L’Europa è in cerca di una identità : questo è ormai un luogo comune.
Ma guardate la banconote in Euro : rappresentano luoghi, costruzioni, monumenti che non esistono nella realtà.
Simulacri di qualcosa che potrebbe, o dovrebbe esserci, ma invece non esiste.
Che senso può avere ritrarre un monumento…che non c’è?
Può avere un senso disegnare il progetto di una cattedrale, di un ponte, di uno stadio da costruire.
Ma disegnare qualcosa che non si ha intenzione di portare nella realtà : perché?
Un monumento è “ammonimento”, “esempio”, “memoria”.
Che senso ha concepire un monumento che non può essere neanche… sé stesso?
E’ forse l’ammonimento sul rischio di rimanere nel limbo, sul rischio di non decidersi mai ad essere?
Essere o non essere : l’Europa amletica
E’ stato detto: l’Europa non può più permettersi di essere semplicemente uno spazio, ma deve assumere una forma compiuta.
Una forma compiuta può sempre evolversi, cambiare : una forma incompiuta può solo disgregarsi.
Insomma : l’Europa è un nonluogo, e deve decidersi a diventare un Luogo.
Una casa. Una casa per tutti i suoi abitanti, ed anche per i suoi ospiti benintenzionati (come i profughi delle guerre che la Vecchia Europa, che ancora non vuole estinguersi, ha sulla coscienza).
Si è detto : l’Europa ha incarnato nel dopoguerra lo spirito dei tempi.
Uno spazio in cui scorressero i flussi di merci, idee, linguaggi, persone, liberi vettori della globalizzazione.
Interpreti della modernità liquida, e cosmopolita.
E’ vero, ed è bene che sia così: non altrimenti potrebbe darsi l’Europa.
Sempre se parliamo di una Europa delle libertà, naturalmente.
Ma la modernità liquida ha condotta a lungo andare a una nuova configurazione della vita, a un nuovo assetto dei poteri.
Un assetto che corrisponde alle convenienze del capitalismo finanziario, in cui pochi si fanno forti della libertà irrefrenabile dei capitali (e delle merci), al contrario di quella delle persone e delle idee.
Perché il mondo di oggi, l’Europa di oggi, è prima di tutto lo spazio in cui corrono liberamente i flussi : di capitali.
Nessuno protesta mai tanto per l’arrivo di capitali da (presunti) investitori stranieri : ma si protesta per l’arrivo di persone, qualche volta di merci, tante volte di idee.
La follia dell’Europa
L’Europa umanistica è diventata antiumanistica e tecnocratica. Una Europa schizofrenica. Una non-Europa.
Ci sono eccezioni : e d’altra parte sono le dittature, di solito, ad opporsi all’apertura dei mercati e quindi all’arrivo di capitali privati – perché solo così possono mantenere il dominio su di un territorio.
Insomma, la libertà dei capitali è un bene, perché il capitalismo è stato un alleato molte volte della democrazia e delle società aperte.
Ma quando il potere, la sovranità : non è più delle persone, quindi dei cittadini, ma dei capitali (quindi dei capitalisti) la democrazia deperisce e muore.
In definitiva, il mondo in cui viviamo, lo spazio dominato dal libero scorrimento dei capitali, corrisponde a un mondo dominato dalla pirateria.
Lo scorrimento dei capitali è equivalente alle scorrerie dei pirati o dei predoni.
L’era del capitalismo sfrenato corrisponde ad un’epoca premoderna, in cui il diritto passa in secondo piano.
Questo, per dire che se l’Europa si fa interpreta della modernità liquida, questo è bene : perché entro certi limiti è inevitabile.
La modernità è liquida (in realtà, non può darsi una modernità che non lo sia, che non sia dinamismo, che non sia fluidità).
Governabilità e democrazia
Ma la liquidità, la instabilità, la mutevolezza, vanno governate : questa è la buona governabilità.
La governabilità che deriva dal termine greco che designa il timoniere, colui che governa e indirizza la nave in mezzo ai flutti.
E il timoniere sa che ogni tanto dovrà toccare terra : e il timoniere pensa sempre alla sua terra, alla terra.
