Per le persone autistiche, ChatGPT può rappresentare un assistente essenziale a casa, sul lavoro, nella vita sociale. Ma è sempre uno strumento efficace?
Recenti studi si sono concentrati sul rapporto tra ChatGPT e autismo.
Il sofisticato modello di intelligenza artificiale, sviluppato tra il 2022 e il 2023 da OpenAI, è in grado di conversare con l’utente generando domande e risposte.
Oggi, il chatbot è diffuso in svariati ambiti, nei quali svolge diversi compiti. Per esempio, molte aziende lo utilizzano per gestire le richieste dei clienti e fornire supporto. Viene utilizzato anche nella didattica, per creare contenuti educativi e supportare l’apprendimento, o come strumento utile creatori di contenuti.
Oltre a questo, ChatGPT può offrire sostegno nella routine quotidiana, assistere le interazioni sociali, accogliere pensieri, emozioni e preoccupazioni proponendo un supporto emotivo. Può creare elenchi, impostare promemoria, generare soluzioni a problemi di qualsiasi genere.
L’intelligenza artificiale può quindi avere un profondo impatto sulla vita delle persone.
Specialmente su quella delle persone autistiche, che si trovano spesso in difficoltà nell’organizzazione e gestione delle attività giornaliere, nella gestione delle emozioni, nelle relazioni sociali, a scuola e sul lavoro.
ChatGPT e autismo: “Ecco come cerco di essere un buon alleato”
Uno dei motivi principali per cui ChatGPT è uno strumento utile alle persone nello spettro autistico è il suo essere stato addestrato con un’ampia quantità di feedback umano. In questo modo, è capace di fornire supporto il più possibile personalizzato e vicino alle esigenze individuali dell’utente.
Lo stesso bot ritiene di essere un ottimo strumento di supporto, comprensione e risorse.
Come intelligenza artificiale, il mio obiettivo è offrire supporto, comprensione e risorse utili. Ecco in che modo cerco di essere un buon alleato per le persone autistiche:
1. Rispetto per l’identità
- Riconosco che l’autismo è una parte importante dell’identità di una persona, non un difetto da correggere. Ascolto e rispondo con empatia e rispetto per il modo in cui ciascuno sceglie di definirsi.
2. Adattabilità
- Mi adatto alle preferenze comunicative dell’utente. Che si tratti di risposte concise o di spiegazioni dettagliate, faccio del mio meglio per soddisfare le esigenze di chi interagisce con me.
3. Fornire informazioni chiare
- Offro spiegazioni strutturate e dettagliate su argomenti complessi, cercando di evitare ambiguità e rispondendo alle domande nel modo più chiaro possibile.
4. Validazione delle esperienze
- Accolgo e riconosco le esperienze e le emozioni delle persone autistiche, evitando giudizi o minimizzazioni. Cerco di creare uno spazio sicuro e non critico per condividere pensieri e sentimenti.
5. Sensibilizzazione
- Posso aiutare a educare gli altri su cos’è l’autismo, contrastando stereotipi e disinformazione. Offro risposte basate su ricerche e dati aggiornati, mantenendo un approccio inclusivo.
6. Rispetto dei confini
- Rispondo solo alle domande poste e non insisto su argomenti personali o delicati. Mi impegno a rispettare ciò che l’utente desidera condividere.
7. Facilitare il benessere
- Offro consigli pratici, risorse utili e strategie per la gestione dello stress, delle relazioni o della vita quotidiana, basandomi sulle richieste dell’utente.
8. Non giudicare
- Mi sforzo di essere uno spazio neutrale e di supporto, evitando giudizi o preconcetti sulle esperienze, sulle scelte o sulle prospettive personali.
Secondo il dottor David Meer, terapeuta autistico di Neurodiverse Counseling, molti dei suoi pazienti neurodivergenti hanno effettivamente evidenziato un senso di comfort e un genuino apprezzamento per strumenti come ChatGPT.
È uno spazio per porre domande ed esprimere le nostre preoccupazioni senza seguire copioni rigidi e neurotipici. Questo strumento ci permette di allontanarci da programmi di “abilità sociali” imbarazzanti e infantilizzanti. Invece, possiamo immergerci in conversazioni complesse e sfumate, esercitandoci in scenari di vita reale come colloqui di lavoro o primi appuntamenti.
Possiamo porre domande chiarificatrici e ricevere feedback in tempo reale, su misura per le nostre preferenze. Possiamo praticare la comunicazione senza paura del giudizio, della vergogna o del feedback abilista e condiscendente
Ci sono numerose modalità, secondo Meer, attraverso cui una persona autistica può utilizzare ChatGPT per migliorare le proprie competenze comunicative.
