La Corte di Cassazione ha emesso la conferma una sentenza storica, già conosciuta, sul caso del rimorchiatore Asso Ventotto, riaffermando la condanna del capitano per “abbandono in stato di pericolo” e “sbarco arbitrario” in Libia nel 2018. Questo verdetto finale sulla sentenza Asso Ventotto potrebbe stravolgere le dinamiche dei soccorsi nel Mediterraneo e minare le politiche governative e le norme sul soccorso delle ONG. Si sta aprendo così un intero panorama di possibili decisione e conseguenze per i soccorsi marittimi e le organizzazioni umanitarie.
Crollo delle giustificazioni per respingimenti: la Cassazione conferma la sentenza Asso Ventotto
Confermata la condanna al capitano per abbandono in stato di pericolo e sbarco arbitrario in Libia. Con la sentenza Asso Ventotto la Corte di Cassazione apre scenari incerti.
La Corte di Cassazione ha emesso una sentenza storica sul caso del rimorchiatore Asso Ventotto, confermando la condanna del capitano per “abbandono in stato di pericolo di persone minori o incapaci” e “sbarco e abbandono arbitrario di persone” avvenuti nel 2018, quando la nave soccorse 101 naufraghi e li riportò in Libia. La decisione finale sulla sentenza Asso ventotto potrebbe avere conseguenze significative per i soccorsi operati dalle navi private e minare alcune basi delle politiche governative e delle norme sul soccorso delle ONG.
Come anche si ricordava qualche anno fa, a partecipare alla conferma di questa sentenza sono state anche le intercettazioni delle guardie costiere di Tripoli, capitale della Libia. Già dal 2018, quando il processo aveva un’accusa e un inizio, si indagava per un potenziale respingimento verso un paese non ritenuto sicuro da un punto di vista dei diritti umani.
Porti libici non sicuri: implicazioni per i respingimenti
Il riconoscimento da parte della sentenza Asso Ventosso sulla Libia come “non luogo sicuro” solleva interrogativi sulle pratiche di respingimento e potrebbe influenzare procedimenti giudiziari in corso.
La sentenza Asso Ventotto conferma che la Libia non può essere considerata un luogo sicuro di sbarco, affermando che consegnare i migranti alle autorità libiche costituisce un atto di respingimento collettivo, vietato dal diritto internazionale e nazionale. Questa decisione potrebbe aprire la strada a una serie di ricorsi, in particolare da parte delle ONG bloccate sulle coste italiane ai sensi del decreto Piantedosi.
Secondo la sentenza Asse ventotto infatti, la guardia libica costiera non può controllare alcuna forma di spostamento o soccorso, proprio a causa delle gravi lesioni di diritti umani e di incapacità di tutela che ha dimostrato in passato. I ricorsi delle varie ONG, tra le quali Mediterranea Saving Humans, non saranno soltanto quelle nei confronti del decreto Piantedosi, ma anche verso il memorandum Italia-Libia di recente data.
Ripercussioni sulle ONG: azioni legali e critiche al governo
Le ONG annunciano azioni legali contro il governo e il memorandum Italia-Libia in luce della sentenza, minando alcune politiche governative.
La sentenza potrebbe influenzare le attività delle ONG e le politiche governative in merito ai respingimenti. Organizzazioni umanitarie annunciano azioni legali contro il governo e il memorandum Italia-Libia, cercando di contestare le politiche che considerano in contrasto con il diritto internazionale e la protezione dei diritti umani.
Tra le tante voci contrarie al governo e in procinto di adire il tribunale, c’è anche quella di Luca Casarini, che parla per Mediterranea. Questa ONG, tra l’altro, è al centro di un processo proprio per aver salvato dei migranti: ora vuole proporre, insieme alla sottoscrizione dei cittadini italiani, una richiesta di responsabilità dei crimini internazionali.
Estensione a navi straniere: necessità di chiarimenti
I principi della sentenza Asso Ventotto potrebbero applicarsi anche alle navi straniere, ma sono richieste precisazioni.
La Cassazione riconosce la giurisdizione dello Stato di bandiera in acque internazionali. Tuttavia, sono necessarie precisazioni per capire come i principi della sentenza possano applicarsi alle navi non italiane coinvolte in operazioni di soccorso nel Mediterraneo.
Obblighi del comandante: raccomandazioni e discrezionalità
Il comandante non è obbligato a contattare il centro di soccorso prima del salvataggio, ma deve informare le persone in pericolo o il centro.
La sentenza asso ventotto chiarisce che, secondo la Convenzione internazionale per la salvaguardia della vita umana in mare (Solas), il comandante non ha un obbligo imperativo di contattare il centro di soccorso prima del salvataggio, ma deve informare le persone in pericolo o il centro, se possibile entrambi. L’articolo 33 della Solas fornisce una discrezionalità al comandante, commisurata alla situazione.
Esenzione per il comandante: responsabilità della compagnia armatrice e delle autorità di bandiera
Seguire istruzioni del proprio Stato di bandiera esente da responsabilità penali; responsabilità della compagnia armatrice sottolineata.
La Corte nella sentenza asso Ventotto sottolinea che il comandante, pur indubbiamente responsabile del proprio comportamento, può essere un capro espiatorio per responsabilità che coinvolgono anche la compagnia armatrice e le autorità di bandiera. Seguire istruzioni del proprio Stato di bandiera, se non in contrasto con il proprio ordinamento, esonera da responsabilità penali.
Azioni legali delle ONG: risonanza della sentenza
La sentenza rende definitiva la condanna del comandante, portando le ONG a considerare azioni legali contro il governo.
La condanna definitiva con la storica sentenza Asso ventotto del comandante del rimorchiatore Asso Ventotto potrebbe avere riflessi importanti sui procedimenti giudiziari in corso. Le ONG, alla luce di questa sentenza, valutano azioni legali contro il governo in relazione al memorandum Italia-Libia e alle politiche governative sui respingimenti.
Stanno venendo quindi a galla tutti i crimini, tra cui le gravissime omissioni di soccorso, di cui l’Italia meloniana si sta macchiando. Con la sentenza Asso ventotto si dichiara quindi la collaborazione evidente con le istituzioni libiche, tanto nelle immigrazioni via mare, quanto nei centri di detenzioni per migranti.