Caso Wikileaks: quando l’ingiustizia silenzia la voce

La missione di Wikileaks

Dove non c’è libertà di stampa, non può esserci legalità. Se oggi conosciamo crimini e abusi di autorità e governi, è grazie a coraggiosi giornalisti che li hanno denunciati. Tra questi, Julian Assange.

Le origini del caso Wikileaks

È il 4 ottobre del 2006 quando, dalla mente del giornalista australiano Julian Assange, nasce Wikileaks.
Grazie all’azione di whistleblowers e informatori, e a una profonda conoscenza della Rete, l’organizzazione è in grado di pubblicare documenti compromettenti in sicurezza.
Negli anni porta alla luce crimini di guerra, torture, corruzione di imprese e governi.

Non andiamo contro un Paese in particolare, non andiamo contro un particolare gruppo. Pubblichiamo materiale che abbia un impatto significativo.
Noi vogliamo dare alla gente una scelta.
Se si hanno le informazioni, si può capire come funziona il mondo

La missione di Wikileaks è far emergere l’importanza della libertà di stampa come base per una società corretta e democratica.
Ma questa battaglia non sarebbe stata semplice.

Mi inseguiranno fino ai confini della Terra. Renderanno la mia vita un inferno, ma è mio obbligo assicurarmi che il pubblico veda queste informazioni

Crimini di guerra in Iraq

Il caso di Wikileaks diventa internazionale il 5 aprile del 2010, con la pubblicazione del video Collateral Murder.




Il filmato viene girato a Baghadad nel 2007, durante la guerra in Iraq.
Si vedono alcuni militari americani che, a bordo di due elicotteri Apache, sparano a un gruppo di civili.
Tra le 18 vittime ci sono il reporter Namir Noor-Eldeen e il suo autista, Saeed Chmagh, entrambi inviati dell’agenzia di stampa britannica Reuters.
L’attacco inizia quando i militari scambiano la telecamera, sulle spalle di Noor-Elden, per un lanciafiamme. A quel punto iniziano a sparare, senza apparentemente inquadrare gli obiettivi.

Ma, ciò che sconvolge l’opinione pubblica, è la brutalità con cui i civili vengono trivellati di colpi sotto i commenti compiaciuti dei militari.
Ha ha ha, li ho colpiti!
Sì, guarda quei bastardi morti

Tra le vittime c’è anche un soccorritore che, portando i figli a scuola su un furgone, nota i corpi agonizzanti e cerca di trascinarli via.
Ma l’uomo viene ucciso, e i figli rimangono gravemente feriti.
In questo modo, come spiega Assange, l’operazione si configura come omicidio.

Dal video si può notare che i militari hanno deliberatamente preso di mira Saeed quando era ferito a terra, sebbene le regole di ingaggio non lo permettessero.
Quando viene salvato dal furgone, viene nuovamente preso di mira e le restanti persone separate. Per questo, l’operazione diventa dichiaratamente un omicidio

Ad ottobre dello stesso anno, Wikileaks torna a parlare della guerra in Iraq pubblicando oltre 390.000 rapporti.

I documenti consistono in report fatti da soldati americani in Iraq, riguardo incidenti che consideravano significativi. Tutti i problemi di quella guerra erano lì. Minuto per minuto, direttamente dal campo.
Abbiamo calcolato 15.000 civili morti che non erano mai stati riportati

Risultano inoltre centinaia di casi di torture, violenze e omicidi da parte delle forze dell’ordine irachene.
Gli USA avrebbero lasciato queste azioni impunite, nonostante la Convenzione delle Nazioni Unite contro la Tortura imponga ai firmatari di “prevenire atti di tortura in tutte le aree in cui lo Stato firmatario esercita una qualche forma di controllo”.

L’Afghanistan e le “mani sporche di sangue”

Nel luglio del 2010, Wikileaks pubblica gli Afghan War Logs.
Diari militari afghani che mostrano al mondo una “guerra segreta”, combattuta con droni, aerei senza piloti e con unità speciali mai utilizzate prima, come la Task Force 373.
Si trattava di un’unità d’élite incaricata di catturare e uccidere alti membri di Al Qaeda, sotto comando diretto del Pentagono, sulla base di una black list di 200 bersagli.
Le esecuzioni avvenivano senza alcun processo giudiziario e, spesso, coinvolgendo donne, bambini e civili.

