La Cgia di Mestre lancia l’allarme usura. Sono almeno 240 mila le piccole e medie imprese italiane che rischiano di caderne vittime a causa della crisi economica innescata dal Coronavirus. La stima arriva proprio nei giorni in cui le aziende dovranno adempiere a una lunga serie di scadenze fiscali.
IMPRESE INSOLVENTI
Secondo l’associazione degli artigiani, la cifra comprende imprese e partite Iva con esposizioni bancarie deteriorate, schedate come insolventi presso la Centrale dei Rischi della Banca d’Italia. Ciò gli impedisce di usufruire degli aiuti messi in campo dallo stato con il recente “decreto liquidità”, quali ad esempio la possibilità di richiedere un piccolo prestito, fino a 30 mila euro, coperto al 100% dal fondo di garanzia. Risorse che per molte imprese avrebbero rappresentato una fondamentale boccata d’ossigeno, specie in questa fase.
A partire dallo scorso 16 luglio, e fino a fine mese, saranno infatti 246 le scadenze fiscali da rispettare. Bisognerà pagare, tra le altre, Irpef, Irap e Iva, oltre a versare ritenute e contributi Inps. Un groviglio dal quale tanti piccoli imprenditori rischiano di uscire con le ossa rotte, avendo incassato poco o nulla in questi mesi di pandemia, e spesso trovandosi ancora in attesa di ricevere i soldi della cassa integrazione.
SUD PIÙ A RISCHIO
L’usura non è un reato facile da contrastare. Spesso la paura, ma anche il senso di vergogna, impedisce alle vittime di ribellarsi. Il numero delle denunce si è praticamente dimezzato tra il 2010 e il 2018. A soffrire di più è il sud Italia. Delle 240 mila imprese a rischio infatti, secondo i dati della Cgia aggiornati al 31 marzo scorso, oltre 80 mila si trovano nel meridione, contro le circa 60 mila del centro e del nord-ovest, e le 40 mila del nord-est. Tra le regioni, la classifica è guidata dalla Lombardia, davanti a Lazio e Campania, mentre Roma è la provincia con le maggiori criticità.
QUALE SOLUZIONE?
Per la Cgia, una soluzione per aiutare le aziende in difficoltà potrebbe essere il ricorso al fondo per la prevenzione dell’usura, attivo dal 1998, che permetterebbe agli operatori economici a rischio di accedere a canali di finanziamento legali, e aiuterebbe le vittime di usura che non hanno diritto ad altri prestiti . Sono due i tipi di contribuzione previsti dal fondo per la prevenzione. Il primo è destinato ai Confidi a garanzia dei finanziamenti concessi dalle banche alle attività economiche. Il secondo è riconosciuto a fondazioni e associazioni contro l’usura riconosciute dal Mef.
DINO CARDARELLI