Il Cavallo di Troia in realtà era un Hippos

Il famoso Cavallo di Troia in realtà non era un cavallo.

Immaginate di trovarvi a casa, belli e rilassati, con un libro in mano.

Ad un tratto leggete una frase che vi fa dubitare di quello che i libri di storia e di epica vi hanno fatto credere fino ad ora. Decidete di fare delle ricerche approfondite, grazie alle quali riuscite a capire come sono andare realmente le cose. Questo è quello che è successo ad un ragazzo italiano.

Cavallo di Troia

Francesco Tiboni è un archeologo subacqueo di 39 anni, nato e cresciuto a Vobarno, in provincia di Brescia. Da tre anni è ricercatore presso l’università di Aix en Provence.

Il lampo di genio gli venne una sera in cui Francesco si trovava a leggere un testo di Pausania, scrittore greco del secondo secolo dopo Cristo. Si trovò a leggere la seguente frase:

«Che quello realizzato da Epeo fosse un marchingegno per abbattere le mura e non un cavallo, lo sa bene chiunque non voglia attribuire ai Frigi un’assoluta dabbenaggine. Tuttavia, la leggenda ci dice che è un cavallo»

Ecco che arrivano i dubbi.

Francesco Tiboni è un archeologo marino, conosce molto bene le navi antiche.

Che si tratti di un Hippos, un’antica nave fenicia?

Alcuni studiosi nell’ottocento avevano accostato il Cavallo di Troia ad una nave sacra.

Il passo in più compiuto da Tiboni è quello di dare un nome alla nave, Hippos, e di dimostrare che Omero, nei suoi testi non aveva mai fatto riferimento a cavalli.

Omero non cita l’episodio del Cavallo nell’Iliade e lo fa solo marginalmente nell’Odissea. Chi si dilunga nei dettagli è invece Virgilio nell’Eneide. In mezzo c’è qualche secolo.

L’unico interesse di Tiboni è il cavallo. Analizza i testi di Omero e Virgilio accostandoli alle nozioni di tecnologia navale.

Così la pancia del cavallo diventa una stiva, le ruote e le funi utilizzate per tirare il cavallo all’interno delle mura, assomigliano al modo in cui un tempo le navi mercantili venivano tratte a riva utilizzando la forza.

Ecco che il cavallo si trasforma in un Hippos.

«Una nave che cadde in disuso nei secoli successivi – spiega Tiboni – e chi tradusse in seguito non ne era proprio a conoscenza dell’esistenza. Ma Omero, nei suoi versi, è invece preciso nel suo linguaggio marinaresco».

Inizialmente non è stato facile superare lo scetticismo degli addetti ai lavori, a dopo mesi di ricerca è riuscito a convincerli della sua tesi.

Tiboni confessa di aver trovato maggiore diffidenza tra i giovani ricercatori, mentre ha trovato maggiore appoggio nei ricercatori più anziani.

Allora i soldati dove si erano nascosti, se non nella pancia del cavallo?

La pancia del cavallo, in realtà è la stiva della nave.

L’intenzione di Tiboni è quella di raccontare la vera storia del Cavallo di Troia attraverso un libro.

Intanto, la tesi del cavallo che in realtà era una nave, verrà illustrata in modo divulgativo sul prossimo numero di «Archeologia Viva» e in modo scientifico e dettagliato nell’edizione estiva di «Archeologia marittima mediterranea. An International Journal of Nautical Archeology».

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