Non sembra voler accennare a smorzarsi la violenta aggressione russa in Ucraina. L’ultima, affatto rassicurante, notizia è quella fornita da immagini satellitari che parlano da sole. È stato infatti localizzato un convoglio di mezzi militari russi lungo 64 chilometri diretto verso Kiev. Sfilano centinaia tra carrarmati, mezzi di artiglieria rimorchiata, corazzati e logistici. La fila si estende dall’aeroporto di Hostomel, a nord-ovest di Kiev, al villaggio di Prybirsk, che si trova tra Kiev e Chernobyl.
Chernobyl, area dei negoziati altamente sensibile
L’attenzione dei media sull’Ucraina è altissima in queste tragiche ore, e anche la città di Chernobyl è al centro di molte preoccupazioni. Non senza motivo. Proprio ieri la zona è stata teatro dei negoziati, i quali non hanno ottenuto il risultato sperato. A questi, secondo il presidente ucraino Zelensky, dovrebbe seguire un altro round di trattative. In realtà, questa città era già tristemente famosa per motivi che chiunque conosce. Il nome di Chernobyl evoca immediatamente il gravissimo incidente nucleare avvenuto il 26 aprile del 1986. Il disastro avvenne a seguito del fallimento di un test di sicurezza del reattore numero 4 della centrale nucleare Lenin. Dopo il terribile incidente, l’intera area circostante la centrale nucleare è stata sgomberata ed è rimasta disabitata da anni a causa dell’alta pericolosità delle radiazioni.
Perché Chernobyl è così importante oggi?
Come detto, questa città dalla storia sfortunata risulta, nell’assurdo conflitto in corso, strategicamente interessante per via della sua ubicazione. La città fornisce infatti alla Russia un comodo accesso di attacco su Kiev, passando per l’alleata Bielorussia. Tuttavia, in un mondo ideale, dove guerre ed equilibri geopolitici avessero un ruolo marginale, ci concentreremmo sull’importanza di questa città quale luogo della memoria. In tempi di pandemia, un ragionamento sulla comune tragedia e sulla gestione dell’emergenza dovrebbe risvegliare più che mai le coscienze. A Chernobyl i primi soccorritori si sono immolati per salvare i primi feriti e per intervenire sul reattore danneggiato e contenere la contaminazione. Si tratta di circostanze ovviamente diverse ma, come con il coronavirus, persone coraggiose hanno messo a rischio la propria salute per gli altri. L’umanità non ha evidentemente fatto tesoro di questo dramma sociale.
Come si viveva a Chernobyl prima dell’attacco russo?
Prima dell’attacco all’Ucraina, la cosiddetta zona di alienazione, l’area interdetta a causa delle radiazioni, non era affatto deserta. A Chernobyl vivevano circa 2mila persone. Per lo più si tratta di addetti ai lavori, come gli operai governativi impegnati nella rimozione delle scorie nucleari. Anche alcuni anziani hanno scelto di tornare alle loro case, incuranti del pericolo. Ma vi abitavano anche guardiani e agenti di polizia incaricati di vigilare sul sarcofago che avvolge il reattore esploso, evitando intrusioni di estranei. La centrale e i suoi dintorni, con i suoi edifici in rovina, sono infatti meta di un turismo in cerca di emozioni inusuali. L’interesse è sicuramente stato alimentato dalle ricostruzioni televisive del disastro, come il film prodotto da Netflix Chernobyl 1986.
Guerra in Ucraina: quali rischi per la centrale nucleare?
Il passaggio dei mezzi militari russi ha creato un disturbo della superficie del terreno contaminato nelle aree intorno all’impianto, riportando in aria i radionuclidi. Tuttavia, i veri problemi potrebbero nascere se degli ordigni colpissero l’impianto attualmente protetto sotto il New Safe Confinement. Questo grande hangar, faticosamente posizionato nel 2016, protegge il vecchio sarcofago, costruito in fretta per chiudere l’impianto disastrato contenerne le fughe radioattive. Nel sarcofago sono ancora presenti le quasi duecento tonnellate di lava radioattiva.
Chernobyl, non solo memoria: la città è un laboratorio
Un altro aspetto rende Chernobyl un luogo importante. La città offre alla scienza e alla medicina materiale utilissimo alla ricerca. Studi qui condotti hanno individuato elementi importanti sulla trasmissibilità di difetti genetici e per la ricerca sui tumori alla tiroide. Ma non è tutto, amanti della scienza. Vegetali e animali hanno fatto di Chernobyl e della zona circostante la loro nuova casa. E lo scenario è doppiamente insolito. La fauna domestica, improvvisamente priva di padroni, ha infatti sviluppato istinti ancestrali. Le mucche, ad esempio, ormai diventate animali selvatici, hanno sviluppato abitudini di branco simili a quelle degli uri, i loro antenati preistorici. Gli studi hanno messo a fuoco così le straordinarie capacità di ripresa della natura. Pazientemente, questa sta cercando di porre rimedio ai danni causati dall’uomo. Quale enorme lezione potremmo prendere sulla limitatezza del nostro ruolo su questo pianeta, e nell’universo. Eppure siamo qui a parlare di guerra.
Irene Tartaglia