Faulkner, premio Nobel per la Letteratura, era uno spendaccione folle: cavalli, tabacco e wisky. Karen Blixen, l’autrice de “La mia Africa”, dove visse respirando la sua aria incontaminata, fumò voluttuosamente fino ai 77 anni. Un istante prima di morire, a chi stava piangendo, sorrise rassicurante:
«In realtà ho 3000 anni e ho cenato con Socrate».
Conrad, l’autore di “Cuore di tenebra” era così irritabile che se, scrivendo, gli cadeva la penna, invece di raccoglierla da terra, tamburellava mezzora con le dita sulla scrivania per l’incazzatura. James Joyce era terrorizzato dai temporali. Se i tuoni lo coglievano a spasso, si torceva le mani e fuggiva per strada urlando.
La cosa più triste che capitò a Tomasi di Lampedusa, rifiutato in vita da tutti gli editori, fu di vedere la pubblicazione del suo capolavoro “Il Gattopardo”, soltanto dalle stelle. Era già morto da 16 mesi. Henry James, da vecchio, soffriva di deliri di grandezza. Un giorno dettò una lettera per suo fratello, Giuseppe Bonaparte, esortandolo ad accettare il trono di Spagna.
Conan Doyle, l’autore di Sherlock Holmes, era un padre severo. Uno dei suoi ragazzini si permise di fare un commento su una passante poco avvenente e lui lo pietrificò con un ceffone:
«Ricordati che nessuna donna è brutta».
Stevenson, l’autore dell’ “Isola del tesoro”, partecipò e vinse innumerevoli concorsi di bestemmie. Arthur Rimbaud, il piccolo principe della poesia, puzzava come un maiale e lasciava pidocchi nei letti. A chi speranzoso gli presentava i suoi versi, letto il primo, sputava direttamente sul libro aperto, e alle serate letterarie, dopo ogni verso declamato da altri, gridava “Merde!” inorridendo il salotto. Da bambino aveva implorato sua madre di affittargli un pianoforte ma lei si rifiutò. Rimbaud intaccò con un coltello un tavolo da cucina disegnando una tastiera. Si esercitò per mesi in silenzio. E imparò a suonare il piano per davvero.
Oscar Wilde descrisse così la sua indaffaratissima giornata da scrittore:
«Stamattina ho tolto una virgola. E questo pomeriggio l’ho messa di nuovo».
Che personaggi, questi scrittori! A loro e a tanti altri, lo spagnolo Javier Marías, autore a sua volta di capolavori come “Domani nella battaglia pensa a me”, ha dedicato “Vite scritte” (Einaudi) in cui mancano solo vizi e follie di Javier Marías stesso. Regalatelo agli aspiranti scrittori, in ogni famiglia italiana ce n’è almeno uno, così la smettono, scoprendo come si diventa.