Ma, come si legge in un documento della CIA, queste atrocità sono rimaste nascoste grazie a una manipolazione della copertura mediatica, orientata ad assicurare il supporto di francesi e tedeschi.

Lo scarso rilievo della missione in Afghanistan ha permesso ai leader di Francia e Germania di ignorare l’opposizione della gente, e di continuare ad aumentare il numero delle loro truppe

Le pubblicazioni di Wikileaks fanno il giro del mondo e, come sostiene Assange, hanno un forte impatto sull’opinione pubblica.

Fino a quel momento, la discussione si soffermava su quante truppe fossero necessarie in Afghanistan, e sulle possibilità degli USA di vincere la guerra.
Ma, dopo le pubblicazioni, il clima cambiò. Il punto del discorso divenne come uscire da quella guerra. E lo sarebbe stato anche in altri conflitti

A queste rivelazioni, il Pentagono reagisce molto duramente.
L’allora portavoce Geoff Morrell lancia pubblicamente un’intimidazione al sito web, chiedendo di rimuovere e restituire i documenti.

L’unica soluzione accettabile, è che WikiLeaks restituisca immediatamente tutte le versioni di quei documenti al governo degli Stati Uniti. E che cancelli una volta per tutte i file dal proprio sito web e dai suoi computer.
Se fare la cosa giusta per loro di WikiLeaks non va bene, allora vedremo che alternative abbiamo di costringerli a fare la cosa giusta

Il caso Wikileaks subisce un altro duro colpo quando il Pentagono insinua che abbia le mani sporche di sangue.

Assange può dire ciò che vuole sugli aspetti positivi di quello che lui e le sue fonti stanno facendo, ma la verità è che hanno le mani sporche del sangue di giovani soldati e di famiglie afghane

L’accusa è di aver messo a rischio le truppe americane e i collaboratori afghani, fornendo al nemico i dati per rintracciarli.
La risposta dell’organizzazione non si fa attendere.

Bisognerebbe chiedersi perché il Pentagono si stia concentrando sul sangue ipotetico che potrebbe sporcare le nostre mani, piuttosto che sulle 20.000 vite umane perse in Afghanistan. Documentate e rese note dal materiale in nostro possesso

L’idea che Assange e i suoi collaboratori siano pericolosi irresponsabili si diffonde su tutti i media, danneggiando l’immagine dell’organizzazione.
Ma, come sostengono anche i collaboratori di Wikileaks, le accuse sarebbero false.

I documenti più sensibili e rischiosi sotto questo punto di vista non venivano pubblicati. Gli stessi giornalisti che collaboravano come media partner, contribuivano poi al vaglio della documentazione

Alla fine, anche il Dipartimento della Difesa è costretto a fare dietrofront.

La fuga online di migliaia di documenti militari segreti della guerra in Afghanistan, da parte del sito web WikiLeaks, non ha rivelato alcuna fonte o metodo di intelligence sensibile. Ma il rischio c’è

Caso Wikileaks: minacce di morte e accuse di stupro

A questo punto, il governo statunitense comincia a vedere nel caso Wikileaks una minaccia e si mette in moto per smantellarla.
Julian Assange riceve numerose minacce di morte, soprattutto dal mondo della politica.

Diversi politici americani fecero appello per il mio assassinio. Sarah Palin disse che avrei dovuto essere trattato come Bin Laden [Sarah Palin, politica repubblicana, in seguito si scusò pubblicamente supportando Assange, n.d.a.].
C’era persino una grafica con un bersaglio sulla mia faccia

Negli studi televisivi si incita all’omicidio del fondatore di Wikileaks.
In episodio dello show Follow the Money, l’analista politico di Hillary Clinton, Bob Beckel, lancia un forte attacco.

Un uomo morto non può pubblicare. Quell’uomo è un traditore, ha infranto ogni legge degli USA. Io sono contro la pena di morte, perciò c’è una sola soluzione: sparare illegalmente a quel figlio di put****

Contro Assange inizia una campagna di diffamazione mediatica, con l’obiettivo di togliergli il supporto dell’opinione pubblica.
Lo dipingono come un hacker misterioso, narcisista e autoritario. Viene persino definito un “terrorista high-tech anti-americano”.

Ma tra le proposte dell’intelligence per smontare la figura del giornalista, sostiene una fonte, figurano anche azioni illegali.

