Lo spot a favore delle famiglie LGBTQI scatena l’ira delle autorità ungheresi sull’emittente RTL

LGBTQI

Continua la crociata delle autorità ungheresi, capeggiate dal leader del governo Viktor Orbán, contro la comunità LGBTQI.

Ad essere stato preso di mira questa volta è uno spot dell’emittente RTL che mostrava esponenti della comunità arcobaleno e coppie omosessuali leggere insulti a loro rivolti on-line per poi commentarli.

Il messaggio era stato pubblicato dall’emittente a Dicembre ed è stato giudicato contrario alle norme nazionali dall’Autorità nazionale dei media e della comunicazione.

L’organo di controllo ha motivato la propria decisione sostenendo che il contenuto di quanto mostrato dall’emittente RTL era inadatto e addirittura dannoso alla crescita dei bambini ungheresi.




Il canale televisivo aveva scelto di mandare in onda lo spot per cercare di promuovere un vero ed equilibrato dibattito interno all’Ungheria relativo ai diritti e al riconoscimento garantiti ai membri della comunità LGBTQI.

A Dicembre, infatti, la situazione dei cittadini appartenenti a questi gruppi si era ulteriormente aggravata a seguito della modifica della Costituzione ungherese finalizzata a conferire un significato al concetto di “famiglia” molto ristretto ed esclusivo.

Nella carta fondamentale del paese guidato da Orbán, a partire da Dicembre, la definizione di famiglia viene applicata solo alle coppie eterosessuali.

Oltre a questa specifica, che di fatto esclude il riconoscimento giuridico delle coppie omosessuali fin dalla radice del primo documento che regola il vivere sociale dell’Ungheria, nella Costituzione è stato inserito un articolo in cui si legge che lo Stato vuole impegnarsi a garantire ai minori “un’educazione corrispondente ai valori che sono alla base dell’identità costituzionale e all’identità cristiana”.

Al momento dell’approvazione di tale modifica, la Ministra della giustizia ungherese, Judit Varga, aveva commentato dicendo che l’obiettivo del governo non era quello di “discriminare i gruppi”, ma di “proteggere i bambini”.

Fin da Dicembre, però, secondo gli attivisti LGBTQI è stato impossibile reagire a quello che, nonostante le dichiarazioni pubbliche, è un cambiamento di testo che va nella direzione di una vera e propria azione discriminatoria nei confronti di una parte della cittadinanza.

Secondo Tamás Dombos, amministratore delegato del gruppo che ha promosso la campagna pubblicitaria, il governo è impegnato da tempo nel tentativo di mettere a tacere la comunità LGBTQI e di impedire la nascita di un serio dibattito interno relativo ai diritti dei suoi membri. 

L’idea di Dombos è che, oltre che sulla retorica anti-immigrati, Orbán si stia concentrando sempre di più su quella anti-gay.

L’argomento, in effetti, è stato toccato dal Primo Ministro ungherese anche in occasione della sua lettera di commiato al  PPE.

Nel salutare il gruppo parlamentare europeo capeggiato da Angela Merkel, da lui giudicato come “un annesso della sinistra europea”, il leader ungherese aveva scritto queste parole:

Ora dobbiamo costruire una destra democratica europea che offra una casa agli europei che non vogliono migranti, che non vogliono multiculturalismo, che non scenda ai livelli della follia Lgbtq, che difenda l’Europa e le tradizioni cristiane e che rispetti la sovranità delle nazioni.

La dichiarata aspirazione europea non è altro che il riflesso dell’impegno attuale di Orbán in patria che, negli ultimi tempi si è solo intensificato.

Il caso dello spot dell’emittente RTL è tutt’altro che isolato. Non molto tempo fa, il 15 Febbraio, il governo ungherese aveva silenziato definitivamente l’ultima radio indipendente del paese, Radio Klubradio.

Tutte queste azioni di censura sono rese possibili da una legge sui media che era stata approvata nel 2010, poco dopo l’insediamento di Orbán. La norma elenca tra gli obiettivi del servizio pubblico radiovisivo “la promozione del rispetto per l’istituzione del matrimonio e dei valori familiari”. 

Il mezzo attraverso cui si sta procedendo alla censura delle idee contrarie a quelle che il governo ritiene appropriate, quindi, c’è sempre stato, ma, secondo gli attivisti LGBTQI fino all’anno scorso non era mai stato usato per silenziare i loro messaggi.

Dovrebbero allarmarci le azioni e le parole di Orbán, leader di un paese dell’Europa nata sulle macerie ideologiche del ‘900.

Da quest’ultime, in particolare, emerge in tutta evidenza che la visione della destra promossa dal primo ministro ungherese è quella che ha come finalità l’eliminazione di tutte le diversità, di tutte le eterogeneità, dalle società. Quella di Orbán , se vogliamo, è la visione di una società che si è già dimostrata impossibile nei fatti. Proprio questa sua caratteristica, però, rende chi persegue questo modello sociale molto pericoloso.

Silvia Andreozzi

 

 

 

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