Cathy La Torre dopo aver annunciato di considerare la candidatura a sindaca di Bologna è stata oggetto di vari attacchi. Primo fra tutti l’odio social, rispetto cui dice di essersi stupita “non tanto per gli insulti, che sono sempre gli stessi, ma per il fatto che pagine politiche, da CasaPound all’estrema sinistra, sostenessero che la candidatura di una donna come me – lesbica, gender fluid e non binary – fosse impensabile. Alla fine la prima persona transgender a ricoprire una carica elettiva è stata proprio a Bologna nel ’95. Quindi siamo regrediti”. A scagliarsi contro lei anche Selvaggia Lucarelli su Tpi, criticando duramente l’iniziativa di cui La Torre è fondatrice – #Odiareticosta – e sostenendo che gli ultimi anni di attività servissero ad accumulare popolarità per l’ascesa politica.
Cathy La Torre ha risposto ad Ultima Voce per spiegare le sue posizioni sulle questioni sollevate attorno al suo personaggio negli ultimi giorni.
Dalla fondazione di #Odiareticosta fino al sostegno alla legge contro l’omofobia, Cathy La Torre si è spesso sentita dire che il suo lavoro lede la libertà di espressione. “Le persone si spaventano perché non conoscono la differenza tra offesa e libertà di espressione, o perché parlano un linguaggio che è al confine tra le due cose”. A chi, come fece Riccardo dal Ferro e come fa ora la Lucarelli, solleva perplessità perché i sentimenti non possono essere un reato, La Torre risponde: “Se dico di disapprovare le unioni civili, sono nell’ambito della critica e quindi della libertà di espressione. Ma se scrivo che i gay devono morire, allora è incitamento all’odio e per la legge non esiste un diritto di odio.” Questo secondo caso è quello che interessa ad Odiareticosta. Le differenze di linguaggio permettono di differenziare le cose:“Per esempio qualcuno a volte ci scrive “questa persona mi ha detto stupidina” io consiglio sempre di fare presente che ci si è offesi ma sconsiglio di intraprendere un’azione legale. Magari se vai davanti ad un giudice può ritenerla un’offesa e condannare, ma io sono la prima a dirti di finirla lì. Una cosa del genere uno se la prende una volta nella vita. Quello con cui abbiamo a che fare di solito sono invece offese gravi”. Quando le parole vanno oltre bisogna far valere la legge e il diritto: “non posso credere che gli intellettuali vogliano davvero battersi per la libertà di dire a qualcuno che è brutto e grasso“.
Nell’ultimo anno La Torre si è occupata soprattutto di casi di grande interesse mediatico. “Mi sono occupata soprattutto di casi noti, e non di persone note. E’ diverso. Il caso noto è quello legato alla cronaca ma che a volte coinvolge anche dei signor nessuno”. Uno degli ultimi presi in carica è quello di Aboubakar Soumahoro che citerà Salvini per aver manipolato un suo discorso sul web.“I casi noti sanciscono, o inventano, o cristallizzano un diritto, mi interessa questo. Sono diritti di cui poi potrà usufruire anche Selvaggia Lucarelli.“
La candidatura per Bologna è ancora vincolata a tante cose.“Fare politica non è solo un desiderio personale, dipende da altro: lo vogliono le persone? Verrà organizzata una coalizione? Il partito farà delle primarie?“.
Dopo un’esperienza nell’amministrazione comunale – “mi sembra passata un’era geologica ma sono solo 5 anni” – Cathy La Torre prende in considerazione di tornare a fare politica nei palazzi. Mentre la Lucarelli giudica la volontà di rientrare nelle istituzioni come una segno di corruzione morale, come l’episodio che getta una definitiva luce buia sul personaggio di paladina dei discriminati, La Torre invece ne va fiera. “Ho sempre fatto politica, da quando ho 18 anni. Politica è fare scelte di vita: come mangi, come ti vesti, dove compri. Mi accusano di fare politica fin troppo nel mio lavoro. Ma per me è impensabile assistere una vittima di discriminazione senza far politica.”
La situazione di Bologna nello specifico attira l’attenzione di La Torre:“A prescindere da me, dopo 10 anni di stessa amministrazione c’è bisogno di ascoltare i cittadini”. Si tratta di una città che ha visto nascere il movimento delle sardine l’anno scorso, ma che ha visto anche la Lega sfiorare una vittoria regionale. “Bologna fa parte di una Nazione che si è spostata a destra, non è un’isola felice. Sicuramente ha una storia che le dà degli anticorpi più resistenti, ma non infiniti. Quando fai un vaccino devi fare dei richiami. Per esempio c’è una situazione di emergenza abitativa per molte persone, che quindi iniziano a dire “ah ma perché i marocchini hanno la casa e noi no” però magari non sanno che quel marocchino è a tutti gli effetti italiano. La soluzione non è fuori il marocchino e “prima gli italiani” ,ma più case per tutti. Quando arrivano i soldi del Recovery Fund dovremmo tenerlo presente.”
Cathy La Torre rientra nella categoria dei cosiddetti “influencer politici”, ossia di coloro che usano i social per diffondere contenuti che hanno un messaggio politico ben specifico.
La categoria è sempre più in espansione, ed è tra le cose da considerare quando si parla del rapporto tra social e politica. Non sono infatti solo i leader di partito ad utilizzare i social per scopi elettorali, ma anche diversi professionisti dell’informazione e della comunicazione si sono specializzati ormai nella diffusione di contenuti politicamente schierati. Succede a destra e forse sta iniziando a succedere anche a sinistra. Su questa scia la Lucarelli parla di una “bestiolina“, facendo anche nomi ben precisi – Tosa, Mola, Del Prete e La Torre – che cerca di ribaltare la macchina propagandistica di Salvini.
C’è un limite però tra usare i social per fare politica ed essere dei populisti: “Finché si usano i social per raccontare delle storie positive, o fare analisi un po’ più approfondite su questioni che magari sono state distorte, non si sta facendo niente di male”. Ciò che distingue La Torre dagli altri influencer politici è soprattutto il focus su questioni giuridiche, vicine al suo lavoro di avvocato. Si tratta spesso di contenuti comunque appassionati, che cercano di sollevare nel lettore determinati sentimenti. “Magari queste persone potrebbero iniziare a fare rete, ad organizzarsi come fa la Bestia, che usa strumenti – algoritmi ecc – che noi non conosciamo nemmeno”.
A questo proposito, La Torre invita la Lucarelli a proporre: “Oltre al pezzo di critica fine a sé stesso, che uno lo legge e poi si rompe anche un po’ le scatole, qual è la proposta? Facciamola!”.
“Se la critica che ci viene mossa è di scrivere tutti con la stessa retorica – ha spiegato parlando della “bestiolina” – dobbiamo considerare che siamo seguiti. Evidentemente quindi la gente ha bisogno di questo.” Post di Facebook basati su amore e compassione non sono populismo, perché “il populismo non è semplicemente i sentimenti invece della razionalità. Populismo significa che tu senti una cosa, non la verifichi e la diffondi in modo distorto.”
“Io racconto sempre ai miei amici di un vecchietto del mio paese, dove ero con mio padre, che iniziò a dire le solite cose sui migranti: hanno il telefono, i 30 euro al giorno. Questo è lo stereotipo populista, non verificato.” Finché si fa un lavoro che si attiene alla verità, basato su un’analisi e supportato da prove, allora dice La Torre “io non ci vedo questa grande tragedia, che poi l’amore non è mai populista.”
Marika Moreschi