Vengono definiti maoisti indiani o Naxaliti, dal nome del villaggio Naxalbari, nel Bengala occidentale. Sono i combattenti indiani radunati sotto il braccio militare del partito comunista maoista, che da oltre quarant’anni si macchia di orribili crimini. Essi formano un corpo militarmente preparato e in grado di dare filo da torcere al governo indiano e alle sue forze di polizia.
Le stragi sono state molteplici e solo nel 2009, sono stati segnalati oltre un migliaio di attacchi terroristici contro lo Stato indiano. I maoisti terrorizzano ormai da tempo la polizia e l’esercito, le cui truppe dopo il tramonto si rinchiudono al sicuro nelle loro caserme. I più giovani tra loro trascorrono le notti con il fucile puntato verso la foresta e il dito pronto a fare fuoco sul grilletto.
Maoisti indiani: braccio armato comunista
Quando pensavamo che il termine “comunismo” fosse ormai obsoleto, ecco che ritorna nelle nostre coscienze. Il movimento maoista nasce come movimento politico comunista in India, nel lontano 1920. Esso si presentava come una lotta anticoloniale quando il paese era sotto dominio britannico. Nel 1947, l’India riuscì a ottenere l’indipendenza. I semi del primo movimento marxista radicale germogliarono nello stato meridionale di Andhra Pradesh.
Nel 1967, si avviò la prima rivolta armata–sedata dopo 72 giorni–nel villaggio di Naxalbari. Essa iniziò da un contadino che fu interrotto dalla coltivazione della sua terra. La contestazione arrivò fino all’anno 1972, quando si concretizzò in un movimento politico estremista di sinistra, chiamato Naxalismo. Per i prossimi due decenni, il governo riuscì a controllare e localizzare la rivolta. Quando il governo iniziò a concedere licenze minerarie a società private e multinazionali, i maoisti incentivarono la popolazione a ribellarsi.
Principali gruppi armati e i loro obbiettivi
Il gruppo di guerra popolare (PWG) è stato istituito nel 1976 ed era attivo in Andhra Pradesh. Il centro comunista maoista (MCC), invece, ha tenuto riunioni nello Stato orientale di Bihar. Il partito comunista dell’India marxista-leninista è stato costituito nel 1992 e ha sede in tre stati: Andhra Pradesh, Chaattisgarh e Maharashtra.
Nel 2004, inizia la fase di ribellione maoista, che vede riunificarsi i partiti PWG e l’MCC per formare il partito comunista indiano (maoista). Le loro strategie militari si basano sul leader rivoluzionario cinese Mao Zedong.
Gli obbiettivi dei maoisti indiani sono tutti riconducibili ai principi del comunismo marxista-leninista. Essi sono legati alla realizzazione di una “Nuova Rivoluzione Democratica”, grazie al rovesciamento dell’imperialismo e del capitalismo burocratico. Come fine ultimo, la realizzazione del comunismo attraverso l’utilizzo della guerra popolare.
Oltre all’obbiettivo insurrezionale e guerrigliero, il movimento maoista si propone di rimettere nelle mani delle popolazioni tribali indiane il potere politico. Infatti, le parti centro-orientali dell’India ospitano circa 84 milioni di indigeni, costretti a sopportare i soprusi delle classi dominanti e delle multinazionali. Quest’ultime hanno interessi economici per quelle aree, essendo esse ricche di risorse minerarie.Sfruttamento sconsiderato, disboscamenti e agricoltura intensiva hanno messo a dura prova foreste intere, che per secoli hanno fornito il necessario per la sopravvivenza a queste popolazioni.
Lo Stato si è rivelato incapace di impedire quest’ingiustizia sociale. I maoisti indiani si sono posti come garanti per le popolazioni tribali, in modo da permettere loro il controllo sulle foreste e sui terreni.
Il corridoio rosso
Gli stati controllati dal movimento maoista sono identificati in quella zona soprannominata “Corridoio Rosso“. Esso comprende principalmente Chhattisgarh, Odisha, Jharkhand, Bihar e Andhra Pradesh, in cui da poco tempo a questa parte, il possesso di questi territori da parte dei maoisti sembra si stia affievolendo.
Il governo indiano, in risposta alle numerose violenze presenti in questo territorio, ha inaugurato una nuova politica di pace: “Operation Green Hunt“. Essa e’ un’operazione ritenuta fondamentale dal governo per combattere il terrorismo. Le forze di polizia sono state accusate di commettere abusi di potere e omicidi extra-giudiziali. I maoisti sono arrivati perfino a uccidere abitanti del villaggio perché ritenuti spie del governo.
Le Nazioni Unite non intervengono più di tanto perché lo stato indiano non si dichiara sotto “conflitto armato interno”. Nonostante in passato abbia attirato la popolazione con la sua ideologia, il movimento maoista dopo il 2009–anno più sanguinoso per il conflitto–è stato isolato dall’opinione pubblica. Tuttavia, ci sono intellettuali di sinistra, come la scrittrice pacifista Arundhati Roy, che sarebbero disposti a fare da intermediari per i negoziati di pace tra i maoisti e il governo.
Tamara Ciocchetti