Il pubblico Italiota, si sa, è per antonomasia un pubblico poco esigente. Nel corso degli anni è stato abituato a livelli sempre maggiori di iniquità e di contenuti scarsi e di basso livello. A dire il vero, di tanto in tanto, c’è qui e là un timido tentativo di reazione, e si vedono sprazzi di buona televisione, perlopiù ormai è assuefatto ai vari format che arrivano da oltreoceano. E così pullulano programmi che, definire demenziali è solo un eufemismo.
Così capita che, ogni sera in qualche “salottino”, tra plastici, ricostruzioni, intercettazioni, filmati e collegamenti, si diano battaglia, da una parte: Politici, politicanti dell’ultima ora, avvocati, esperti e tuttologi, soubrette, azzeccagarbugli, personaggi sinistri di dubbia provenienza, non proprio di origine controllata, nomi più o meno noti ripescati dalla “ Prima Repubblica”, e altri ripescati semplicemente “dall’ isola dei famosi”. E dall’altra parte… pure.
Nonostante ciò, mai lo spettatore medio italiano, si sarebbe mai aspettato che qualcosa potesse ferire, oltre i bulbi oculari, anche i propri sentimenti.
Incredibilmente, è accaduto l’altro ieri, quando, in prima serata, la rete ammiraglia della Rai , ha permesso che il Vespone nazionale facesse accomodare con la massima nonchalance, niente poco di meno che Salvatore Riina, figlio del boss di “Cosa Nostra” Totò Riina.
Tutti noi conosciamo chi è, tutti sappiamo di cosa è stato capace. Non credo che gli italiani, che pure sono persone con vuoti di memoria assurdi, abbiano già dimenticato quello che il Riina ha fatto, la scia di sangue che si è lasciato dietro è cospicua, da Via D’Amelio, all’assassinio di Falcone, alla trattativa Stato-Mafia, per citare solo qualcosa.
Qualcuno un giorno ha detto”nessuno può scegliersi il padre”, se questo è vero, lo è anche che Salvatore Riina ha dichiarato pubblicamente: “Trovo ingiusta la carcerazione di mio padre”. Come se Totò, soprannominato la belva, per la efferatezza del suo modus operandi, stia subendo un torto.
“Le colpe dei padri NON ricadano sui figli” qualcuno potrebbe dire, peccato che il figlio di Totò Riina sia egli stesso un mafioso. Condannato per cinque omicidi, stava progettando una strage stile “vecchi tempi” per punire l’allora ministro della giustizia Angelino Alfano per l’inasprimento del regime carcerario del 41bis. Ha scontato quasi nove anni di pena, per essere successivamente scarcerato, per decorrenza dei termini. Insomma, non proprio uno stinco di santo, e nemmeno pentito delle proprie azioni, né tanto meno per quelle del padre, anzi, lo esalta e tenta di riabilitarne la figura, presentandolo nel libro appena uscito, come un genitore amorevole. E che lo faccia lui che è il figlio, ci potrebbe anche stare, ma che il servizio pubblico che a detta della stragrande maggioranza degli italiani, obblighi i cittadini a pagare in bolletta Enel una tassa odiosa, per poi offrire un servizio ai mafiosi, no. È inaccettabile, e bene hanno fatto tutti coloro che si sono indignati e dissociati dalla scelta di mandare in onda quella puntata.
Mentre la Rai era alle prese a pubblicizzare il libro del mafioso, sulla televisione a “pagamento” della piattaforma Sky, andava in onda Italia’s got talent“; ” un altro format, un programma leggero. Ad un certo punto della serata, dopo l’esibizione di cantanti, ballerini e improbabili maghi, entra lei, Chiara. Ha 16 anni ed è di Bacoli in provincia di Napoli. È timida Chiara, ed è molto tesa, lo si evince da come si muove, dal tamburellare nervosamente con le mani. Sembra rigida. Poi si scioglie, ha cento secondi per farsi dire si, inizia e recita:
Stamattina Peppino avrebbe dovuto tenere il comizio conclusivo della sua campagna elettorale.
Non ci sarà nessun comizio e non ci saranno più altre trasmissioni. Peppino non c’è più, è morto, si è suicidato. No, non sorprendetevi perché le cose sono andate veramente così. Lo dicono i carabinieri, il magistrato lo dice. Dice che hanno trovato un biglietto: “voglio abbandonare la politica e la vita”.
Ecco questa sarebbe la prova del suicidio, la dimostrazione. E lui per abbandonare la politica e la vita che cosa fa: se ne va alla ferrovia, comincia a sbattersi la testa contro un sasso, comincia a sporcare di sangue tutto intorno, poi si fascia il corpo con il tritolo e salta in aria sui binari. Suicidio.
Come l’anarchico Pinelli che vola dalle finestre della questura di Milano oppure come l’editore Feltrinelli che salta in aria sui tralicci dell’Enel. Tutti suicidi. Questo leggerete domani sui giornali, questo vedrete alla televisione. Anzi non leggerete proprio niente, perché domani stampa e televisione si occuperanno di un caso molto importante. Il ritrovamento a Roma dell’onorevole Aldo Moro, ammazzato come un cane dalle brigate rosse. E questa è una notizia che naturalmente fa impallidire tutto il resto. Per cui chi se ne frega del piccolo siciliano di provincia, ma chi se ne fotte di questo Peppino Impastato. Adesso fate una cosa: spegnetela questa radio, voltatevi pure dall’altra parte, tanto si sa come vanno a finire queste cose, si sa che niente può cambiare. Voi avete dalla vostra la forza del buonsenso, quella che non aveva Peppino.
Domani ci saranno i funerali. Voi non andateci, lasciamolo solo. E diciamolo una volta per tutte che noi siciliani la mafia la vogliamo. Ma non perché ci fa paura, perché ci dà sicurezza, perché ci identifica, perché ci piace. Noi siamo la mafia. E tu Peppino non sei stato altro che un povero illuso, tu sei stato un ingenuo, sei stato un nuddu miscato cu niente.
Ha recitato con grande intensità Chiara, e alla fine si è anche commossa. Standing ovation per lei, tutti in piedi ad applaudire tra emozione ed incredulità, si, perché non te l’aspetti da una ragazzina di 16. Ti aspetti una canzone o magari un balletto, ma il monologo dal film di Marco Tullio Giordana ” i cento passi“, proprio no. E pensare che quelle parole sono le originali parole che da Radio Aut pronunciò Salvo Vitale, quando apprese della morte di Peppino Impastato, ucciso dalla mafia, fa venire i brividi, e recitate in quel contesto sono come un fiore che nasce nel deserto. Ed ironia della sorte, suonano come una speranza che le nuove generazioni, non dimentichino e combattano con fermezza e decisione la mafia e tutte le organizzazioni criminali che attanagliano e tolgono futuro. Ci voleva una ragazzina di 16 anni tenace e coraggiosa, per ribadire quello che non ha fatto Vespa, e cioè che “la mafia è una montagna di merda” (Peppino Impastato )