In una fredda notte del 1711, nella piccola città olandese di Nijkerk, una donna lottava per la sua vita e quella del suo nascituro, mentre il destino sembrava già segnato. Ma ciò che accadde in quelle ore di angoscia, grazie alla levatrice Catharina Schrader, avrebbe dimostrato che l’esperienza e la determinazione possono sconfiggere anche le circostanze più disperate.
Nel mese di febbraio del 1711, nella città olandese di Nijkerk, si verificò un evento medico decisamente curioso. Una donna si trovava in una condizione di travaglio prolungato e doloroso, senza alcun segno di progresso nel parto. La situazione era diventata così critica che si rendeva necessaria l’assistenza di un medico esperto. In risposta a questa emergenza, fu chiamato il dottor Van der Berrg, un rinomato medico dell’epoca, noto per i suoi servizi costosi e altamente specializzati.
La diagnosi del dottor Van der Berrg, pronunciata con un tono di drammaticità, gettò un’ombra di disperazione sull’intera situazione. Egli stabilì che il bambino era già deceduto nel grembo materno e, purtroppo, vi erano poche speranze che la madre sopravvivesse a questa travagliata esperienza. La soluzione drastica proposta dal medico consisteva nell’asportare gambe e braccia al feto defunto al fine di facilitare l’estrazione.
Tuttavia, prima di procedere con tale operazione estrema, si ritenne opportuno consultare una levatrice esperta, la signora Catharina Schrader, che vantava una notevole esperienza nel campo dell’ostetricia. La signora Schrader, nella sua narrazione delle circostanze, ricordò chiaramente il momento in cui arrivò presso la dimora della donna in travaglio. Il marito e le amiche erano immersi nella disperazione, mentre la madre si trovava in uno stato di estrema debolezza. Dopo un attento esame della situazione, la levatrice concepì l’idea che fosse possibile salvare la vita della madre, la quale versava in condizioni di grande esaurimento.
La signora Schrader decise quindi di adottare un approccio diverso e più compassionevole. Prima di tutto, fece distendere la madre su un letto confortevole e le somministrò un infuso contenente un rimedio che avrebbe potuto alleviare le sue sofferenze. Inoltre, decise di congedare le vicine, che erano state testimoni della tragica situazione, affinché la donna potesse riposare e riguadagnare un minimo di forza.
Dopo un’ora, la madre mostrò segni di recupero e la levatrice richiamò le vicine. Preparò attentamente la donna per il prosieguo del travaglio. In questo momento cruciale, il dottor Van der Berrg si unì alla levatrice e si sedette accanto a lei, evidentemente ansioso di assistere all’operazione. La signora Schrader, con grande abilità e determinazione, riuscì a guidare la bambina attraverso il canale del parto, compiendo un miracolo in meno di un quarto d’ora. La piccola creatura venne consegnata tra le mani della levatrice, che, con una punta di sarcasmo, rivolse al dottore un commento pungente:
“Ecco il tuo feto morto”.
Questo commento acuto della levatrice era motivato non solo dalla sua abilità nel salvare la madre e il neonato, ma anche dalla consapevolezza del grave errore commesso dal dottor Van der Berrg. Inoltre, il medico aveva audacemente richiesto un compenso di 100 fiorini per i suoi servizi, una somma che superava di gran lunga il compenso solitamente previsto per una levatrice in quel periodo, che era di circa 5 fiorini. Questa richiesta esorbitante provocò indignazione e indignazione tra coloro che erano stati testimoni dell’abilità e della dedizione della signora Schrader.
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Fortunatamente, la storia ebbe un lieto fine, poiché sia la madre che la bambina sopravvissero senza alcun problema dopo questa straordinaria esperienza. Questo evento storico, sebbene intriso di dramma e tensione, sottolinea l’importanza dell’esperienza e della competenza delle levatrici nell’assistenza alle donne in travaglio, oltre a mettere in luce la necessità di una pratica medica etica e responsabile.