Nuova comprensione del ciclo del mercurio: buone notizie per i mari

emissioni di mercurio

Da quando è iniziata l’era industriale le attività umane hanno immesso (e continuano a farlo) nell’atmosfera enormi quantità di mercurio. Le due principali fonti di inquinamento da mercurio sono l’attività mineraria e le centrali che bruciano carbone per produrre energia elettrica.
Per ciclo del mercurio si intende capire tutte le interazioni di questo mercurio rilasciato in forma gassosa e in particolare quanto ne arriva nel mare, quanto di esso arriva sotto forma di piogge e quanto direttamente tramite scambi gassosi e quanto viene invece assorbito dalle piante e sequestrato in forma abbastanza stabile nel suolo.
Nel caso del mercurio quello che preoccupa non è quello che va nel terreno dove è abbastanza innocuo, ma quello che finisce negli oceani, qui infatti si trasforma in metilmercurio un composto estremamente tossico per il sistema nervoso che si accumula nei pesci che poi finiscono nell’alimentazione umana.
Il  consumo di pesce inquinato da metilmercurio può provocare problemi nello sviluppo cerebrale dei bambini e problemi cardiovascolari negli adulti.
Dall’università di Basilea è giunta notizia di una ricerca pubblicata su Nature che porta notizie buone, se sapremo approfittarne.




Gli scienziati guidati dal biogeochimico Martin Jiskra erano interessati a capire a proposito del ciclo del mercurio quanto di quello che arriva in mare ci arrivi tramite la pioggia e quanto tramite scambi gassosi. La convinzione prevalente era che il maggior contributo venisse dalle piogge, ma saperlo con certezza non era facile perché non ci sono stazioni di rilevazioni dell’acqua piovana galleggianti sugli oceani di tutto il mondo, quindi non era possibile saperlo analizzando le piogge che cadono sugli oceani. Jiskra in collaborazione con colleghi francesi dalle università  Aix-Marsiglia e di Tolosa e del CNRS ha utilizzato invece un nuovo metodo che analizzando campioni di acqua superficiale degli oceani permette di distinguere le diverse “impronte digitali” del mercurio che vi è arrivato tramite pioggia e di quello che vi è arrivato per scambio gassoso. Per chi fosse interessato il metodo conosciuto proprio come fingerprinting si basa sul misurare l’occorrenza di certi isotopi.  Il risultato è stato che l’apporto delle piogge era sopravvalutato e che in realtà sarebbe al 50%.
Sì ma dov’è la bella notizia? Da dovunque arrivi il mercurio è sempre mercurio! Vero ma se arriva in misura minore dalle piogge vuol dire che le misure di riduzione delle emissioni a cui molti paesi si sono impegnati con la Convenzione di Minamata del 2013 agiranno più in fretta facendo diminuire il livello di mercurio negli oceani molto più velocemente.

Roberto Todini

Exit mobile version