Il North Carolina ha proclamato lo stato d’emergenza nel tardo pomeriggio de 21 settembre ( quando da noi era poco dopo la mezzanotte) in seguito alle continue e ripetute proteste contro la polizia in corso a Charlotte.
Le manifestazioni proseguono ormai da due giorni. La comunità nera della città sta insorgendo in seguito all’ennesima morte “ingiustificata” di un uomo di colore: Keith Lamont Scott, 43 anni. Le accuse sono rivolte contro la polizia, in particolare all’agente Brentley Vinson, accusato di aver usato metodi eccessivamente violenti.
La protesta ha raggiunto attimi di violenza e un manifestante è rimasto gravemente ferito. Il fulcro della manifestazione sembra voglia spingere le autorità a diffondere il video dell’uccisione di Scott per fare giustizia. Lo stesso sindaco Roberts ha detto di aver guardato il video ma di non sapere ancora se diffonderlo o meno.
Nel video infatti sembrerebbe essere ripresa la dinamica della morte dell’uomo. La polizia sostiene di aver utilizzato una normale procedura contro di lui. La figlia invece sostiene che gli spari ai danni del padre siano stati totalmente ingiustificati.
Il video tarda ad arrivare e la protesta continua. Nelle altre città americane sempre in queste ore sono stati organizzati sit-in in sostegno della vittima di Charlotte.
Sono ore di paura ormai tristemente note queste in suolo americano. Nel corso di questi anni alcune operazioni degli agenti di polizia hanno portato alla morte di uomini di colore. Ciò è stato motivo di indignazione da parte della comunità nera. Nell’ultimo anno sono famosi casi di Alton Sterling e Philando Castile, ma dal 2012 ad oggi i casi sono diversi.
Il presidente Obama ha già parlato in merito a questo. Ha rivolto il suo sostegno alla comunità nera e si è dichiarato indignato per l’atteggiamento del corpo di polizia. Ma il problema più grosso, che si cela sotto questi episodi, non è la violenza in sè.
Come ha detto il presidente Obama è “una questione americana“, che viene da lontano e centra con un retaggio culturale che segna indissolubilmente un profondo controsenso della società a stelle e strisce. L’America si propone oggi, come ieri, la nazione della libertà. L’America ha la pretesa e la presunzione di definirsi il paese più libero del mondo. L’America vuole da sempre dimostrarsi una nazione socialmente evoluta. Ma l’America non lo è, non come vorrebbe esserlo.
Anche l’America è un paese razzista. Attenzione però, non è possibile compiere un paragone tra la società americana e quella europea. Il razzismo americano è diverso. Parte da lontano. Non ha a che fare con immigrazione o invasione da parte di stranieri, è un razzismo sociale che centra con una idea di violenza e discriminazione vecchia cent’anni.
Nel corso di molti anni l’America ha combattuto una battaglia personale per cercare di migliorarsi e di abbandonare la pratica razzista, ma non ha ancora raggiunto quel punto. Ha modificato però profondamente la percezione culturale nei confronti della popolazione di colore.
Oggi un ragazzo di colore ha in molti casi le stesse possibilità di successo di un ragazzo bianco e comunque non ne ha di meno di chi magari condivide con lui la stessa estrazione sociale. Per contro tuttavia ha molta più possibilità di finire ammazzato in uno scontro a fuoco rispetto al suo stesso coetaneo.
Il corpo di polizia americano compie nel 2013 circa 461 “omicidi ingiustificati”, secondo una stima dell’Fbi. Al problema razzista, sembra aggiungersi una pericolosa gestione della forza e amministrazione della giustizia.
A fare scalpore qualche anno fa è stata la dichiarazione di Charles Barkley, ex campione di NBA, il quale con intelligente lucidità ricordava come “l’idea che i poliziotti bianchi vadano in giro per ammazzare i neri è ridicola, assolutamente ridicola”.
La questione americana cara al presidente Obama non deve quindi badare solo al problema razzista insito nel corpo di polizia che porta ad episodi di violenza come in questi anni, ma deve combattere anche con la percezione di discriminazione dilagante tra la comunità nera, che ha portato alla creazione del movimento “Black Lives Matter”.
Con le elezioni alle porte e l’uscita di scena di Obama gli equilibri potrebbero saltare nuovamente. La presenza di un candidato come Trump, oggi più che mai pericoloso per la lotta alle presidenziali, potrebbe causare grossi problemi. La comunità nera è infatti nella sua quasi totalità contraria alla presidenza repubblicana di Trump. Il candidato tuttavia, colpevole qualche passo falso della Clinton e i recenti episodi di presunto terrorismo accaduti a NY, sta dando un segnale forte di presenza concreta per la presidenza.