Chéri: storia di un amore impossibile

Per Stephen Frears il film Chéri (2009) è un ritorno nel territorio delle relazioni pericolose: la trasferta è di nuovo in Francia in compagnia di Michelle Pfeiffer e Christopher Hampton ma stavolta si punta alla Belle Époque, aiutati dal romanzo omonimo di Colette (1873-1954).

I colori cupi e i toni tetri della riproposizione filmica delle Relazioni di Choderlos de Laclos (1741-1803) sono assai lontani dalle atmosfere terse di questo film del 2009: Frears racconta una storia d’amore impossibile affidandosi alla fotografia di Darius Khondji, perfetta nel rievocare i colori del Monet di Giverny, puntando su un verde brillante esaltato dagli spazi esterni o una luce soffusa, fresca, primaverile.

1900: Léa de Lonval (Pfeiffer), bellissima cortigiana, è chiamata in aiuto da una vecchia collega, Madame Peloux (Kathy Bates), che le chiede di portare sulla retta via il debosciato figlio Fred (Chéri, interpretato da Rupert Friend).

Tra i due c’è uno stacco d’età non indifferente ma la passione nasce comunque e dura per ben sei anni. Quando M.me Peloux organizza un matrimonio vantaggioso per Chéri con Edmee (Felicity Jones) la figlia inesperta di un’altra ex-cortigiana, i due sono costretti a chiudere il rapporto. 

Entrambi soffrono ma il loro mondo non permette che il sentimento sia vissuto alla luce del sole. Una volta lontani, comprendono il baratro d’esperienze che li divide.





Frears è un regista perfetto per il mondo borghese: in un’ambientazione elegantissima, riesce a rendere con mano sciolta le ipocrisie di una classe intera in sintonia con lo spirito di Colette.

La tragedia della passione che sta al cuore del film è narrata con pudore e discrezione, con un gusto diametralmente opposto alle pacchianerie di un dolore sguaiato, urlato. La superficie che nasconde la desolazione dei due protagonisti è quella della commedia dei disprezzi, del mondo galante, dove l’odio si può esprimere al massimo in schermaglie e frecciate.

Le musiche di Alexandre Desplat aiutano il regista quanto le scenografie di Alan MacDonald ma sono gli interpreti a cui vanno gli elogi maggiori: il trio protagonista Pfeiffer-Bates-Friend coesiste perfettamente con il contesto e potenzia il risutato.

Di sicuro è uno dei migliori di Frears, limpido e scorrevole nella fattura, sereno e composto nello spirito, elegante nella superficie. Ne è possibile la visione in versione doppiata (magistralmente) su Raiplay, dove si avrà modo di gustare le voci di Emanuela Rossi per la Pfeiffer e Vittoria Febbi per la Bates.

Antonio Canzoniere

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