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Cosa spinge a decorare piatti, a presentare antipasti simili a dipinti, con schizzi di colore di varie salsine o verdure? Cosa c’è nel cuore di chi cucina? Dietro ad un piatto c’è più del semplice desiderio di servire un familiare o un cliente, c’è l’amore per la propria famiglia, la passione per il proprio lavoro.
Preparare un piatto per una persona è una maniera per venerarlo, trasmettendogli delle emozioni che sempre lo riporteranno a quel momento di puro calore e affetto.
Una delle scene più significative del cartone animato Ratatouille e’ quella in cui il grande critico Anton Ego a sua insaputa assaggia un piatto cucinato dal topolino Remy. Anton porta la Ratatouille alla bocca e nel momento in cui inizia ad assaporare il cibo si ritrova catapultato all’ingresso della sua casa d’infanzia, all’istante in cui la madre lo aspetta e gli presenta il pranzo, coccolandolo. La ratatouille è squisita ma per Anton Ego è un cibo unico perché lo riporta alla madre che si cura di lui premurosamente. Ecco che questo passaggio incarna il messaggio che il cibo veicola fin dall’infanzia, cioe’ un messaggio di amore della madre verso il figlio, ovvero, cosa la madre ha lasciato ad Anton per mezzo del cibo.
Sigmund Freud scriveva che il rapporto che stabilisce l’uomo con il cibo non e’ solo fondato sul bisogno di sfamarsi ma sulla necessita’ di farsi nutrire dal desiderio di chi dona il cibo. Il bisogno di soddisfare la fame chiede il seno per il latte mentre l’animo umano chiede il seno come segno di amore e appartenenza. Il neonato scopre che l’avvicinarsi al seno non significa solo saziarsi, si accorge che cio’ che lo nutre e che andra’ cercando e’ qualcosa che riguarda l’affettivita’ con la madre. Cerca qualcosa che abita la madre.
“ La parola sfamare e’ composta da sf- amare”. Il cibo parla d’amore.
Il neonato riconosce nell’allattamento, il sentimento che gli indirizza la madre.
Un altro aspetto, che va a sottolineare il film della Disney, è che la cucina è per tutti e che sia proprio un topo a dar vita ad un capolavoro culinario allude al fatto che ognuno di noi davanti ai fornelli è libero, senza un etichetta sociale, senza che si dia peso al ruolo che rivestiamo nella società. La ratatouille poi è un piatto molto semplice, costituito di ingredienti poveri che però danno vita ad una delle pietanze più amate dagli aristocratici parigini, volendo così riferirsi all’ingegno del cuoco, che non ha necessariamente bisogno di utilizzare ingredienti molto costosi per esprimere se stesso.
Allontanare i pregiudizi è la regola per concedere spazio allo stupore. Quante volte la consapevolezza che la cucina italiana sia la migliore al mondo preclude esperienze culinarie significative? Bisogna offrire la possibilità a chi si mette al servizio del nostro palato di potersi esprimere con le sue ricette, e poi se necessario possono anche subire qualche modifica o dare nuovi spunti per la preparazione di piatti della nostra tradizione. Qualche aggiustamento non guasta mai per seguire le nuove tendenze gustative. Se lo sguattero Linguini non avesse dato fiducia al topo, il piccolo Remy non si sarebbe mai potuto esprimere in cucina né modificare ricette che necessitavano di piccoli aggiustamenti per presentarsi perfette.
Il film Ratatouille insegna a guardare oltre le apparenze, a fidarsi di chi è diverso da noi ma che magari avrebbe molto da offrirci.