Un contatto nella Western Intelligence Agency mi comunicò che il governo sapeva che sarebbe stato difficile perseguirmi, ma che erano pronti ad azioni illegali.
Come reperire droghe su di me, ‘trovare’ materiale pedopornografico nel mio disco rigido, o collegarmi ad accuse di condotta immorale

La situazione si aggrava il 18 novembre del 2010.
Due donne svedesi accusano Assange di averle stuprate costringendole a rapporti sessuali non protetti.
Lui nega le accuse e, ottenuto il permesso, parte per Londra.
La Svezia, quindi, lancia una notifica internazionale di codice rosso attraverso l’Interpol, nonostante si tratti di sole indagini preliminari che non arriveranno mai a un’incriminazione.
Persino la CIA, come si legge in alcune mail interne, esprime sospetti sul coinvolgimento dell’Interpol.

Un caso di violenza sessuale viene raramente notificato a livello internazionale tramite l’Interpol. Quindi non c’è dubbio che si stia cercando di fermare Wikileaks

Il sospetto degli avvocati è che si tratti di una strategia per riportarlo in Svezia ed estradarlo, infine, negli USA, dove lo attendono 175 anni di carcere per spionaggio.

Nonostante i dubbi emersi, l’accusa di stupro rimane incollata ad Assange.
Nei giorni seguenti, cercando su Google la frase “Julian Assange rape”, i risultati sono circa 4000.
Lui replica, criticando l’accanimento mediatico.

Da un punto di vista giornalistico, essendo il più grande caso di spionaggio contro un giornalista, il mio è un caso molto sexy. I media ne sono attratti.
Ma c’è solo una cosa più sexy di un caso di spionaggio, ed è un caso di sesso. Non importa quanto falso

Cablegate: l’11 settembre della diplomazia

Nel frattempo, Il 28 novembre del 2010 ha inizio il Cablegate.
Quello che, secondo l’allora ministro degli esteri italiano, Franco Frattini, rappresenta “l’11 Settembre della diplomazia”.

Si tratta di una raccolta di più di 250.000 comunicazioni diplomatiche tra ambasciatori, funzionari e ministri legati al dipartimento di Stato americano.
I documenti, suddivisi per grado di riservatezza, Paese d’origine e argomento, offrono un’immagine del mondo dal punto di vista della diplomazia statunitense.

Questi documenti mostrano le contraddizioni tra l’immagine diplomatica degli Usa e quello che i diplomatici raccontano a porte chiuse.

I cittadini che desiderano governanti rispettosi del mandato loro conferito, devono sapere che cosa accade dietro le quinte

Uno dei temi discussi nei documenti è il programma americano di spionaggio ai vertici dell’ONU.
Stando ai rapporti, Hillary Clinton avrebbe richiesto al dipartimento di Stato di reperire password e chiavi crittografate di alti funzionari ONU. Ma anche dati biometrici, impronte digitali e scansioni dell’iride.

Tra i bersagli erano inclusi il segretario generale Ban Ki-Moon e i rappresentanti dei Paesi con seggi permanenti al Consiglio di Sicurezza (Cina, Francia, Russia, UK e USA).

Ma a fare scalpore sono anche le pressioni fatte dagli USA su alcuni Stati europei per insabbiare le operazioni illecite della CIA.
In particolare:

Tra i documenti pubblicati, oltre 4000 fanno riferimento all’Italia.
Il Paese viene presentato come una “democrazia dal guinzaglio corto”, molto legata agli Stati Uniti.
In particolare, si fa riferimento alla guerra in Iraq, che aveva sollevato numerose polemiche circa la sua legittimità.

L’Italia, allora guidata dal Presidente Ciampi e dal governo Berlusconi, aveva deciso di appoggiare gli USA nonostante ciò fosse anticostituzionale (Art.11).
Il merito, secondo l’ex ambasciatore Mel Sembler, è da attribuire a Silvio Berlusconi.

Il governo italiano ha lavorato in contatto con noi su delle tattiche che assicurassero che Ciampi non sollevasse la questione costituzionale. Il supporto logistico alle forze armate americane è stato eccezionale.
Se al potere ci fosse stata un’altra coalizione, il percorso sarebbe stato più accidentato

Il diplomatico conclude considerando il ruolo dell’Italia nei rapporti con gli USA.