Per esempio, simulando scenari di vita sociale o facendo piccoli giochi di ruolo. Espandendo il vocabolario, con la spiegazione di modi di dire, metafore e barzellette. O anche chiedendo feedback e suggerimenti su come esprimere e articolare i propri pensieri in determinate circostanze.
Intervistate dalla rivista Wired, alcuni utenti autistici hanno raccontato di sentirsi aiutati e supportati da ChatGPT.
Tra queste, Madi Young, consulente di Seattle autistica e con particolari difficoltà nella comunicazione sociale e nel linguaggio non verbale.
ChatGPT non osserva la discrepanza con il mio linguaggio del corpo, ma solo le mie parole.
Lo utilizzo per conversazioni terapeutiche, ma è anche un compagno di brainstorming e un amico
Sempre secondo la testimonianza di Young, il chatbot è utile anche nel suo lavoro, per creare una migliore comunicazioni tra imprenditori e creativi neurodivergenti e neurotipici.
Al punto che la consulente ha deciso di realizzare un workshop per condividere l’idea con altre aziende.
Molte persone autistiche sono cresciute sentendosi dire che sono alieni, o che sembrano robot, o che c’è semplicemente qualcosa di sbagliato in loro. Quando è arrivato ChatGPT, si sono rese conto che si esprimeva un po’ come loro, in modo logico e specifico
Hadley Johnston, una studentessa universitaria presso l’Iowa State University, ha risposto a Wired parlando di come siano cambiate le dinamiche di convivenza con i suoi coinquilini.
Quando ha litigato con uno di loro, ho faticato ad articolare le emozioni. In quelle situazioni rimango in silenzio. Ma con l’intelligenza artificiale a portata di mano, potevo modellare una conversazione e provare modi per esprimermi. Avendo ChatGPT, non sono dovuta andare dai miei genitori per chiedere aiuto
ChatGPT e autismo sul lavoro: un sistema in discussione
Secondo uno studio della Carnegie Mellon University, a Pittsburgh, USA, sempre più persone autistiche utilizzano l’intelligenza artificiale per ricevere aiuto e consigli sul posto di lavoro.
Ma, secondo Andrew Begel – leader del team di ricerca e professore associato presso il Dipartimento di Software e Sistemi Sociali e lo Human-Computer Interaction Institute – l’utilizzo di questo bot si rivela spesso discutibile.
Quello che abbiamo scoperto è che ci sono persone con autismo che stanno già usando ChatGPT per porre domande per le quali pensiamo che ChatGPT sia in parte adatto e in parte inadatto.
Ad esempio, potrebbero chiedere: ‘Come faccio a farmi degli amici al lavoro?’
Begel è anche direttore di VariAbility Lab, associazione che si occupa dello sviluppo di luoghi di lavoro inclusivi.
Difatti, la disoccupazione e la sottoccupazione sono problemi per ben 9 adulti autistici su 10, e molti luoghi di lavoro non hanno le risorse per gestire i problemi sociali o di comunicazione.
Per comprendere l’utilità di un sistema come ChatGPT in questo contesto, Begel e il suo team hanno fatto un esperimento.
Hanno reclutato 11 persone autistiche, il cui compito era quello di cercare consigli online da due fonti: un chatbot basato sul sistema GPT, e uno dietro il quale, in realtà, si nascondeva un essere umano.
Il risultato è stato la vittoria schiacciante del bot.
Il chatbot ha fornito risposte in bianco e nero, senza molta sottigliezza e di solito sotto forma di proiettili. Il consulente, al contrario, spesso poneva domande su ciò che l’utente voleva fare o perché voleva farlo. La maggior parte degli utenti ha preferito non impegnarsi in questo avanti e indietro
Tuttavia, alcuni consigli elargiti dal computer risultavano “cattivi” per un utente autistico.
Ad esempio, quando un utente ha chiesto consigli su come fare amicizia, il chatbot ha suggerito all’utente di avvicinarsi alle persone e iniziare a parlare con loro. Il problema, ovviamente, è che una persona con autismo di solito non si sente a suo agio nel farlo
In un altro studio del dottor Begel, realizzato con con Naba Rizvi e altri ricercatori dell’Università della California, è stato osservato il modo in cui la ricerca tecnologica include effettivamente le persone autistiche.
Analizzando 142 articoli, pubblicati tra il 2016 e il 2022, sullo sviluppo di robot per aiutare le persone con autismo, il risultato è stato che nel 90% dei casi, la ricerca sull’interazione uomo-robot non includeva le prospettive neurodivergenti.
