È sopravvissuto a tre Leghe diverse. Da Bossi a Salvini, ere geologiche della politica italiana. E nulla lascia pensare che non possa sopravvivere anche a questa.
Quando Giancarlo Giorgetti esce di scena, c’è sempre da stare con le antenne alzate perché qualcosa di sicuro bolle in pentola. L’eminenza grigia della Lega, la linea politica del partito, “quello credibile”, per molti pare stia preparando, rigorosamente a bordo campo, le nuove trame per la politica che sarà.
Sarà un caso, ma da dopo i fatti del Papeete Salvini, senza la bussola che gli indicava la via e lo levava dal selciato, non ne ha più azzeccata una. E i sondaggi lo evidenziano abbondantemente. Va bene il folklore, quella è una facciata che Matteo Salvini ha sempre tenuto a mostrare e che gli è valsa il fragile consenso di cui si è ammantato per una intera stagione giallo-verde. Ma quando la smania di protagonismo ha preso il sopravvento, ecco che lo stratega di Cazzago Brabbia ha messo la freccia ed è uscito dalla strada principale. Troppo vociare, troppe mosse avventate e disperate nel tentativo di ricucire quel che Salvini lacerava.
Sono lontani i tempi in cui, dopo il trionfo del 34% alle Europee, Giorgetti intimava, nemmeno troppo tra le righe, che era giunta l’ora di staccare la spina all’avventura coi grillini. Il resto è storia.
Ora “in tribuna”, come lui stesso si definisce, osserva e pianifica. Lo strappo con il leader del Carroccio sembra insanabile, come dimostrato già in più riprese in cui lo ha pubblicamente smentito, persino sulle colonne del Wall Street Journal in merito alla possibilità di nuove elezioni.
L’ultima spina nel fianco della Lega, l’inchiesta ai danni del governatore lombardo Attilio Fontana ha definitivamente fatto crollare gli argini. Giorgetti infatti caldeggiò, illo tempore, la scelta di un “suo” uomo, Dario Galli, a cui venne preferito l’avvocato varesino per la sua esperienza nella macchina amministrativa regionale.
E allora non stupiscono certamente i contatti, fitti, telefonici e non, secondo quanto si apprende da affaritaliani.it, tanto col sindaco piddino Beppe Sala, quanto con un vecchio pallino: Mario Draghi. L’ipotesi, anche questa mai nascosta da Giorgetti, è quella di rilanciare l’idea tutta italiana di un governone di larghe intese, con parte della Lega (e qui Salvini non può che incassare il colpo), parte del M5S (l’ala “anti-Dibba, per intenderci) e proprio il Partito Democratico, sempre a suo agio nelle ampie tavolate.
Molto ovviamente dipenderà da come e quanto reggerà il governo Conte bis, che da un lato vede l’avvocato degli italiani sempre in cima per gradimento, con però buona parte della squadra governativa in fondo alla classifica dei sondaggi.
E mentre Salvini, quasi apocalittico, dai banchi del Senato dove ha appreso del via libera al suo processo per i fatti della Open Arms, annuncia disgrazie alla maggioranza in carica, con quel «ora a me, domani a voi», la volpe, che l’uva ce l’ha già sotto la manica, se la ride e osserva il resto dello zoo scannarsi per l’ultimo acino prima della resa dei conti.
Alessandro Leproux