Cina: giornalista condannato a 15 anni per aver “denigrato” il Governo

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Il giornalista cinese, Chen Jieren, è stato condannato a 15 anni di carcere, per aver “denigrato” il Partito comunista al potere ed il Governo cinese.

Secondo il tribunale della contea di Guiyang, Chen avrebbe “creato discussioni e disordini”, favorendo la propagazione di informazioni false contro il Governo, accusando i leader di corruzione, pubblicando notizie ed inchieste sulla società cinese. La sentenza emanata lo scorso 30 aprile, avrebbe condannato anche Chen Weiren ed un collega Liu Min.

Ma partiamo dal principio.

Chen Jieren si è laureato alla Tsinghua University Law School, ha lavorato come reporter per alcuni giornali cinesi ed è diventato successivamente un blogger. La sua carriera inizia a compromettersi nel 2003, quando viene licenziato dal China Youth Daily, per aver scoperto un giro di prostituzione che vedeva coinvolti numerosi studenti. Nel 2011 gli tocca la stessa sorte al People’s Daily Online, dove ha perso il posto per aver diffuso troppe critiche nei confronti del Governo

Secondo i difensori dei diritti umani cinesi(Chinese Human Rights Defenders), questa condanna è solo un tentativo di punire Chen Jieren “per il suo discorso politico su wechat e altre piattaforme di social media.

La CNN ha dichiarato come la Cina abbia espulso numerosi giornalisti del New York Times, Washington Post e dal Wall Street Journal, dal proprio territorio:

Negli ultimi anni, la Cina ha rilasciato giornalisti con visti di 12 mesi limitati, questo significa che la decisione potrebbe avere un impatto sostanziale su tutte e tre le organizzazioni giornalistiche. Non è immediatamente chiaro quanti giornalisti saranno interessati.

Con una mossa senza precedenti, il governo ha affermato che, oltre ad essere vietato condurre segnalazioni nella Cina continentale, non sarà permesso loro di farlo nelle città semi-autonome di Macao o Hong Kong, destinazioni preferite per i giornalisti precedentemente bloccati da Pechino.




I direttori dei giornali sottoposti a queste restrizioni, si sono opposti a questa decisione delle autorità cinesi di espellere i giornalisti americani dal loro territorio ed il caporedattore e CEO di TIME, ha dichiarato:

Siamo contrari a qualsiasi sforzo del governo cinese o di qualsiasi altro governo per espellere i giornalisti o intimidire coloro il cui compito è fornire informazioni accurate, soprattutto durante questo periodo cruciale per il mondo.

Se le accuse nei confronti di Chen Jieren dovessero risultare false ed infondate, ci troveremo di fronte ad un caso davvero eclatante di censura nei confronti di giornalisti indipendenti. Inoltre, non sembrerebbe l’unico episodio di insabbiamento nella città di Wuhan.

Il programma delle Iene ha mandato in onda diversi servizi, in cui ha reso pubblici video e dichiarazioni di alcuni blogger, tra cui un avvocato ed attivista cinese di nome Chen Qiushi:

Ho paura, di fronte a me ho il virus mentre dietro di me c’è il potere del Governo cinese. Non ho paura della morte. Pensate che mi spaventi il Partito Comunista Cinese?.





Di Qiushi, ancora oggi, non si hanno più tracce. Così come per Fan Bin, il reporter che ha mostrato ai social cosa stava accadendo nella città di Wuhan. Purtroppo, una volta che il suo video è diventato virale, degli uomini si sono presentati davanti alla sua abitazione e lo hanno prelevato con la forza; da quel momento sembra essere sparito nel nulla.

Secondo la classifica stimata dal Reporters Without Borders, la Cina è al 177esimo posto su 180, per questo motivo è stata contrassegnata come uno dei peggiori paesi al mondo per la libertà di stampa.

Quando la censura sovrasta la libertà di espressione, allora la domanda sorge spontanea: a chi dobbiamo credere?

Non è facile dare una risposta a questo quesito, l’unica cosa che possiamo fare è utilizzare al meglio le risorse che possediamo per effettuare la nostra ricerca della verità, senza soffermarci all’apparenza, ai titoli, agli stereotipi.

Bisogna andare oltre per poter dare un giudizio obiettivo ed imparziale, per poter condannare qualcuno al di là di ogni ragionevole dubbio e, se questo diritto viene negato e queste persone vengono messe a tacere, allora tocca a noi cercare di dargli voce.

 

 

Silvia Morreale

 

 

 

 

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