Una famiglia è tale anche in mancanza di convivenza tra le due persone coinvolte

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La convivenza è un «legame affettivo stabile e duraturo» tra due individui che «abbiano spontaneamente e volontariamente assunto reciproci impegni di assistenza morale e materiale» anche in mancanza di «coabitazione» della coppia. A mettere nero su carta questa dichiarazione è stata la Cassazione che ha rovesciato una sentenza della Corte d’Appello di Milano.

L’antefatto

Una donna ha perso il suo compagno a causa di un incidente sul lavoro nel 2007: era precipitato nel vano ascensore dell’Albergo Funicolare Miralago (in provincia di Como), che in quel periodo era in fase di ristrutturazione. Nel 2009 la donna ha dato inizio ad una causa per ottenere un risarcimento danni da parte “del proprietario della struttura, dell’appaltatore, del responsabile dei lavori, del progettista e direttore dei lavori“.

Ma la richiesta della donna non venne accolta, anzi fu respinta dal Tribunale di Como, a causa dell’assenza di prove reali del rapporto di convivenza tra lei e il defunto, che aveva residenza in un comune diverso rispetto a quello della donna.

E tale decisione fu confermata anche dalla Corte d’Appello di Milano, che però non negava la presenza di

“un rapporto affettivo e una relazione di coppia, ma non un legame caratterizzato da quella stabilità e continuità che legittimano il convivente di fatto ad agire per i danni da perdita del rapporto affettivo ed eventualmente per i danni patrimoniali conseguenti alla morte del convivente”.




La sentenza della Cassazione: “è famiglia anche senza convivenza sotto lo stesso tetto”

E proprio qui entra in scena la Cassazione, che, a distanza di oltre dieci anni dalla morte del compagno della donna, ha di fatto capovolto le sentenze del Tribunale di Como e della Corte d’Appello di Milano, stabilendo che una famiglia è tale anche senza la convivenza sotto lo stesso tetto delle persone che la compongono. Ciò significa che, anche se due persone non ‘coabitano’ nella stessa casa, sono comunque una coppia se a legarli c’è un rapporto affettivo e la volontà di prendersi cura l’uno dell’altra dal punto di vista morale e materiale.

La Cassazione ritiene errata la decisione presa dai giudici milanesi, in quanto nella società odierna una famiglia di fatto si ritrova spesso a non vivere in un unico luogo a causa di diversi motivi: lavorativi, economici, assistenziali ecc.

Difatti, ormai sono tantissime le persone che per raggiungere il proprio posto di lavoro si spostano dalla propria provincia di residenza ad un’altra, cambiando anche regione, o in alcuni casi anche nazione. Inoltre c’è chi mantiene una residenza diversa dal proprio compagno (o dalla propria compagna) per motivi fiscali; oppure chi deve assistere i propri genitori e preferisce stare con loro per aiutarli; o chi vive con la famiglia d’origine perché non ancora indipendente dal punto di vista economico.

I giudici della Cassazione hanno anche fatto una precisazione sulla legge 76/16, (Legge Cirinnà) che regola le convivenze. Diversi Comuni ritengono “conviventi di fatto” solamenti quanti in possesso di residenza anagrafica e presenti sullo stesso stato di famiglia. Ma questa convinzione è sbagliata a causa di un’idea ‘viziata’ di convivenza: una famiglia è tale anche senza la convivenza sotto lo stesso tetto:

«può esistere una famiglia di fatto o una stabile convivenza, intesa come comunanza di vita e di affetti, in un luogo diverso rispetto a quello in cui uno dei due conviventi lavori o debba, per suoi impegni di cura e assistenza, o per suoi interessi personali o patrimoniali, trascorrere gran parte della settimana o del mese, senza che per questo venga meno la famiglia».




Convivenza e coabitazione: non sono la stessa cosa

Il vivere sotto lo stesso tetto non è sintomo di effettiva convivenza: se due persone abitano insieme, ma non c’è nessun legame tra di loro non sono né conviventi; né compagni, né coniugi, ma semplici coinquilini. La convivenza non è coabitazione, ma è molto di più anche se non c’è un documento firmato da un ufficiale a sancire il legame tra le due persone in questione. Senza contare che ci sono coppie sposate che vivono sotto lo stesso tetto, ma non dormono nello stesso letto.

Difatti, la Cassazione definisce la convivenza come

«stabile legame tra due persone connotato da duratura e significativa comunanza di vita e di affetti, anche quando non sia contraddistinto da coabitazione; è necessario prendere atto del mutato assetto della società, collegato alle conseguenze di una prolungata crisi economica ma non originato soltanto da queste in cui il fattore coabitazione è destinato ad assumere ormai un rilievo recessivo rispetto al passato».

Dunque la richiesta di risarcimento per «danno da morte del convivente» fatta dalla vedova è legittima e deve essere accolta. Anche se lei e il compagno non trascorrevano assieme molto tempo nella stessa abitazione, i due avevano un conto corrente cointestato e sul calendario dell’abitazione della donna il compagno annotava i giorni lavorativi e le buste paga; dunque i due condividevano non solo un legame d’affetto ma anche il bilancio e l’andamento economico della loro famiglia.




Convivenza more uxorio

Perciò, per stabilire l’effettiva presenza di una convivenza more uxorio (letteralmente, “vivere come sposi”; «quel rapporto affettivo che lega due persone in comunione di vita, senza il vincolo del matrimonio»), i criteri da considerare includono: la presenza di un conto corrente cointestato; il contributo di entrambi i conviventi alle spese familiari; la reciproca assistenza; il proposito di vita comune e anche la coabitazione. Tali criteri vanno presi tutti in esame, non l’uno ad esclusione dell’altro.

Infine, la Cassazione ha inoltre specificato che i cambiamenti avvenuti nella società hanno contribuito all’effettiva realizzazione di relazioni a distanza, grazie a sistemi di trasporto più veloci e a sistemi di comunicazione telefonica e video che permettono di tenersi in contatto molto più facilmente. Certo, i rapporti a distanza non sono semplici, ma neanche impossibili.

La sentenza della Cassazione può essere letta in versione integrale al seguente link:

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 22 novembre 2017 – 13 aprile 2018, n. 9178

Carmen Morello

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