Che miserabili frammenti d’Italia sono sgorgati da questa emergenza coronavirus.
Moltitudini pronte per fregarsi a vicenda, odiarsi a vicenda, togliersi pure il pane e l’acqua a vicenda. A menare, a evitare, a infangare, a sospettare gli uni degli altri. A diagnosticare, giudicare ed emettere sentenze. A crocefiggere e bruciare in pubblica piazza. Tutti giudici. Tutti colpevoli.
“Fratelli d’Italia”
“Stringiamoci a coorte”
“Siam pronti alla morte”.
Ma quali fratelli? Quale stringiamoci? Quale siam pronti?
Siamo stati divisi nel momento dell’unità. Isterici. Col coltello spianato.
Si salvi chi può e ognuno per sé.
Hanno speculato sui farmaci, sulle notizie, sul dolore. Hanno creato e diffuso fake news per il solo divertimento di farlo. Hanno titolato le prime pagine con parole come “strage” per vendere una copia in più.
E abbiamo visto i loro fan applaudire adoranti anziché opporsi indignati.
Ho visto l’odio, l’odio contro il ragazzo tarantino trovato con il virus. Il suo nome buttato in pasto ai social, la sua foto, la folla inferocita con le torce a caccia di ogni notizia su di lui.
Ho letto i commenti, i post, ascoltato gli audio su WhatsApp grondanti di una ferocia inaudita, bestemmie, veleno oltre ogni immaginazione. Con lui che si domanda se avrà le spalle forti per superare quest’odio.
Pensavamo che una malattia fosse una ragione per prendersi cura degli altri. E invece in questa Italia ammaestrata all’odio una malattia è diventata una colpa. Anzi, un crimine da cui difendersi e per cui legittimare ogni violenza. Sei malato? Allora sei colpevole. Sei cinese? Allora sei malato e colpevole. E io ti odio.
Ma in fondo è andata bene.
Perché i cinesi partivano da un livello di odio basso. Loro erano anzi l’esempio di stranieri che lavoravano e non rompevano le palle a nessuno. Immaginate se il virus fosse nato in Africa. Se ad averlo fosse stata gente di colore. Non oso pensare a cosa sarebbe accaduto. A cosa avremmo assistito.
Non eravamo così. Non lo eravamo. Ci siamo diventati. Ci hanno fatto diventare. Poveri dentro, miseri e rancorosi. Pronti solo ad accusare e condannare.
Potevamo dare il meglio di noi in questa emergenza coronavirus.
Dimostrarlo al mondo.
E in tanti lo hanno fatto. Hanno tenuto i nervi saldi e conservato umanità, lucidità e buon senso.
Ma quanta melma è venuta su. Quanta.
Dal Coronavirus, alla fine, guariremo, dalla vergogna che ci porteremo dietro, sinceramente, non lo so.
Emilio Mola