Il doppiopesismo secondo il mondo dello sport
Ci risiamo, il vittimismo di guerra riaffiora ancora una volta nel panorama dei social e dell’opinione pubblica, questa volta soprattutto nel mondo dello sport. È di pochi giorni fa, infatti, la protesta del calciatore egiziano Mohamed Aboutreika. La leggenda del calcio egiziano ha condannato le misure adottate dalla Fifa in merito alla guerra in Ucraina. Aboutreika ha sottolineato che la decisione da parte dell’organo calcistico internazionale è fondamentalmente immorale. Il divieto di partecipazione di squadre russe a tutti i tornei avrebbe dovuto essere accompagnata da un intervento anche nei confronti delle squadre israeliane. Pertanto, la cassa di risonanza della guerra in Ucraina ha suscitato in molti indignazione e stupore. Eppure, la condanna del calciatore egiziano è tanto corretta quanto superficiale e priva di ogni assunto morale, nonché meramente opportunista.
Ognuno porta acqua al suo mulino e, di conseguenza, una domanda sorge spontanea: come si comporterebbe Aboutreika se le sanzioni fossero destinate unicamente alle squadre israeliane e non a quelle russe? Condannerebbe le misure adottate dalla Fifa o lascerebbe correre?
Qui nessuno giustifica le procedure del massimo ente calcistico mondiale, colpevole di scelte egoiste e improntate al denaro. Il tema del doppiopesismo, però, coinvolge sia chi è accusato sia chi punta il dito. Le disposizioni della Fifa in merito al divieto di partecipazione delle squadre russe risultano ridicole; e dobbiamo dare atto a Aboutreika che la protesta in questo senso è corretta. Giusta è anche la presa di posizione circa le squadre israeliane in riferimento al genocidio in Palestina. Sbagliato e superficiale muoversi allo scoppio di un altro conflitto come a ricercare un appiglio al quale aggrapparsi e dare sfogo alle proprie opinioni.
Una guerra priva della stessa cassa di risonanza
Un altro caso degli ultimi giorni riguarda le dichiarazioni dell’allenatore di basket Željko Obradović che ha voluto ad ogni costo sciorinare paragoni tra la guerra in Ucraina e quella in Jugoslavia. Secondo Obradović la guerra in Jugoslavia non ebbe la stessa cassa di risonanza di quella odierna in Ucraina. Dichiaratosi contrario a qualsiasi conflitto nel mondo, l’ex cestista ha voluto sottolineare il menefreghismo del mondo Occidentale nei confronti non solo della sua Jugoslavia ma anche della guerra in Iraq, Afghanistan e Siria. Insomma, di tutto un po’ per dare forza alle proprie opinioni. Risulta particolare questa presa di posizione di Obradović, un uomo dalla ferrea condotta morale che dimenticò, però, di condannare gli eccidi perpetrati dalle bande serbe in nome della Grande Serbia. La sua Grande Serbia. E che ora si riscopre pacifista e perbenista.
In questo caso, a differenza del “J’accuse” di Aboutreika nei confronti della Fifa, il mondo Occidentale ha ampiamente stigmatizzato la guerra in Iraq, per non parlare di Siria e Afghanistan. E la Jugoslavia? In Italia e non solo, manifestazioni condite da concerti e proteste erano all’ordine del giorno e, anche per cause geografiche, i bombardamenti vennero riportati spesso in prima pagina. Ma questo forse Obradović non ricorda appieno. Sembra, pertanto, che alcuni personaggi non aspettino altro che una rivincita a livello morale.
Ognuno ha la sua guerra e il doppiopesismo è conseguenza naturale
La geografia: materia tanto detestata dagli alunni quanto fondamentale per comprendere al meglio gli assetti geopolitici del nostro pianeta. In tempo di guerra la geografia e la geopolitica contribuiscono a destare parte dell’opinione pubblica e a rendere la situazione concitata. Se prima l’Occidente si mostrava toccato e indignato in merito alle guerre in Medio Oriente, ora è fisicamente preoccupato dalla vicinanza e dalle conseguenze di un conflitto alle porte dell’Europa. Il frutto di questa preoccupazione si riscontra nelle prime pagine, nei segmenti principali dei telegiornali e negli speciali che ora scandiscono le nostre serate davanti la tv. I toni esacerbati di coloro che espongono la loro faccia alle telecamere consolidano la condizione di crescente timore nelle persone.
Ogni guerra è tragicamente importante, non esistono guerre di serie A e guerre di serie B. Appare altrettanto ovvio, però, che al momento della compilazione di un’eventuale agenda setting, il giornalismo si occupi di risaltare tematiche connaturate al contesto di riferimento e a indirizzare l’opinione pubblica. In ogni caso, non si può considerare giusta o sbagliata la scelta di “puntare tutto” sulla guerra in Ucraina. Una guerra fortemente caratterizzata da ciò che richiede il contesto attorno. In fondo, ognuno ha la sua guerra e non si tratta di declassare altre circostanze tragicamente fondamentali, ma di porre l’accento su una situazione prossima ai confini di una nazione o continente. Da ciò scaturisce quel “doppiopesismo” invocato da tanti e che rimane sostanzialmente una conseguenza naturale dell’oscillante attenzione mediatica.
Lorenzo Tassi