Il mondo si è unito a combattere e a debellare la piaga del “coronavirus”. Il 9 gennaio l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha riconosciuto un nuovo ceppo di virus (“2019-nCoV”), che sta facendo registrare un ingente numero di infetti nel mondo (purtroppo anche i primi due casi in Italia). Il numero di vittime rimane comunque contenuto. Mentre l’attenzione globale è focalizzata sul virus di Wuhan, un gruppo di scienziati ha portato a termine un’importante ricerca scientifica.
La ricerca nei ghiacciai
Tutto ha inizio 5 anni fa, quando un gruppo composito di scienziati americani e cinesi si è diretto in Tibet per condurre uno studio sui ghiacciai. Perforando 50 metri di ghiaccio si sono ottenute due carote, veri e propri archivi storici e fonte inestimabile di materiale biologico per studiare i secoli precedenti. In base alle bolle presenti al loro interno, sono capaci persino di fornirci informazioni sulle variazioni climatiche in un determinato periodo storico. Le carote poi sono state sezionate, in modo che ogni sezione corrisponda ad un particolare periodo storico. L’analisi di questi materiali ha portato alla stesura un articolo presso “bioRxiv”, sito che raccoglie i testi scientifici prima della loro pubblicazione ufficiale.
L’esito della ricerca ha rivelato 28 agenti patogeni, appartenenti a 33 popolazioni virali, al momento sconosciuti. Questi virus risalgono ad un arco di tempo compreso tra i 500 e i 15.000 anni fa. Qual è il rischio?
Un pericolo per l’uomo?
L’allarme è stato lanciato dagli studiosi in questi giorni, poco dopo la pubblicazione dell’articolo:
Lo scioglimento dei ghiacci potrebbe portare alla perdita di questi archivi microbici e virali che possono rivelarci molto sulla storia del clima sulla Terra. Nel peggiore dei casi, l’aumento delle temperature potrebbe liberare i patogeni nell’ambiente
Il pericolo maggiore è strettamente legato ai cambiamenti climatici attualmente in atto. Infatti, con l’innalzamento delle temperature, il rischio è quello dell’arretramento e dell’assottigliamento dei grandi ghiacci dell’Himalaya (come il ghiacciaio di Guliya, su cui sono state fatte le ricerche). I virus al loro interno appartengono ad un’altra epoca della storia dell’uomo, quando ancora il freddo e la fame uccidevano più in fretta della malattia. Non si sa, però, cosa possa comportare la liberazione di questi patogeni nell’ambiente, trattandosi di virus del tutto sconosciuti.
Attualmente la priorità mondiale rimane la cura del “coronavirus”. È necessario che la ricerca continui affinché si trovi celermente una cura anche per queste preistoriche malattie e non si rimandi la ricerca all’insperato momento dello scioglimento dei ghiacciai. Per entrambi i casi è necessario rilanciare le parole del poeta Davide Rondoni che recentemente ha scritto per “Quotidiano.net“, ricordando come una cosa minuscola come un virus sia capace di “bloccare” il mondo e farci sentire piccoli, vulnerabili e “umani”. Ammettere una debolezza, ovvero che non ci si può “fare da sè”, può divenire il primo passo per una sincera ripartenza.
Jacopo Senni