Di Andrea Umbrello
Considerata la naturale succeditrice di Angela Merkel, Annegret Kramp-Karrenbauer ha invece riaperto la gara per la guida della Germania, lasciando spazio a scenari particolarmente difficili da presagire. Il marasma ha avuto inizio durante la giornata di lunedì, quando, appunto, la leader dei conservatori Annegret Kramp-Karrenbaue ha dichiarato di voler lasciare la guida del partito dopo solo quattordici mesi dalla sua nomina.
Conseguentemente la Kramp-Karrenbaue non parteciperà alla competizione che decreterà la nuova guida del Paese, e ha contribuito ad aggiungere incertezza nella sfera politica di una delle più grandi democrazie europee. Non è di certo un caso se l’annuncio è seguito al pasticcio elettorale in Turingia, dove la Cdu si era alleata con l’estrema destra di Afd per far eleggere il governatore liberale Thomas Kemmerich, provocando una protesta nazionale durata diversi giorni, con manifestanti che si sono radunati spontaneamente nelle principali città del paese, intonando slogan antifascisti. Non ha certamente giovato il fatto che la Turingia sia proprio il luogo dove, nei giorni della dipartita della Repubblica di Weimar, più di 90 anni fa, i nazisti iniziarono quell’ascesa che li avrebbe portati a conquistare conquistarono il potere nazionale. La situazione nella Germania centro-orientale era così critica che la Merkel ha deciso di intervenire da lontano durante una visita in Sudafrica, dichiarando cupamente “È stata una brutta giornata per la democrazia”. Va sottolineato che la decisione di sostenere l’estrema destra si è concretizzata contro un preciso ordine della Kramp-Karrenbauer che, come leader della Cdu, aveva dato chiare istruzioni circa il non collaborare a qualsiasi livello con l’ Afd.
Nell’attuale clima politico, la crisi in Turingia ha dato alle dimissioni della Kramp-Karrenbauer particolare importanza simbolica. La leader ha sempre categoricamente rifiutato di lavorare con l’ Afd, verso il quale lo scorso giugno aveva espresso dure parole di accusa per aver creato un clima pericoloso, spingendo un estremista a sparare e uccidere Walter Lübcke , un funzionario del governo regionale, vittima del primo omicidio politico di estrema destra in Germania dopo la seconda Guerra Mondiale. Ma il subbuglio di questi giorni ha evidenziato fino a che punto la sua autorità fosse già irrimediabilmente erosa.
La Kramp-Karrenbauer, che è anche ministro della difesa, è stata scelta come leader del partito conservatore della signora Merkel nel dicembre 2018 e ci si aspettava che le succedesse come cancelliera perché i due ruoli tradizionalmente vanno di pari passo in Germania. Invece, da quando è diventata la leader del partito ha perso costantemente supporto nei sondaggi.
Rimarrà in carica fino all’estate, ma la ricerca di una figura che possa farsi carico di questo ruolo, e successivamente di quello della Merkel, sono già iniziate. Diversi potenziali aspiranti attendono dietro le quinte, in particolare Friedrich Merz che, nel 2018, si è visto soffiare il ruolo di leader dei conservatori proprio dalla Kramp-Karrenbauer, ed è un personaggio decisamente popolare nell’ala dell’Unione Cristiano-Democratica di Germania. Merz ha recentemente dichiarato che avrebbe lasciato il suo lavoro in finanza per tornare a dedicarsi alla politica a tempo pieno.
Un altro possibile contendente viene dallo stato più popoloso della Germania. È Armin Laschet, il leader centrista della Renania settentrionale-Vestfalia. Ex ministro dell’integrazione, oltre ad essere un convinto sostenitore della politica sui rifugiati della cancelliera Merkel, si trova in linea con la stessa su molti altri punti, e per questo motivo, Laschet potrebbe essere considerato il candidato della continuità. Non ha mai realmente gareggiato per prendere le redini del partito, ma ha più volte dichiarato che sarebbe disponibile a farlo.
Una cosa è certa. All’interno di equilibri così delicati, la cosa che andrebbe maggiormente scongiurata sembra essere quella più probabile: il tabù di non collaborare con l’Afd, sebbene sacro, rischia di sgretolarsi in un panorama politico sempre più frammentato