In un mondo fatto di immagini il proprio corpo si è trasformato sempre più in un capitale estetico. E questo è ormai un effetto del capitalismo col quale conviviamo consapevoli. Ma c’è a chi non basta un ritocco al naso, al labbro, al seno ecc. Per incanalarsi meglio nelle dinamiche lavorative di un paese, c’è chi ha pensa bene di farsi occidentalizzare i connotati. Il fenomeno della chirurgia plastica etnica è ormai in espansione. Vediamo chi ricorre a questi tipi di interventi e perché.
Tutti pazzi per la “libertà” occidentale
A ricorrere alla chirurgia plastica etnica sono anche persone provenienti dal mondo musulmano, come l’Iran. I dati ufficiali dicono che fino a 40.000 interventi di chirurgia estetica si svolgono in Iran ogni anno. Più del 60% dei quali sono lavori al naso, ha affaermato Amirizad, un membro dell’Associazione iraniana dei chirurghi cosmetici e plastici. Molte donne costrette al velo, nonostante il burqa, usano la chirurgia plastica per occidentalizzare i propri tratti somatici. Dalla Cina agli USA, il fenomeno della chirurgia plastica etnica è in espansione. In molti, dalle classi medie asiatiche agli immigrati in Europa, ricorrono ad interventi chirurgici sul proprio corpo. Secondo La Società di medicina estetica italiana, nel nostro Paese sono per la maggior parte persone di seconda e terza generazione. Gli interventi più comuni avvengono sul viso e sono davvero tante le donne asiatiche che scelgono di ricorrere a questo tipo di chirurgia estetica.
La chirurgia plastica etnica come strumento per farsi accettare
Si vuole aderire a una società che fa del corpo uno strumento per affermare la propria “libertà” individuale. Si cerca la bellezza materiale e, quella più a “portata di mano”, la si può ricavare dal proprio corpo. Per molte persone l’adattamento a una realtà socioculturale diversa passa per la trasformazione del proprio corpo. Pratiche come la chirurgia plastica etnica hanno un impatto psicologico molto forte: non si dice più addio a una imperfezione o a una parte del corpo con cui non si è mai fatto pace, ma quello che si abbandona è una società a cui si decide di non voler più appartenere, almeno nell’apparenza. Si cerca di “naturalizzare” la propria provenienza biologica e culturale alle forme di una specifica area geografica del mondo.
Alfonso Gabino