L’Italia può apparire come un posto arcano e bizantino fino alla frustrazione, ma siamo convinti che sia un posto eccellente per i nostri affari politici e militari

Dopo il Cablegate

Ancora oggi, i documenti contenuti nel Cablegate sono fonte di importanti informazioni.
Proprio nell’ultimo periodo,  Wikileaks si è attivata nella diffusione di documenti riguardanti i rapporti tra Russia e NATO, offrendo uno spunto di riflessione sulla guerra in Ucraina.
Tra questi spicca un comunicato dal titolo “No significa No”, inviato dall’ambasciata di Mosca il 1 febbraio del 2008.

Il ministro degli esteri Lavrov e altri ufficiali si oppongono fortemente a un’espansione a est della NATO. Questa verrebbe vista dalla Russia come una minaccia di guerra

 

La Russia teme che l’ingresso dell’Ucraina possa contribuire a dividere lo Stato e ad alimentare la violenza verso i separatisti. Potrebbe portare a una guerra civile, alla quale la Russia non vorrebbe prendere parte

Il documento termina con alcune riflessioni sulle conseguenze negative che l’ingresso dell’Ucraina nella NATO potrebbe avere sulle relazioni bilaterali e sull’industria della difesa russa.

Alla pubblicazione di documenti di tale rilevanza, i governi hanno diverse reazioni.

Con il Cablegate, gli Stati Uniti vengono violentemente scossi e colpiscono Wikileaks ancora più duramente.
Bank of America, VISA, Mastercard, PayPal e Western Union bloccano i loro finanziamenti a Wikileaks, i quali corrispondono al 95% dei ricavi.
L’organizzazione condanna fermamente questo provvedimento.

Il blocco è senza controllo democratico o trasparenza. Lo stesso governo degli Stati Uniti ha affermato che non ci sono motivi legittimi per attaccare WikiLeaks con un blocco finanziario.
Ma, il blocco da parte di società finanziarie statunitensi politicizzate, continua a prescindere

Hillary Clinton, secondo una fonte anonima del Dipartimento di Stato, avrebbe persino manifestato la volontà di uccidere Julian Assange.
Alcuni capi di Stato stavano facendo pressione sulla Clinton per fermare Wikileaks, in quanto le rivelazioni in quei documenti li stavano mettendo in serio imbarazzo.
Ci sarebbe stato quindi un incontro alla White House, nel novembre del 2010, per discutere varie opzioni.
In questa occasione, Clinton avrebbe lanciato una proposta controversa.

Non possiamo semplicemente colpirlo con un drone?
Dopotutto Assange è un bersaglio facile, cammina sempre libero ficcando il naso.
E senza temere rappresaglie da parte degli Stati Uniti

Interrogata sui fatti, Clinton sostiene di non ricordare di aver pronunciato quelle frasi.

Inizio della prigionia e ruolo della CIA

La situazione precipita il 2 novembre 2011, quando l’Alta Corte britannica dà il via libera alla richiesta di estradizione della Svezia.
Ma il fondatore di Wikileaks non ci arriverà mai, chiedendo asilo politico nell’ambasciata ecuadoriana di Londra.
Da quel giorno, Julian Assange non sarebbe più stato un uomo libero.




Rimane nell’ambasciata per sette anni, dal 2012 al 2019.
Fuori dall’edificio, le autorità britanniche sono pronte ad arrestarlo non appena varchi la porta dell’ambasciata.
In seguito, si verrà a sapere che avevano installato illegalmente microfoni e telecamere all’interno dell’edificio. Erano quindi riusciti ad ascoltare le conversazioni private tra Assange e i suoi legali, violando uno dei diritti fondamentali della difesa.

La missione di Wikileaks, nonostante tutto, non si ferma.
Nel Marzo del 2017 pubblicano una raccolta di documenti, nominata Vault 7, che testimonia la condotta illecita della CIA.
I file spiegano in modo dettagliato come l’intelligence abbia utilizzato virus e malware per penetrare telefoni, computer e persino smart TV in tutto il mondo.

I dettagli di queste operazioni sono stati indagati dall’agenzia di intelligence privata Symantec.

Questi sistemi di hacking hanno colpito governi, compagnie finanziarie, industrie aerospaziali, agenzie di telecomunicazioni ed energetiche.
Hanno compromesso 40 obiettivi in almeno 16 Stati tra Medio Oriente, Europa, Asia e Africa. In un’occasione anche gli USA, ma dev’essere stato un errore

La perdita di file, la più grande nella storia della CIA, mette l’agenzia in una posizione di forte imbarazzo.
Un ex-funzionario parla persino di progetti omicida.

