Cime Bianche, ultima frontiera tra natura e progresso

Conservare o sviluppare? Il dilemma del Vallone delle Cime Bianche, l’ultimo vallone selvaggio

Cime Bianche, ultima frontiera tra natura e progresso

Un segnale di resistenza per l’ambiente, proteggere il Vallone delle Cime Bianche, l’ultimo vallone selvaggio della Val d’Ayas.

In un’epoca in cui la globalizzazione e l’urbanizzazione avanzano a ritmi inarrestabili, la difesa degli ultimi spazi incontaminati del nostro pianeta è diventata una questione di vitale importanza. In questo contesto si inserisce la battaglia per la conservazione del Vallone delle Cime Bianche, un’area protetta di straordinaria bellezza situata in alta Val d’Ayas, nelle Alpi italiane.

Questa zona, parte integrante della Zona di Protezione Speciale (ZPS) “Ambienti Glaciali del Gruppo del Monte Rosa“, è inclusa nella Rete Europea Natura 2000, un sistema di siti designati per la protezione della biodiversità nell’Unione Europea.

Difatti, con l’introduzione della direttiva europea 92/43/CEE, nota come “direttiva Habitat“, gli Stati membri dell’Unione Europea furono incaricati di selezionare siti naturali nei loro territori per creare la rete Natura 2000 e di presentare un elenco nazionale di questi siti entro giugno 1995. In Valle d’Aosta, fu identificata l’area “Ambienti glaciali del Gruppo del Monte Rosa” (codice IT1204220) come parte di questa rete.




Nel 1996, il decreto del Ministero dell’Ambiente del 2 dicembre stabiliva che le aree protette dalla normativa europea, come i Siti di Interesse Comunitario (SIC), le Zone Speciali di Conservazione (ZSC) e le ZPS, fossero classificate come Aree di elevato valore naturalistico, equiparate ai Parchi Nazionali e alle Riserve naturali dello Stato.

Successivamente, il decreto del 17 ottobre 2007 ha vietato la costruzione di nuovi impianti di risalita e piste da sci nelle aree ZPS. Questa norma è stata confermata dalla Giunta Regionale della Valle d’Aosta nel 2008.

Cime Bianche, ultima frontiera tra natura e progresso

Nonostante la sua importanza ambientale e il suo status di area protetta, il Vallone delle Cime Bianche è minacciato dal progetto che mira a trasformarlo in una parte del più grande comprensorio sciistico d’Europa. Il collegamento funiviario tra la Val d’Ayas e Valtournenche.

L’idea di unire queste valli attraverso nuovi impianti di risalita non è recente: risale ai primi anni 2010. Nello specifico, l’obiettivo è quello di collegare le piste di Cervinia e Valtournanche con la Val d’Ayas, unendo il comprensorio del Monterosa Ski a quello già esistente tra le valli di Gressoney e Alagna. Un’opera mastodontica che, se realizzata, avrebbe un impatto devastante su questo fragile ecosistema alpino.

Il progetto funiviario: costi e impatti

Nel 2015, alcune amministrazioni comunali commissionarono un costoso studio di fattibilità per valutare la possibilità di costruire una funivia che collegasse le aree di interesse. Tuttavia, il documento finale di questo studio, noto come Masterplan, non è mai stato reso pubblico.

Oggi, nonostante le numerose battute d’arresto, il progetto continua a progredire. Ha già superato diverse fasi burocratiche, venendo inserito nel Documento di Economia e Finanza Regionale (Defr) della Valle d’Aosta per il biennio 2020-2022. E, più recentemente, nel Piano Regionale Trasporti 2024-2026 come investimento strategico.

Nel 2023, la Regione Valle d’Aosta ha reso pubblico il piano di valutazione della fattibilità del progetto, con l’intenzione di proseguire e completare l’opera entro il prossimo decennio.

Dopo un lungo periodo di attesa, il secondo studio di fattibilità del progetto, finanziato con 403.000 Euro di denaro pubblico, è stato finalmente trasmesso alla Regione Valle d’Aosta. Sebbene il documento non sia ancora stato reso pubblico, le notizie trapelate dai media indicano che esistono cinque ipotesi per il collegamento, con costi che variano dai 72 milioni di Euro per le cabinovie più impattanti, ai 114 e quasi 123 milioni per le alternative basate su tecnologia 3S, esclusa l’IVA.

Nessuna di queste opzioni, tuttavia, risparmierebbe l’area protetta, che verrebbe irrimediabilmente danneggiata, compromettendo la sua integrità ecologica e paesaggistica. Nonostante i numerosi livelli di tutela normativa che dovrebbero proteggere il vallone, la Regione Valle d’Aosta sembra determinata a procedere con il progetto. Come dichiarato dal Presidente della Regione, Renzo Testolin: “…proseguire con il progetto di un nuovo collegamento a Cime Bianche”. Questa affermazione riflette una visione che pone lo sviluppo economico al di sopra della conservazione ambientale, sollevando preoccupazioni tra i sostenitori della protezione del vallone.

