Chernobyl ieri e oggi, a trent’anni dalla catastrofe nucleare, attraverso gli scatti di Igor Kostin e di un reportage della rivista “Current Biology”
Era il 26 Aprile del 1986, l’Ucraina faceva ancora parte dell’Unione Sovietica e nella centrale nucleare di V.I. Lenin, vicina alla cittadina di Pripyat, e a quella di Chernobyl, all’1.23 del mattino ci si preparava per un test di sicurezza.
L’obiettivo era quello di verificare se la turbina accoppiata all’alternatore, potesse continuare a produrre energia anche dopo che il sistema di raffreddamento non avesse prodotto più vapore. Per fare questo, furono disattivati alcuni circuiti di emergenza e violata qualunque norma di sicurezza.
Le esplosioni che ne derivarono non erano di natura nucleare come quelle di una bomba atomica, ma avevano natura chimica: il riscaldamento del nocciolo causò la perdita di controllo sulla fusione e un aumento impressionante della pressione del vapore dell’impianto di raffreddamento causò forti esplosioni. Le nubi radioattive si estesero su tutta l’Europa orientale e occidentale, fino a raggiungere l’America del nord.
Più di 330.000 persone furono evacuate e le città di Pripyat e Chernobyl persero per sempre la loro vita.
A raccontare i drammatici istanti immediatamente successivi al disastro, un coraggioso reporter: Igor Kostin, sfortunatamente coinvolto nell’incidente. Il suo libro fotografico “Chernobyl: confessioni di un reporter” contiene gli impressionanti scatti del dopo -esplosione.
La città di Pripyat era stata costruita negli anni ’70 per ospitare i lavoratori della centrale nucleare: i residui tossici ancora oggi presenti nell’aria e nel suolo della cittadina, impediscono che torni ad essere abitabile almeno per i prossimi 24000 anni.
Piante enormi, pesci di dimensioni quadruplicate rispetto al normale, bambini nati con malformazioni genetiche, centinaia di persone morte a causa di tumori tiroidei furono gli effetti del disastro nucleare.
Oggi, la città è emblema di cosa successe il 26 aprile del 1986 e rimane un luogo fantasma, dove le piante crescono tra gli edifici e i parchi giochi,
Nessun bambino ride più agli auto-scontro, nessun contadino raccoglie più alcun prodotto della terra.
La rivista “Current Biology” ha condotto uno studio sulle possibilità del ripopolamento della zona, riscontrando, per ora, solo la presenza di animali selvatici, lupi e cinghiali. Le ricerche sono state effettuate attraverso riprese aeree e un censimento su lungo periodo delle specie che popolano l’aerea. Ciò però non significa che la zona sia un ambiente ottimale per la fauna selvatica, ma semplicemente che gli animali si siano spostati in quest’area poiché priva di insediamenti umani.
Ci vorranno anni prima che gli effetti di una catastrofe tutta umana vengano smaltiti. Per ora, solo qualche lupo coraggioso si avventura sul suolo di quella che fu un’orribile catastrofe.