Abbiamo stravolto il ciclo dell’azoto

ciclo azoto

L’azoto nella sua forma gassosa e non reattiva costituisce il 78% dell’atmosfera terrestre, questo azoto gassoso (N2) non è utilizzabile dalla maggior parte degli esseri viventi, al contrario una piccola parte dell’azoto presente sul pianeta si presenta in forme reattive, questo azoto reattivo (Nr) include: ossidi di azoto (N0x), azoto ridotto (NHx), acido nitrico (HNO3) e altre forme organiche e inorganiche, in questa forma l’azoto ha un ruolo importantissimo per la vita di tutti gli essere viventi del pianeta, per ciclo dell’azoto si intende il complesso dei passaggi dell’azoto tra il grande serbatoio gassoso dell’atmosfera, il terreno e gli esseri viventi.
Ieri è stato pubblicato su Science un articolo scientifico firmato dalla dottoressa Carly Stevens dell’Università di Lancaster che denuncia come il ciclo dell’azoto sia stravolto con la conseguenza di avere eccesso di azoto in alcune parti del pianeta e penuria in altre. La Stevens è una biogeochimica che da anni si interessa dell’impatto dei cambiamenti globali sull’ambiente e in particolare aveva già pubblicato dei lavori riguardanti l’azoto (già nel 2004 uno studio sull’effetto della deposizione dell’azoto atmosferico sulla varietà delle piante nel Regno Unito).



Il nuovo lavoro in sostanza afferma che in tutte le aree sviluppate o in via di sviluppo (molte zone dell’Asia) del pianeta abbiamo un eccesso di azoto, le fonti essenzialmente sono l’agricoltura (eccessivo uso di fertilizzanti e rifiuti animali) e l’uso dei combustibili fossili, mentre nelle zone sottosviluppate (Africa) c’è una carenza di azoto dovuta al costo (e quindi poca disponibilità) dei fertilizzanti  e alle condizioni del suolo che fanno sì che anche quando l’azoto venga aggiunto sia meno efficace.
Entrambe le condizioni non sono auspicabili. Tra gli effetti dell’eccesso di azoto: minaccia la biodiversità, aumenta l’emissione di gas serra, ha effetti nocivi sulla salute umana sia come inquinante atmosferico che delle acque, inquinamento delle aree costiere per deposizione di azoto atmosferico, acidificazione del suolo, maggiore formazione di inquinanti come l’ozono nell’atmosfera.
La penuria di azoto invece vuol dire:  poca resa dei raccolti e poca disponibilità di cibo e paradossalmente l’azoto può risultare ancora essere un inquinante perché viene utilizzato male.
Lo studio indica anche le contromisure da adottare: nei paesi sviluppati dove c’è l’eccesso: utilizzare in maniera più mirata i fertilizzanti in modo da poterne usare meno, il trattamento dei residui animali, aggiustamenti nella dieta umana riducendo i cibi che hanno un’alta impronta di azoto come la canne di porco, utilizzare meno i combustibili fossili, filtrare l’azoto reattivo dalle emissioni degli scarichi industriali. Nei paesi sottosviluppati invece: aumentare la disponibilità dei fertilizzanti, educare i contadini sul corretto ed efficace uso dei fertilizzanti, educare i contadini anche sulla manutenzione del suolo.

Roberto Todini

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