I sindaci di sei paesi della provincia di Reggio Emilia hanno lanciato, ai primi di febbraio, una petizione online su change.org che ha superato 15.000 firme in pochi giorni.
La richiesta, indirizzata al Governo, riguarda la certezza della pena per i ladri che rubano nelle abitazioni.
Il Procuratore capo della Corte d’Appello di Bologna, De Francisci, ha affermato che: «Agli occhi della criminalità dell’Est Europa, la commissione di delitti in Italia è operazione più lucrosa e meno rischiosa che in patria. E, alle loro carceri, sono preferibili le nostre».
I sindaci appartengono ai territori del comprensorio ceramico (Casalgrande, Castellarano, Scandiano, Rubiera) più i limitrofi Viano e Baiso.
Politicamente fanno parte di liste civiche di centro-sinistra, a parte Viano, ma quel che li accomuna è la preoccupazione relativa all’attuale sistema normativo in cui le previsioni di pena minima rendono inapplicabili, in molti casi, le opportune misure preventive atte a impedire il reiterarsi di reati o la fuga dei colpevoli.
I sindaci si sono fatti portavoce delle richieste della gente, stanca di vivere nella paura: accade infatti che talvolta i malviventi vengano colti in flagrante e subito rilasciati.
La custodia cautelare scatta in caso di reiterazione del reato ma, quando il ladro viene colto sul fatto per la seconda volta, spesso non è stata ancora notificata la prima.
Questi meccanismi difettosi spingono molti criminali, provenienti soprattutto dall’Est Europa, a scegliere l’Italia per commettere furti, certi dell’impunità.
Le stesse forze dell’ordine vedono vanificati i loro sforzi perché spesso il ladro, catturato dopo inseguimenti pericolosi, viene scarcerato anche per la sospensione condizionale della pena.
Gli episodi offerti dalla cronaca sono purtroppo numerosi.
8 febbraio 2017.
Reggio Emilia. Nella casa di cura Villa Verde, nel corso della notte, sono stati rubati tutti gli strumenti diagnostici del reparto di gastroscopia, per un valore di oltre 200.000 euro. L’anno precedente era accaduto all’ospedale di Scandiano, Guastalla, Parma e La Spezia.
Le porte non presentavano segni di effrazione, testimonianza di un furto effettuato a colpo sicuro e su commissione. Le apparecchiature vengono vendute a circa 2.000 euro, contro un valore di 25.000, a cliniche dell’Est Europa, dove mancano e sono molto richieste.
5 febbraio 2017.
Rubiera, Reggio Emilia. Lo scontro frontale tra due auto ha causato la morte dei guidatori, una madre 46enne, i cui due figli adolescenti sono in gravi condizioni, e un 33enne georgiano, colpevole del sorpasso azzardato effettuato ad alta velocità, in una giornata di forte pioggia.
All’uomo non era stato rinnovato il permesso di soggiorno a causa di numerosi precedenti per furto: era stato espulso, ma l’ordine non eseguito per la sua irreperibilità. La moglie ha raccontato in lacrime che il marito giustificava la permanenza in Italia per la poca severità delle leggi.
3 febbraio 2017.
Colico, provincia di Lecco: un poliziotto di 29 anni, Francesco Pischedda, è morto per le ferite riportate inseguendo un moldavo, dopo essere precipitato da un dirupo nei pressi di un cavalcavia. Il moldavo era in Italia da appena dieci giorni e, assieme ad altri tre connazionali, non si era fermato a un posto di blocco con un furgone rubato.
Il poliziotto aveva ricevuto un encomio in precedenza: lascia la compagna e una figlia di dieci mesi.
17 gennaio 2017.
Bonavicina, Verona. Dario, agricoltore di 73 anni, si accorge di tre malviventi, con accento dell’Est Europa, che stanno rubando gli attrezzi agricoli. Lo prendono e lo trascinano nei campi, picchiandolo selvaggiamente, fino a farlo svenire. E’ una maschera di sangue e si salva per miracolo, ma ora è costretto a portare il busto e fatica a camminare.
