fu battezzato come il più esteta dei neorealisti. Il suo Ossessione del 1943 utilizza per la prima volta la macchina da presa e la rudezza tipica della vita di campagna per sessualizzare il corpo maschile. Gino non è un semplice contadino, ma un vero e proprio oggetto del desiderio. Un impulso sessuale nato sotto le bombe che analizza in modo eccelso il tanto noto bilanciamento di eros e thanatos.
Facendo un salto temporale, ci troviamo catapultati negli anni ’70 e ci scontriamo con registi come Pasolini, Liliana Cavani e Fernando Di Leo. I film di questi registi mirano ad utilizzare l’erotismo come strumento di analisi storico sociale.
Pasolini ne è stato il capostipite, basti vedere la sua trilogia della vita (Il Decameron, I racconti di Canterbury e Le mille e una notte) per comprendere come l’erotismo in sé non sia soltanto sesso, ma un ben più ampio strumento di riflessione. La sessualità vista come gioco e come atto che ci porta a conoscerci come persone e a smascherare le ipocrisie piccole borghesi.
L’eccesso
Quando, però, parliamo di eccesso? Questo termine è spesso collegato al cinema splatter o gore. Quindi ad un tipo di cinematografia che utilizza gli estremi della sessualità come cannibalismo o sadomasochismo. Tuttavia, secondo molti critici, questa definizione si potrebbe tranquillamente ampliare, riuscendo così a comprendere anche altri aspetti della cinematografia.
Restando sempre nel decennio degli anni ’70, lo stesso Pasolini girò il primo film di quella che sarebbe dovuta divenire la trilogia della morte. Parliamo di Salò o le 120 giornate di sodoma, film stroncato dalla critica e rivalutato solo recentemente. Il film è diventato un vero e proprio cult, tanto da essere stato restaurato dalla Cineteca di Bologna nel 2015 e proposto nuovamente nei cinema senza censura. Il caso Pasolini è emblematico, perché nella rappresentazione della sessualità in Salò non vi è erotismo ma solo eccesso. Se prendiamo tra le mani un film come Il portiere di notte di Liliana Cavani, notiamo che la situazione si ribalta. Ci scontriamo con il primo grande film dedicato al nazismo e quelli che furono i campi di sterminio. La Cavani propone una delle migliori rappresentazioni della Sindrome di Stoccolma e di un tipo di violenza politica. Il sesso, anche il questo caso, è strumentale. Eppure, guardando la pellicola, la si trova squisitamente erotica. La scena del cabaret è ormai iconica. Charlotte Rampling che indossa bretelle da uomo sul suo petto nudo è sinonimo di erotismo. Il portiere di notte parla di violenza politica e sociale ed è un film erotico. Perché questo? Perché l’erotismo, unito all’eccesso, ha lo scopo di avvicinare lo spettatore allo schermo.
Eccesso ed erotismo
Il portiere di notte ha accesso le fantasie di molti come ha dato il via ad importanti riflessioni sociali. Il cinema italiano, quindi, ha sempre tentato di riproporre un erotismo non fine a sé stesso ma incline ad attirare il pubblico per portarlo a scontrarsi con grandi temi sociali. Il corpo, come il sesso, può rivelarsi uno strumento molto potente, poiché il fenomeno di identificazione scatta immediatamente. Una volta nata l’immedesimazione, lo spettatore è catturato e non c’è modo per lui di liberarsi.
C’è bisogno dell’eccesso? A rigor di logica, sì. Un ultimo esempio è il film Avere vent’anni di Fernando Di Leo uscito nel 1979. La pellicola, con protagoniste due icone della commedia sexy all’italiana, ovvero Lilli Carati e Gloria Guida, fu mal interpretata dopo la sua distribuzione. In modo particolare il movimento femminista si scagliò contro il film, definendolo pericoloso. Il caos nacque a causa della scena finale, in cui le due protagoniste vengono stuprate ed uccise da un branco di uomini mafiosi. In molti interpretarono quella violenza come un gesto punitivo. In realtà, se si osserva attentamente il film, si comprende che l’eccesso non è punizione. Il film condanna un tipo di mascolinità tossica che porta all’uccisione delle due protagoniste.
In conclusione: eccesso ed erotismo possono coincidere? Secondo il cinema italiano, questo è più che possibile, poiché un tema pare essere funzionale per l’altro. L’erotismo non più inteso come mero sesso e la violenza non più intesa come mera punizione.
Sabrina Monno