Da anni, il comitato “Insieme per Cime Bianche” e altre associazioni ambientaliste combattono per preservare questo angolo di natura incontaminata. Attraverso mobilitazioni, petizioni, azioni legali e progetti di sensibilizzazione, queste organizzazioni stanno cercando di fermare il progetto funiviario e garantire che il vallone rimanga intatto per le future generazioni.

Un esempio significativo di questa resistenza è la camminata simbolica che si è svolta il 3 agosto 2024, alla quale hanno partecipato quasi 400 persone. Questo evento, giunto alla sua quarta edizione, ha riunito associazioni come il CAI, Mountain Wilderness, Greenpeace, Legambiente, Fridays for Future e WWF, insieme a cittadini locali e appassionati di montagna. La marcia è stata un modo per ribadire l’importanza di mantenere il vallone delle Cime Bianche nella sua forma attuale, ricordando a tutti il suo valore come patrimonio naturale e culturale.

La voce della natura e della conservazione

Situato al di sopra dei 2.000 metri, questo vallone non è solo un paesaggio spettacolare, ma un vero e proprio scrigno di biodiversità. Ospita una varietà di flora e fauna che va dai fiori alpini, ai rapaci, fino a specie rare come lo stambecco e il lupo, quest’ultimo sempre più frequente in queste zone.

Le tre cime che dominano il vallone, la Gran Sometta, il Bec Carré e la Pointe Sud, non sono solo formazioni geologiche straordinarie, ma testimoni di un’antica storia geologica: un tempo, qui si trovava un mare tropicale, e le rocce bianche delle cime sono ciò che resta delle antiche isole coralline.

Il Vallone delle Cime Bianche oltre che un’area naturale protetta, rappresenta anche un simbolo della lotta per la salvaguardia dell’ambiente alpino. La sua unicità risiede nel fatto che è uno degli ultimi valloni selvaggi delle Alpi, un luogo dove la natura ha ancora il sopravvento sull’uomo. Questo patrimonio naturale non ha solo un valore ecologico, ma anche etico e culturale, poiché rappresenta un esempio di come l’uomo possa convivere in armonia con la natura, rispettando i suoi ritmi e la sua bellezza.

L’importanza della conservazione del Vallone delle Cime Bianche va oltre i confini della Val d’Ayas e della Valle d’Aosta. In un’epoca in cui il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità sono tra le principali sfide globali, la protezione di quest’area può diventare un modello per un nuovo approccio al turismo e allo sviluppo montano. In altri paesi, come la Svezia o gli Stati Uniti, un luogo come il Vallone delle Cime Bianche verrebbe celebrato come un esempio di eccellenza ambientale, un luogo dove vivere un’esperienza autentica e immersiva nella natura.

Il ruolo del turismo sostenibile

La Valle d’Aosta, come molte altre regioni alpine, si trova a un bivio: continuare a perseguire un modello di sviluppo basato sul turismo di massa e sugli impianti sciistici, o abbracciare un approccio più sostenibile, che valorizzi le risorse naturali e promuova un turismo rispettoso dell’ambiente. Il Vallone delle Cime Bianche potrebbe diventare il simbolo di questa nuova visione, un luogo dove il turismo slow e alternativo rappresenta l’unica forma di sviluppo possibile.

Invece di costruire nuovi impianti meccanizzati, che rischiano di essere abbandonati in un futuro non lontano a causa del cambiamento climatico e della progressiva riduzione delle nevicate, dovremmo sfruttare il vallone per promuovere un turismo che metta al centro l’esperienza della natura, il rispetto per l’ambiente e la valorizzazione del paesaggio. Un turismo che non distrugga, ma che conservi, che non sfrutti, ma che rispetti.

La sfida dell’opinione pubblica

La battaglia per la difesa del Vallone delle Cime Bianche è entrata in una fase cruciale, in cui l’opinione pubblica gioca un ruolo determinante. La pressione dei cittadini, delle associazioni ambientaliste e degli amanti della montagna può fare la differenza, spingendo le istituzioni a riconsiderare il progetto e a valutare alternative più sostenibili. La mobilitazione deve essere forte e decisa, perché una volta che il danno sarà fatto, sarà impossibile tornare indietro.

È fondamentale che i cittadini siano informati e consapevoli delle implicazioni di questo progetto, affinché possano esercitare il loro diritto di partecipare alle decisioni che riguardano il loro territorio. La trasparenza delle istituzioni e la diffusione delle informazioni sono essenziali per garantire un dibattito pubblico equo e democratico.

Una speranza per il futuro

Il futuro del Vallone delle Cime Bianche è ancora incerto, ma la speranza è che la sua difesa possa diventare il simbolo di un nuovo modello di sviluppo, che metta al centro la conservazione dell’ambiente e il rispetto per la natura. Salvare questo vallone non significa solo proteggere un pezzo di territorio, ma anche affermare un principio fondamentale: che la bellezza della natura non può essere sacrificata in nome del profitto.

Se riusciremo a preservare il Vallone delle Cime Bianche, potremo dimostrare che esiste un’alternativa al turismo di massa, un’alternativa che valorizza la natura e rispetta i suoi ritmi. Questa è la sfida che ci attende, una sfida che dobbiamo affrontare con determinazione e coraggio. Lunga vita al Vallone delle Cime Bianche!

 

 

Felicia Bruscino

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