Ciclone Amphan: 4 milioni di persone in Bangladesh senza casa

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Il ciclone Amphan si è rivelato essere una delle tempeste più forti dell’area del Golfo del Bengala: i venti, che hanno raggiunto punte di 270 km/h, hanno lasciato più di quattro milioni di persone senza casa, costrette a ripararsi in rifugi di emergenza.

Il governo del Bangladesh era riuscito ad evacuare preventivamente circa due milioni di persone prima che la violentissima tempesta devastasse l’area, già provata dal diffondersi dell’epidemia da COVID-19.

Contagi che prima del ciclone erano oltre i 30.000 casi, a cui sia aggiungevano circa 432 morti.

Secondo Jens Laerke, portavoce per l’Ufficio Affari Umanitari dell’ONU, il Bangladesh è stato dotato di oltre 12.000 rifugi di fortuna, attrezzati seguendo le regole per la prevenzione e il contenimento della pandemia, oltre che dotate di saponi, igienizzanti e mascherine.





Regole di distanziamento che i soccorritori dovranno rispettare, ma che creano sfide non indifferenti: dal numero di persone che possono avere accesso ai rifugi temporanei fino alle modalità di spostamento degli stessi nella regione, impossibilitati a muoversi in grandi numeri sui  mezzi pubblici.

Fortunatamente, gran parte dei campi dei rifugiati Rohingya è stata risparmiata dalla furia devastatrice diretta di Amphan, anche se a Cox’s Bazar, 118 rifugi sono stati distrutti e 1.423 danneggiati, mettendo in condizioni disagiate circa 7000 Rohingya.

Il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, si è detto essere solidale con la popolazione del Bangladesh, che sta attraversando un periodo difficile sia a causa del ciclone sia a causa dei timori per un aumento nel numero di contagi da COVID-19.

Le condizioni igieniche precarie, la massa di persone in movimento e la difficoltà nel mantenere le norme sanitarie preventive di base potrebbero rapidamente far aumentare il numero di positivi al contagio.

“Il Segretario Generale loda il governo, i soccorritori  e le comunità per il lavoro di prevenzione svolto per mettere in sicurezza le persone e soddisfare le loro esigenze immediate subito dopo. L’ONU è pronto a supportare i loro sforzi”.

Chiara Nobis

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