Il cinema africano è ormai da qualche anno universalmente riconosciuto per la sua sapienza nella costruzione delle identità e trasposizione delle numerose tradizioni. Il FESPACO (Festival Panafricano del Cinema e della Televisione di Ouagadougou) lo celebra dal 1969, permettendo ai giovani registi africani di far conoscere i propri lavori al mondo e promuovendo la diversità culturale e la solidarietà nel mezzo della Diaspora africana. Il festival del cinema africano, che si tiene ogni 2 anni nella capitale del Burkina Faso, quest’anno è alla sua 29esima edizione e si svolgerà dal 22 febbraio al 1 marzo 2025. Il FESPACO è un chiaro esempio di come la celebrazione della cultura sia più forte delle tensioni e delle destabilizzazioni politiche.
Il FESPACO, sostenuto dal governo e da organizzazioni della società civile, si basa su una visione del cinema come mezzo di espressione, istruzione e sensibilizzazione e da decenni attrae fino a 500 mila spettatori provenienti da tutto il mondo.
Un evento che ha fatto la storia del cinema africano
Il festival nacque nel 1969 con lo scopo di promuovere ed espandere i film africani grazie all’iniziativa di alcuni uomini di cultura tra i più celebri del continente, come François Bassolet, Ousmane Sembène Claude Prieux e Alimata Salembéré.
Dal 1972 il festival inizia ad essere supportato dal governo e sotto la presidenza rivoluzionaria di Thomas Sankara diventa un evento chiave nella veicolazione dei valori del panafricanismo, contribuendo inoltre a dar forma all’attuale cinema africano – si trattava insomma di un modo per “riprendersi” l’arte e la cultura dopo secoli di colonizzazione.
Negli anni Novanta, invece, si inizia a dare spazio ai registi emergenti e alla generazione della Diaspora, iniziando anche a collaborare con alcuni Paesi europei.
Nonostante le continue critiche e le sfide, il festival ha dimostrato di sapersi evolvere e restare al passo con i tempi, continuando comunque a portare a termine il suo scopo primario.
L’edizione 2025
L’edizione di quest’anno ha come tematica “I Am Africa” e punta appunto a celebrare la creatività e la diversità del continente africano.
Quest’anno il festival, come annunciato dal suo Delegato Generale Alex Moussa Sawadogo, ha raggiunto un record di 1.351 film presentati da tutto il continente e appartenenti a diverse categorie, a cui si accompagnano una serie di attività come workshops e dibattiti.
Il Ciad è stato scelto come Paese ospite d’onore, proprio per la ricchezza della sua produzione artistica e cinematografica. I Presidenti Ibrahim Traoré e Mahamat Déby Itno erano presenti alla grandiosa cerimonia d’apertura contraddistinta da un pot-pourri di coreografie, musiche e danze che hanno come filo conduttore la resilienza e l’indipendenza dei popoli africani.
Tra i premi che verranno assegnati durante le celebrazioni si ricordano : l’ambito Étalon d’or de Yennenga per il film che ha saputo catturare al meglio l’identità africana, l’Oumarou Ganda Prize per il miglior film esordiente e il Paul Robeson Prize per il miglior regista appartenente alla Diaspora africana.
Alla 29esima edizione parteciperanno 48 Paesi e quest’anno tra gli sponsor figurano le Nazioni Unite, con una donazione di 156,400 dollari.
L’importanza del FESPACO
L’importanza di questo festival è proprio data dal fatto che si tratta dell’unico evento rilevante, per di più con l’appoggio governativo, dove i professionisti del settore provenienti da tutto il continente africano hanno la possibilità di discutere di cinema e presentare i propri film.
Il FESPACO ha saputo infrangere tutte le barriere proprio perché si è imposto in un mondo, quello della cultura, che per decenni è stato ostaggio della visione occidentale.
La registra egiziana Jihan El-Tahri ha proprio messo in luce l’importanza del cinema per i popoli marginalizzati:
«Nelle colonie africane francofone, l’immagine era proibita ai “nativi”. Fu solo all’inizio degli anni ’60 che l’idea di chi eravamo come africani fu trasmessa attraverso i nostri stessi occhi in lungometraggi drammatici: potevamo finalmente rappresentare e filmare noi stessi. Il modo in cui i poteri esterni potevano controllare quello spazio era bloccando i finanziamenti e la distribuzione e questo è ciò che il Fespaco ha cercato di rompere».
Lo scambio culturale promosso dal festival è un’enorme fonte di arricchimento dal punto di vista storico, che grazie alla diffusione di alcuni valori imprescindibili ha dato forma a una nuova consapevolezza, sia nei registi che negli spettatori.
Continuano le sfide: la cultura riuscirà a prevalere?
Nel corso degli anni il FESPACO ha attraversato numerosi ostacoli, primo fra tutti lo jihadismo che dilania il Burkina Faso da ormai troppo tempo: il Paese infatti sta vivendo una grave crisi umanitaria proprio a causa della violenza perpetrata dai gruppi armati di matrice terrorista, che hanno portato a una profonda instabilità politica e allo sfollamento di massa.
La brutale morte di Thomas Sankara ha sicuramente segnato un turning point nella storia del festival, disgregandone in un certo senso la visione originaria a favore di una più neo-liberale – non a caso, le critiche rivolte al festival hanno spesso riguardato proprio questo punto. D’altra parte il FESPACO ha forse idealizzato troppo l’era di Sankara e oggi sembra pagare le conseguenze di una visione nostalgica un pò stucchevole.
La pandemia di Covid-19, inoltre, ha fatto rinviare una delle edizioni del festival e sicuramente ha contribuito alla perdita d’interesse nei confronti dell’evento e alla scarsa partecipazione.
Molti hanno anche sollevato la questione del controllo governativo, che costituisce un’arma a doppio taglio: infatti negli ultimi 20 anni sembrerebbe che la libertà artistica sia stata ristretta e che anche i registi africani siano diventati vittime della censura, oltre al fatto che il festival è stato spesso utilizzato dai vari Presidenti burkinabè per costruire (e talvolta ripulire) la loro immagine pubblica.
Forse l’evento dovrebbe mettere da parte un attimo il suo aspetto più “elitario” e ritornare al suo significato più puro ma in ogni caso la sua importanza nel promuovere un patrimonio cinematografico così ricco come quello africano (e a noi occidentali sconosciuto) è inestimabile.