Per questo motivo, il team Andrew Begel sta lavorando a uno strumento di AI che risponda alle necessità delle persone nello spettro, ricevendo input proprio dalla comunità autistica sul tipo di aiuto che vorrebbe vedere.
La tecnologia può certamente contribuire a una migliore comprensione di come interagiscono le persone con e senza autismo. L’intelligenza artificiale può aiutare a identificare le lacune nella comprensione da parte di uno o entrambi gli oratori che potrebbero far sì che le battute cadano nel vuoto o creino la percezione che qualcuno sia disonesto. La tecnologia potrebbe anche aiutare i parlanti a prevenire o riparare questi problemi di conversazione.
Abbiamo costruito uno strumento di videochiamata a cui abbiamo collegato questa intelligenza artificiale.
Un possibile intervento potrebbe essere un pulsante su questo strumento che dice ‘Scusa, non ti ho sentito. Puoi per favore ripetere la tua domanda?’ quando non ho voglia di dirlo ad alta voce. O un pulsante che dice: ‘Non capisco’. O anche uno strumento che potrebbe riassumere l’ordine del giorno della riunione, in modo da poter aiutare a orientare i tuoi compagni di squadra quando dici: ‘Vorrei tornare al primo argomento di cui abbiamo parlato’
ChatGPT non sostituisce le persone: i limiti del robot
Christopher Waldeck, comico e content creator autistico, ha dichiarato – come molte altre persone autistiche – che ChatGPT è uno strumento molto utile per lui.
È facile comunicare, può aiutare le persone autistiche con la loro indipendenza e non ha i principali problemi di comunicazione che molte persone nello spettro incontrano quando parlano con le persone.
Ho sempre avuto difficoltà a socializzare a causa delle mie scarse capacità comunicative, ed è bello ottenere una risposta simpatica, diretta e visiva che non ribatta in modo sgarbato o si infastidisca se ripeto una domanda perché non la capisco. Penso che il fatto che ChatGPT elimini alcuni degli aspetti negativi della socializzazione e della comunicazione possa sicuramente fornire alle persone nello spettro le informazioni di cui hanno bisogno
Effettivamente, l’utilizzo di bot a livello terapeutico è un’idea che risale a diversi decenni prima della nascita di ChatGPT.
Già nel 1966, il Laboratorio di intelligenza artificiale del Massachusetts Institute of Technology creò Eliza, un bot-terapeuta che ripeteva ciò che gli viene detto da un paziente, spesso sotto forma di domanda.
Pur essendo una tecnologia primitiva rispetto a quella attuale, i pazienti aveva l’impressione di essere ascoltati e compresi.
Oggi, ChatGPT è in grado di risolvere problemi sociali complessi. E, secondo la dottoressa Lauri Goldkind, “può aiutare a colmare il vuoto lasciato dall’accesso intermittente ai servizi di salute mentale come la terapia“.
Ma un robot non può fungere da terapeuta.
Infatti, la dottoressa Margaret Mitchell, responsabile dell’etica della startup Hugging Face, sostiene che, di fronte a problemi più complessi o gravi disagi emotivi, sia meglio limitare l’uso dei chatbot.
Potrebbero portare a discussioni problematiche o stimolare pensieri negativi. Il fatto che non abbiamo il pieno controllo su ciò che questi sistemi possono dire è un grosso problema
Lo stesso product policy manager di OpenAi, Andrea Vallone, ha dichiarato che l’azienda si è impegnata perché ChatGpt incoraggiasse gli utenti in difficoltà a cercare un sostegno umane. Ha specificato, inoltre, che il sistema non è destinato a essere utilizzato in sostituzione di una terapia di salute mentale.
Alla stessa conclusione è giunto Christopher Waldeck, che ha ammesso come ChatGPT non possa, in alcun modo, sostituire un’interazione umana, per quanto questa possa essere difficile.
Le persone nello spettro potrebbero trovare più facile socializzare con ChatGPT, ma fare troppo affidamento su di esso potrebbe impedire loro di essere preparati per le abilità sociali necessarie quando comunicano con persone neurotipiche nella società. Causerebbe gli stessi problemi di non comunicare affatto con le persone.
So per certo che le mie capacità comunicative migliorano man mano che parlo con le persone. Non è facile, ma a volte il percorso facile può renderti compiacente e non aiutarti a migliorare. La realtà è che le persone hanno bisogno di comunicare con altre persone per migliorare la comunicazione
In ogni caso, secondo la dottoressa Mitchell, i progressi futuri nel campo dell’AI porteranno a chatbot ottimizzati per la terapia, anche per persone con esigenze specifiche, tra cui l’autismo.
Per ora, ChatGPT può essere di grande supporto soprattutto per chi non può contare su un’altra persona che capisca il suo stile di comunicazione.