Sette gli anni che sono stati necessari alla firma della CETA, il trattato di libero scambio tra UE e Canada.
Il primo ministro Justin Trudeau per il Canada, per Bruxelles il presidente della Commissione Jean Claude Juncker e il presidente del Consiglio Europeo Tusk: loro i firmatari, alla fine di un percorso di trattiva lungo, complesso, ma svolto con l’imperativo del miglioramento dell’apparato commerciale internazionale.
Il Trattato consta di circa 1600 pagine ed è funzionale all’eliminazione delle barriere doganali tra Unione Europea e Canada. Di fatto, ciò dovrebbe condurre ad un risparmio netto, da valutazione, per gli esportatori europei.
Ma non è il semplice risparmio netto ad aver condotto a questa firma. Il CETA, infatti, dà la possibilità alle imprese europee di partecipare alle gare per gli appalti pubblici in Canada, opera in materia di proprietà intellettuale e di diritto d’autore, marchi e brevetti, industriali, ma con particolare attenzione al marchio di alcuni prodotti alimentari e agricoli tipici. Infine determina il reciproco riconoscimento di titoli professionali, secondo le nuove regole di tutela.
Sul fronte opposto, vi sono dei punti particolarmente controversi, con attenzione alle clausole riguardanti i rapporti tra pubblico e privato e per l’esattezza in materia di risoluzioni delle controversie tra investitore e stato. Alla sezione 3 del trattato CETA di fatto è sancita l’applicazione del modello arbitrale di risoluzione delle controversie ISDS, Investor-State Dispute Settlement, negoziato direttamente dall’Unione in luogo degli Stati membri.
Si tratta di un modello arbitrale che non ha ancora trovato applicazione, che incontra un diffuso scetticismo, ma la cui adozione si inquadra perfettamente nell’ottica dell’ampliamento delle competenze esclusive dell’Unione in materia di investimenti a seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona.
Tuttavia, messi da parte alcuni profili da verificare, il CETA costituisce senz’altro un risultato notevole, nonché un passo importante nella considerazione delle politiche commerciali che l’UE si propone di portare avanti.
Difficile il percorso di transizione che ha portato alla firma del CETA, il quale ha dovuto attendere il via libera di 38 parlamenti nazionali e regionali dei 28 Paesi che lo andranno poi a ratificare, destabilizzato ulteriormente dalla questione della Vallonia, il cui parlamento regionale ha bloccato la firma attraverso il veto per ben due settimane.
Nonostante la finale risoluzione, grazie alle pressioni internazionali, Tusk si muove con cautela, e sottolinea che “Tutto può accadere.”
Certo è che il CETA, l’accordo di libero scambio, unitamente a quell’intesa politico-strategica tra UE e Canada, ci ha condotto a un notevole passo in avanti. Nell’ottica di un liberismo consapevole e funzionale alla crescita globale, se guidato da adeguate regole comportamentali.
Di Ilaria Piromalli