“Ci vediamo domani”. Così semplice, così spontaneo, così ovvio. Così ovvio, sì. Perché è ovvio che ci si rivedrà domani. Potrà essere diversamente? Certo che no.
“Ci vediamo domani”. Ed ecco che, come hanno detto altri prima di me, la voglia e quella certezza inconscia ed irreale di immortalità si fa spazio. E si fa tempo. Un tempo che non conosce fine, o che comunque, ad ogni modo, domani ci permetterà di rincontrarci.
Domani. Esiste più bella parola? Oltre che contenere il possibile non ancora avvenuto, oltre che custodire un futuro oggi che presto sarà un ieri, il domani è tutto ciò che è mancato fino ad ora, tutto ciò che si è atteso. Quante speranze caricate, ficcate in un domani e quante volte ci siamo sorpresi, sorprese, a rifugiarci in un tempo che, per quanto prossimo, non è ovvio che sarà.
Perché il domani è mistero e per il sol fatto di non essere stato ancora vissuto, incuriosisce ed intriga. Il domani è promessa, quella che gli abbiamo strappato dopo i giorni, dopo tutti gli ieri che ci hanno deluso: è la promessa che il domani non lo farà. Il domani è la speranza che gonfiore e rossore di occhi che hanno pianto, cedano il posto ad una luce nuova. Il domani è la prova che credere nella realizzazione di un sogno, non è stato vano. Il domani è possibilità: di risposte, di sollievo o di chiarezza di cui i giorni passati ci hanno privato. Il domani è quel dopo che contiene la soluzione o almeno la lucidità per cercarla. Il domani è quella ovvietà temporale a cui ci si aggrappa senza rendersi conto che la stretta non dipende da noi. O almeno, non dipende esclusivamente da noi.
Tutto in una parola. Tutto quello che è accaduto fino ad oggi, altro non ha fatto che portare verso il domani. Forse per prepararci a viverlo, ad affrontarlo al meglio.
“Ci vediamo domani”, ed anche il silenzio che segue il rumore di una porta che si chiude o di una cornetta che si mette giù, appare più sopportabile. Anche il calore di una stretta in cui sono annegate le lacrime e tutte le parole non pronunciate, risulta meno doloroso. Anche quest’incontro tanto atteso e tanto richiesto, svela i suoi perché, il suo senso: perché domani, se ci fossimo rivisti, sarebbe stato comunque diverso. Noi lo saremmo stati. E quello che oggi è sembrato importante, essenziale, domani sarebbe potuto non apparire tale. Per questo è un bene averlo fatto e averlo detto oggi. In quest’oggi che è già qui, e per questo deve essere colto e vissuto come se fosse già il domani, quel domani così tanto celebrato.
“Ci vediamo domani”. Perché non può essere altrimenti. Perché domani saremo di nuovo qui, ovvio. E continueremo a scrivere la nostra storia, la nostra canzone, la nostra poesia, che traggono ispirazione da un tramonto dietro al quale l’Eternità sta dando alla luce il Domani. E si avrà fiato, si avrà forza, si avrà vita. E si avrà tempo. Si avrà, semplicemente, quel domani che non avevamo neanche consultato prima di organizzarlo, prima di stringerlo come se fosse già realtà. Invece non lo era. Nessun domani lo è fin quando non diventa un oggi.
“Ci vediamo domani”, quindi. Non perché è ovvio ma perché, semplicemente, è la cosa che si desidera di più.
Deborah Biasco