Mike Pompeo [capo della CIA sotto l’amministrazione Trump, n.d.r.] e altri agenti erano assolutamente furiosi. Volevano sangue

Secondo la testimonianza di un altro agente, agli alti piani dell’amministrazione si discuteva di rapire e assassinare Assange con schizzi e disegni. Tra le proposte, figurava persino l’avvelenamento.
Altra idea era quella di rapirlo e portarlo negli USA, ma un alto ufficiale dell’intelligence l’avrebbe scartata.

Non si può semplicemente mettere una persona in un’auto e portarla via. Non siamo in Pakistan o in Egitto, siamo a Londra

Tutt’ora non è chiaro chiaro se, e quanto, fossero seri i piani della CIA.
Secondo una fonte interna, l’idea non sarebbe mai stata presa sul serio.

Mi è stato detto che non era nulla di serio. Non c’è mai stata nessuna vera minaccia, erano parole al vento dovute al grande imbarazzo che provammo

Battaglie per i diritti umani e per la libertà di stampa

L’11 aprile 2019, l’ambasciata ecuadoriana revoca l’asilo e le forze dell’ordine inglesi trascinano Julian Assange fuori dall’ambasciata.
Da quel giorno si trova nella prigione di massima sicurezza di Belmarsh, a Londra.
Definita “la Guantánamo inglese”, quella di Belmarsh è una delle carceri più dure d’Europa.
Per questo sostenitori, attivisti, ma anche guardie carcerarie e compagni di Assange, sostengono che non abbia motivo di trovarsi lì.

Persino Nils Melzer, relatore speciale dell’ONU sulla tortura, si è espresso contrariamente.

Non è accusato di nessun crimine serio. Non ci sono basi legali per trattenerlo in una prigione di massima sicurezza

Melzer si è detto “scioccato” dalle violazioni dei diritti umani e dalle torture psicologiche che ha constatato. Aggiungendo che il caso è stato “deliberatamente distorto” finendo per creare un “muro di silenzio” tra Assange e il pubblico.

Il professor Michael Kopelman, docente emerito di neuropsichiatria al King’s College di Londra, ha descritto la situazione in una perizia psichiatrica.

Soffre di perdita del sonno, di peso, incapacità di concentrarsi. Si trova in uno stato di agitazione acuta, per cui cammina nella sua cella fino allo sfinimento e prendendosi a pugni la testa o sbattendola contro il muro.
Ha pensato al suicidio centinaia di volte al giorno e ha un desiderio costante di autolesionismo. In più occasioni si è fatto dei tagli superficiali alla coscia e all’addome per distrarsi dal suo senso di isolamento

Alla luce di questi riscontri, la giuria ha inizialmente negato l’estradizione per un “alto rischio di suicidio”.
Fino all’11 dicembre 2021, quando l’Alta Corte britannica ha dato il via libera all’estradizione negli USA.

Se il processo dovesse concludersi con l’estradizione, Julian Assange sarà condannato a una pena di 175 anni di carcere per spionaggio.

Diverse organizzazioni per i diritti umani, tra cui Amnesty International, sono a lavoro per ottenere giustizia. Non solo per Assange, ma per tutta la libertà di stampa.
Infatti, come sostiene il presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti Carlo Bartoli, l’estradizione di Assange segnerebbe profondamente la libertà di stampa.

La possibile estradizione di Julian Assange negli Stati Uniti apre uno scenario preoccupante per la garanzia del diritto all’informazione.
La sua condanna è di aver rivelato notizie fondate e documentate. Questo, invece, andrebbe riconosciuto come valore fondante della libertà di stampa

Familiari, colleghi e attivisti di tutto il mondo si impegnano ogni giorno per rompere quel “muro di silenzio” intorno alla vicenda.
Tra questi la madre di Julian Assange, Christine, che ha pubblicato una toccante lettera aperta.

 Desidero ringraziare tutti i cittadini per bene e solidali che protestano a livello globale contro la brutale persecuzione politica subita da Julian.
Per favore, continuate ad alzare la voce con i vostri politici fino a quando sarà l’unica cosa che sentiranno.
La sua vita è nelle vostre mani

Giulia Calvani

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