Cosa sono i cassonetti intelligenti e perché dovremmo preferirli a quelli “stupidi”

A prima vista, i cassonetti intelligenti sono più o meno uguali a quelli che conosciamo. Con la differenza che sono robotizzati, anche se non sempre nello stesso modo. Il loro comun denominatore consiste nel riuscire a identificare volume, peso, temperatura e umidità dei rifiuti depositati. Tramite sensori, questi dati arrivano direttamente all’agenzia deputata allo smaltimento, che così sa quando è il momento opportuno di andare a svuotarli.

Come si fa a interagire con i cassonetti intelligenti?

Nelle città italiane in cui sono entrati in vigore, spesso a livello sperimentale, ci sono cassonetti intelligenti che si aprono grazie a una card smart, oppure con un’app, oppure ancora con una chiavetta Usb.
I Comuni che finora hanno appoggiato questa innovativa soluzione hanno sempre fornito ai cittadini quanto serve: card e/o chiavetta, opportune istruzioni d’uso, tutorial, e dimostrazioni dal vivo.

Tra equa ripartizione dei costi e business

Lo scopo ultimo dei cassonetti intelligenti è consentire di far pagare una Tari che corrisponda all’effettiva produzione di rifiuti.
Le card smart o chiavette Usb permettono di tracciare chi ha messo plastica, vetro, secco, umido nei cassonetti. Nonché di avere una banca dati puntuale su cosa mangiamo, beviamo, perfino su che rotoli di carta igienica utilizziamo. Alcuni cassonetti, addirittura, sono tele-sorvegliati.
Nulla di nuovo sotto il sole, tutto sommato.
cassonetti intelligenti



I cassonetti intelligenti stanno già diventando una realtà

In alcune Regioni italiane, come Piemonte, Lombardia, Toscana, Emilia Romagna, Lazio e Veneto, la sperimentazione è già attiva.
A Rimini funzionano grazie a una “chiavetta trasponder”, che va appoggiata sul display elettronico dei cassonetti intelligenti. Nel modenese si utilizza invece una tessera magnetica. A Roma una green card, a Torino una smart card. A Milano si sta progettando, addirittura, di rendere “intelligenti” anche i cestini del centro cittadino.

Tra pro e contro l’esperimento a Verona

Con un progetto che sta coinvolgendo oltre 20.000 residenti nella parte est, Verona si è rivelata una delle città più all’avanguardia sui cassonetti intelligenti. Secondo Amia, azienda preposta alla raccolta e smaltimento rifiuti, in quattro mesi si è registrato un miglioramento significativo: dal 40,57 al 71,5% sulla differenziata.
«Una sfida vinta, all’insegna della tutela ambientale, del decoro, della tecnologia e dell’efficientamento del servizio» ha dichiarato il sindaco veronese Federico Sboarina.
Ciò nonostante, a San Michele Extra (Verona) accanto ai cassonetti intelligenti vengono spesso trovati cumuli di spazzatura. “Bene i cassonetti intelligenti, ma i rifiuti restano in strada”, titolava un articolo comparso sul quotidiano L’Arena il 19 agosto 2020.
Stessa cosa era accaduta due anni fa, a Grosseto.

Alcuni sacrosanti dubbi

L’idea dei cassonetti intelligenti potrebbe essere un gran passo avanti per il miglioramento della raccolta differenziata. Tuttavia, come sempre accade con un’innovazione rivoluzionaria, c’è bisogno di tempo perché attecchisca. Esempio: dire a un anziano che deve avere una card smart, o app, o chiavetta per buttare la spazzatura, potrebbe far sì che si butti prima lui dal balcone.
Senza contare che molte persone, anche se non ancora anziane, sono refrattarie alla tecnologia. In qualunque veste gliela si proponga.
Mentre si continua a dire – ormai mi sa una sorta di intercalare – “Non lasciamo indietro nessuno…”.

Claudia Maschio

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