Siamo esseri anfibi, sospesi fra nostalgia delle radici e desiderio d’avventura.
Siamo anfibi, e non pesci (direbbe Lovecraft).
L’Europa fra Terra e Mare
Per la storia e la coscienza dell’Europa, il mare, l’acqua sono stati tanto un invito all’avventura quanto il simbolo della perdita di memoria e di coscienza.
La nave dei folli portava i propri passeggeri in giro per il mondo : a ricordare che un altro modo di pensare è possibile, che la ragione non è tutto, se il pensiero si inaridisce.
Oggi i barconi portano i disperati del mondo alle nostre rive : profughi come Europa, la principessa fenicia rapita da Zeus in forma di Toro, deportata da Oriente a Occidente.
Portava con sé, dopo tutto, la civiltà : e la propria malinconia.
Come i profughi portano con sé tante energie giovani e tanta preoccupazioni, per l’anziana Europa che non sa se accoglierli.
La modernità liquida fra avventura e naufragio
Ofelia, sconvolta dalla vera-finta follia di Amleto, perde la ragione e si lascia annegare. La sua mente è come se si sciogliesse e perdesse la forma : da solida a liquida.
L’identità perde i propri riferimenti e si disperde nel caos. L’acqua simboleggia questo, contrapposta al continente (che si contiene).
Ulisse, l’eroe della nostra cultura, viaggiava, viaggiava.
Pochi se lo ricordano : ma viaggiava per tornare a casa.
La sua era una nostalgia, un desiderio lancinante della casa (algos tou nostou, sofferto desiderio di ritorno).
Poi, e questo se lo ricordano ancora di meno, una volta tornato e ripreso possesso di Itaca, Ulisse sarebbe dovuto ripartire : per l’Occidente più remoto e inesplorato.
Per cui Dante ebbe agio di immaginarselo metter ali al folle volo, e spingersi nell’Oceano, oltre ogni barriera.
Ma prima, Ulisse era dovuto, finalmente, tornare a casa dai suoi affetti, dagli eredi, dal padre, dalla compagna.
L’ultima frontiera dell’Europa è là fuori
Forse l’ultimo cantore di Ulisse e della grande classicità, nei temi e nello stile, è stato Derek Walcott, lo scrittore caraibico, erede di più razze e più culture, che ha celebrato l’eroe del viaggio in cerca di una patria col suo Omeros (che gli valse il Nobel). Walcott ci ha lasciati questa settimana.
L’Europa è cosmopolita o non è, o quantomeno non è democratica libera e prospera.
Ma l’Europa deve essere prima di tutto la casa dei propri cittadini.
Come orgogliosamente dichiaravano gli abitanti (gli abitanti liberi e solo loro, ovviamente) dell’Impero Romano: civis romanus sum.
E quello Romano era un Impero, in cui la solidità delle strutture, della cultura, del diritto, e degli edifici – quindi la terrestrialità per così dire – si sposava alla componente marittima e fluida.
Perché l’Impero Romano viveva dei commerci nel Mediterraneo che unificavano le sue diverse regioni, e lungo le cui rive si estendeva la legge romana.
Terra e Mare si incontravano e fondevano. Culture diverse convivevano.
Il diritto e l’economia si equilibravano e contemperavano.
La Dichiarazione di Roma
L’Europa deve gestire la globalizzazione.
Questo intento sembra che verrà proclamato ufficialmente dai 27 in occasione della Dichiarazione di oggi, al culmine delle celebrazioni per i 60 anni dei Trattati di Roma, fondativi della Comunità Europea.
Le celebrazioni con la firma dei 27 capi di Stato e di governo si terranno al Campidoglio, nella Sala degli Orazi e dei Curiazi . Questo per ricordare un altro mito che sottolinea l’importanza dell’unione come base per la pace e la prosperità.
Speriamo che questo ritorno a Roma, per l’Europa sia come un ritorno a casa.
L’approdo alla tanto agognata Itaca : per poi di nuovo ripartire all’avventura.
ALESSIO ESPOSITO