Paolo, ragazzo milanese di origini brasiliane, rifiutato da un Hotel perché di colore.
Estate rovente quella che stiamo vivendo, e non solo per le temperature disumane raggiunte in queste ore in tutte le città italiane. Continua infatti, a far parlare di sé anche per gli innumerevoli casi di razzismo che hanno come scenario luoghi di villeggiatura. Casa vacanze, piscine e ora anche hotel.
Ci troviamo a Cervia, in Emilia Romagna, terra notoriamente “rossa” a dimostrazione che il razzismo dilaga e non conosce confini e colori politici. Paolo, ragazzo di origine brasiliana e quindi dalla carnagione scura, si è visto privato del suo diritto al lavoro per un motivo razziale.
Il fatto risale a venerdì 17 giugno quando il ventottenne Paolo, nella Milano in cui vive dall’età di 3 anni, era stato contatto telefonicamente dal proprietario di un hotel di Cervia. Il titolare gli fa sapere che il lavoro era suo, che avrebbe potuto iniziare lunedì 20 giugno e lo invita a fargli pervenire la carta d’identità per formalizzare il tutto.
Mi dispiace ma non posso mettere ragazzi di colore in sala qui in Romagna la gente è molto indietro con mentalità scusami ma non posso farti giù. Ciao.
Questo il messaggio che Paolo ha ricevuto dopo che il suo “quasi” datore di lavoro ha visto la fotografia sulla sua carta d’identità. Il ragazzo aveva già preparato tutto ed era pronto a trasferirsi in Riviera.
Quello che fa clamore è la giustificazione. “La gente in Romagna è indietro come mentalità”. Davvero? Certo, i razzisti sono ovunque. Indubbio. Ma non credo, e bisogna rifiutarsi di credere, possa esistere una regione o una popolazione autoctona che renda difficile la vita a un cameriere, durante il suo esercizio, per il colore della pelle. Siamo nel 2017 e anche fosse vera un’arretratezza culturale nella zona, il darla vinta alle menti chiuse non aiuta a uscirne. Diciamo che è molto più probabile che il problema fosse più personale e limitato al gestore.
Mi preme sottolineare che qui l’unico “indietro” è il singolo albergatore. Chiunque può verificare come nelle nostre attività siano integrati lavoratori italiani e stranieri ormai da anni e come la nostra comunità abbia fatto e continui a fare dell’integrazione un valore fondamentale per la crescita futura.
La risposta del sindaco di Cervia è forte e non risparmia l’albergatore andando a confermare la riflessione precedente sull’individualità della motivazione che ha spinto l’albergatore a questa discutibile decisione.
A testimoniare a favore di Cervia e della riviera romagnola ci pensano anche gli altri albergatori che, per voce delle varie associazioni, sono tutti concordi nel definire la Romagna una terra aperta e avanti nel processo d’integrazione.
Anche i sindacati non stanno a guardare. Si stanno muovendo e sembrano non voler sorvolare su questo ennesimo fattaccio di discriminazione estiva.
Ora il gestore dell’albergo di Cervia si starà rammaricando per quel sms inviato e starà ringraziando per l’unica, immeritata, fortuna. Quella di essere restato anonimo.
Sarebbe bello fosse solo il caldo il problema di questa estate rovente.
Christian Gusmeroli