Il ciclone Freddy devasta l’Africa: centinaia di morti in Malawi

Ciclone Freddy

Il ciclone Freddy devasta l'Africa

Aumentano i devastanti cicloni tropicali che si aggirano tra terra e mare per seminare distruzione: adesso è l’ora di Freddy, si è abbattuto su tutta l’Africa meridionale causando gravi danni alle strutture civili e alla popolazione.

Sono soprattutto gli stati del Malawi e Mozambico a riportare i danni più gravi lasciati dal ciclone Freddy. Il bilancio è di almeno 219 persone decedute, ma è destinato a salire. Le forti piogge che si sono scatenate sui due paesi hanno provocato inondazioni e smottamenti, che secondo Radio Mozambico hanno lasciato senza casa oltre 22.000 persone.

Si stima che il ciclone continuerà a colpire ancora le due nazioni con precipitazioni estreme. Stephane Dujarric, portavoce del Segretario generale delle Nazioni Unite, ha dichiarato ad Ap che <<L’energia elettrica e le comunicazioni sono interrotte in molte aree colpite, ostacolando le operazioni di soccorso>>. Per questo motivo non si conosce ancora l’entità dei danni provocati nella maggior parte delle zone rurali.

Intanto, Amnesty International – organizzazione non governativa internazionale impegnata nella difesa dei diritti umani – ha invitato la comunità mondiale a potenziare gli aiuti e mobilitare i soccorsi. Ma a complicare le cose anche un’epidemia di colera che si sta abbattendo sulle zone

Il ciclone Freddy si è sviluppato intorno all’Australia e aveva già colpito a febbraio il Madagascar e la piccola isola di Rèunion, un piccolo lembo di terra controllato dal governo francese che si trova sull’Oceano Indiano. Con il tempo si è intensificato e rafforzato, registrando più energia persino degli uragani che colpiscono spesso gli USA. E’ il più lungo ciclone tropicale mai registrato. Ha raggiunto la categoria 4 degli uragani, che prevede venti che soffiano a più di 200km/h.

Cicloni tropicali sempre più forti e intensi

La comunità scientifica concorda sul fatto che i cicloni stiano diventando sempre più umidi e soprattutto più frequenti e intensi a causa dei cambiamenti climatici. Negli ultimi 5 anni il continente africano è stato raggiunto da uragani sempre più potenti mai visti prima: a ottobre 2018 il ciclone Luban ha colpito lo Yemen causando 18 vittime; a dicembre 2019 la tempesta Pawan è arrivata in Somalia e ha comportano fortissime piogge lungo la costa nord-orientale del paese, uccidendo sei persone. A novembre 2020 il ciclone Gati – uno dei più estremi – si è abbattuto nuovamente in Somalia provocando 9 morti e 30 dispersi.

La rivista scientifica Advances in Atmospheric Science ha pubblicato una ricerca scientifica secondo la quale già dagli anni 50 la temperatura degli oceani ha subito un preoccupante aumento: ciò ha causato gravi ripercussioni sull’ecosistema marino e sull’atmosfera, riducendo la biodiversità dei mari. La temperatura sempre più cocente degli oceani amplifica gli eventi meteo estremi.

C’è quindi una relazione tra l’aumento della temperatura della superficie del mare e l’incremento della frequenza e della potenza dei cicloni tropicali che ha analizzato anche l’Università di Maynooth, in Irlanda. Il ciclone Freddy è l’ennesimo risultato del surriscaldamento globale. Secondo l’Organizzazione meteorologica mondiale (World Meteorological Organization) negli ultimi cinquant’anni i disastri causati dai fenomeni climatici sono aumentati di cinque volte.

La situazione italiana

Anche il nostro paese non è esente dalla formazione di cicloni tropicali: solamente dall’inizio del 2023, si sono già formati 3 medicane: il primo il 21 gennaio nel mare Adriatico, il secondo a febbraio intorno alla Sicilia e l’ultimo a inizio marzo, in Sardegna orientale. Seppur di minore intensità rispetto al ciclone Freddy, i cicloni sono motivo di preoccupazione, dato che mai nella storia si erano verificati così velocemente.

Gli uragani “Medicane” nascono dalle depressioni mediterranee, che grazie alla superficie calda del mare, si comportano come dei veri e propri cicloni tropicali. Si forma un occhio centrale – il nucleo della tempesta – e una spirale di nuvole minacciose attorno ad esso. I fenomeni che accompagnano l’evento sono estremi. Piogge torrenziali, venti con raffiche elevate e onde del mare che possono arrivare anche a 7 metri di altezza. Rispetto ai classici uragani solitamente durano meno – tra le 24 e le 48 ore – ma il rischio di alluvioni e catastrofi dovute a questi giganti è molto alto.

Antonio Pellegrino

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