25 agosto 2016.
San Fior di Sotto, Treviso. Una tabaccaia, Carla De Conti, ha subito l’ottava rapina in sette anni. Le telecamere di sorveglianza hanno immortalato la banda, composta da quattro persone, che ha preso di mira anche auto e abitazioni nella zona, ma le indagini sono giunte a un punto morto.
La donna racconta di essere terrorizzata, soprattutto nelle serate invernali, quando il buio arriva presto, e di vivere nell’angoscia. Ha acquistato un’arma per difendersi ma afferma di non aver mai pensato di arrivare a farlo. Non sa come si comporterà, se si troverà a puntarla contro una persona.
8 febbraio 2016.
Grosseto. Alle cinque del mattino un ex poliziotto in pensione, Bruno Poeti, viene svegliato dai cani.
Quattro rumeni, che hanno svaligiato diverse case nei dintorni, entrano nella sua proprietà per rubare l’auto, con cui fuggono. Uno di loro viene ferito dai colpi sparati dal proprietario e viene abbandonato dai compagni davanti all’ospedale.
Poeti si reca dai Carabinieri a denunciare l’accaduto ma, scoperta la conseguenza degli spari, viene arrestato e tenuto in carcere tre giorni, con l’accusa di tentato omicidio.
L’uomo sostiene che la sua vita sia diventata un inferno da allora, facendo fatica anche a dormire.
A gennaio 2017 si è svolta l’udienza dinanzi al tribunale: il rumeno ferito, che ha subito un’operazione chirurgica e l’asportazione di parte dell’intestino, afferma di non poter lavorare a causa delle lesioni riportate.
Il rumeno, che dichiara la professione di falegname, ha chiesto il risarcimento dei danni e ci sono buone possibilità che il giudice civile accolga la domanda.
La legittima difesa è un atto consentito solo quando necessario a difendere la vita, propria o altrui, in maniera proporzionale all’offesa.
Quindi, se un ladro non è armato o si limita a mettere in pericolo una proprietà, non è giustificato sparargli.
Gianni Trulli, candidato al comune di Grosseto per il Movimento 5 Stelle, è intervenuto sulla vicenda affermando che Poeti, pur meritando solidarietà, doveva conoscere, in qualità di ex agente, la normativa in materia.
Trulli enuncia però una domanda provocatoria: «dobbiamo chiederci perché si consenta a dei delinquenti, recidivi, nulla facenti, di scorrazzare liberi e impuniti in ogni dove in questo paese alla deriva istituzionale».
26 aprile 2012.
Corezzola, Padova. Un tabaccaio viene rapinato con violenza da un moldavo, che gli lancia addosso il registratore di cassa, ferendolo al fianco. Il negoziante gli spara, uccidendolo.
Il giudice ha condannato il negoziante a due anni e otto mesi di carcere per eccesso di legittima difesa, oltre a un risarcimento di 325.000 euro alla madre e alla sorella del rapinatore.
Forse il tabaccaio avrebbe dovuto reagire colpendolo con un oggetto, poiché l’arma da fuoco era sproporzionata.
Quindi, durante una rapina, bisognerebbe mantenere sangue freddo e cercare un oggetto simile a quello dell’assalitore, mentre questi è libero di utilizzare le modalità che preferisce e che l’assalito non può conoscere.
Il vescovo di Chioggia ha commentato così la condanna: «quel che non era riuscito a rubare il ladro glielo ha dato il giudice, completando il furto».
I sei sindaci reggiani chiedono modifiche normative per rendere certa la pena. C’è anche chi domanda una revisione dell’istituto della legittima difesa.
Le leggi si possono cambiare e migliorare, ma occorre ricordarsi che le norme sono applicate da persone. Per rendere certa la vita delle altre persone e concretizzare la parola “giustizia“.
La migliore delle leggi ha sempre bisogno di un giudice che la applichi “cum grano salis” e di un sistema che aggiorni in tempo reale il casellario giudiziario.
Forse, molte petizioni non sarebbero più necessarie…
Paola Iotti