Ceneo: la transessualità F to M in un antico mito greco

Ceneo

Il mito di Ceneo è uno dei più particolari dell’antichità greca. Esso racconta di una fanciulla, Cenis, e del suo desiderio di mostrare a tutti la propria forza e il proprio valore. Desiderio che gli Dei accontentarono, facendo di lei un eroe.

Figlia di Elato il lapita, di Corono oppure di Atrace, Cenis era una fanciulla di stirpe nobile ma dal carattere singolare. Mentre le giovani sue pari desideravano essere la più bella, la più ammirata, la più amata da mortali e Dei, lei nutriva un desiderio diverso. Voleva essere forte, indomita e libera. Così, quando il dio Poseidone s’innamorò follemente di lei e fu pronto a darle tutto ciò che desiderava, non ebbe dubbi. Se poteva avere qualunque cosa, rispose alla domanda del sovrano dei mari, ciò che voleva era diventare un uomo. Vincolato alla propria parola, Poseidone non ebbe scelta che trasformare subito Cenis in un uomo. Costui sarebbe stato conosciuto col nome di Ceneo.




Ceneo: un guerriero temibile, invulnerabile e arrogante

Poiché la fanciulla era accorta, non chiese al dio di diventare un semplice uomo. Ceneo, infatti, sarebbe dovuto essere dotato di una forza straordinaria e dell’invulnerabilità. Grazie a queste caratteristiche, oltre che alla sua intelligenza, Ceneo si rivelò un condottiero formidabile per i Lapiti, che lo guardavano con una stima sconfinata. Secondo alcune versioni del mito di Giasone e degli Argonauti, fu convocato per partecipare alla spedizione di conquista del vello d’oro per la sua forza. Secondo altre, invece, l’argonauta fu suo figlio Corono, che però finì ucciso da Eracle durante uno scontro.

Di certo, comunque, ben presto i successi militari diedero alla testa a Ceneo, che divenne sempre più arrogante. Gli Dei, che inizialmente lo avevano amato, iniziarono a guardarlo con un certo fastidio. Che si trasformò in vera e propria collera, soprattutto da parte di Zeus, quando il lapita passò il segno. Cosa che accadde quando un giorno pretese che il popolo cominciasse a venerarlo come un dio. Era il momento di punirlo in modo esemplare.

La contesa con i Centauri e la morte

Poiché Ceneo era invulnerabile, però, liberarsi di lui costituiva un’impresa tutt’altro che facile, perfino per gli Dei. Anche perché all’interno del pantheon greco valevano ben precise regole. Ad esempio, Poseidone non poteva, essendosi vincolato con un giuramento, riprendersi il dono fatto a Cenis mutandola in uomo. Né un’altra divinità poteva disfare ciò che il dio aveva fatto.

L’occasione perfetta si presentò durante il matrimonio tra il re lapita Piritoo e Ippodamia, quando scoppiò un’asprissima battaglia tra i Lapiti e i Centauri. Ubriaco, il centauro Euritione aveva infatti cercato di fare violenza alla sposa: un’offesa che i bellicosi guerrieri lapiti erano decisi a lavare col sangue. Nella zuffa tremenda che si accese, Zeus aizzò i Centauri ad accanirsi con particolare foga contro Ceneo. Il guerriero, però, essendo invulnerabile, riuscì a sterminarne parecchi prima di essere sopraffatto. Alla fine, poiché spade, lance e colpi di zoccolo andavano a vuoto, i Centauri sradicarono diversi alberi e lo seppellirono tra i tronchi. Poi lo murandolo vivo sotto la catasta con delle pietre, facendolo soffocare.

La discesa nell’Ade e il funerale

Quando Ceneo spirò, l’indovino Mopso nel bel mezzo della battaglia che continuava vide levarsi dalla catasta un uccello dalle grandi ali fulve. Non somigliava a nessun altro uccello mai visto prima e Mopso inizialmente si stupì molto nel vederlo. Solo in seguito capì che si trattava dell’anima di Ceneo che volava nel regno dei morti.

La lotta fu conclusa a favore dei Lapiti, che avevano mozzato naso e orecchie a Euritione e scacciato i Centauri dalla Tessaglia. Nel disordine generale, si andò in cerca di Ceneo. Qualcuno durante la battaglia aveva visto che i Centauri lo seppellivano sotto la catasta, nella quale i Lapiti scavarono freneticamente per trovare l’eroe. Con loro grande sorpresa, però, sotto i tronchi e le pietre trovarono riversa, al posto del loro condottiero, una fanciulla. Anche se era morta, aveva ancora sul volto il piglio deciso che avevano visto tante volte sul viso di Ceneo in battaglia. Perciò, riconoscendo il prodigio divino, le innalzarono una pira. Dopodiché, celebrarono per lei i rituali e le gare che si usavano alla morte di un eroe, ritenendo che non meritasse nulla di meno.

Valeria Meazza

Exit mobile version