Dopo il caso Weinstein, Hollywood non è più la stessa. Le testimonianze delle attrici che hanno raccontato le molestie subite al lavoro hanno fatto venire a galla una parte della personalità di Weinstein che in molte avevano visto. Nessuna però aveva avuto, sino a qualche mese fa, il coraggio di descriverla pubblicamente.
Le dichiarazioni si sono susseguite ad effetto domino, nel mondo hollywoodiano e non solo, grazie alla campagna #metoo lanciata sul web. Nella giornata di ieri, Le Monde ha pubblicato un’altra campagna, inerente il caso Weinstein, ma in totale controtendenza. È la raccolta firme di attrici, scrittrici, artiste ed accademiche francesi volta a difendere il “diritto di provarci” degli uomini. Vediamo i punti principali di questa lettera.
Un nuovo puritanesimo
La più famosa delle firmatarie è Catherine Deneuve. Tra le altre, la giornalista Elisabeth Levy, le scrittrici Catherine Millet e Catherine Robbe-Grillet, l’attrice Ingrid Caven e l’editrice Joelle Losfeldche. Denunciano l’avvento di un “nuovo puritanesimo” e condannano la “caccia alle streghe” che è seguita allo scandalo. Nel testo si legge: “lo stupro è un crimine, ma il corteggiamento insistente o maldestro non è un delitto, né la galanteria un’aggressione maschilista”.
Le donne nella lista concordano sull’importanza della campagna #metoo. Le accuse mosse nel caso Weinstein avrebbero portato ad una “legittima presa di coscienza delle violenze sessuali esercitate sulle donne, in particolare in ambito professionale”.
Anche i presunti carnefici sono vittime
Per contro, #metoo “ha comportato una campagna di delazioni e accuse pubbliche di individui che, senza che si lasci loro la possibilità di rispondere o di difendersi, vengono messi esattamente sullo stesso piano dei violentatori”. Anche questi uomini sono vittime, perché costretti a dimettersi, “avendo avuto come unico torto quello di aver toccato un ginocchio, tentato di strappare un bacio”.
Libertà di importunare è libertà sessuale
E ancora: “Noi difendiamo la libertà di importunare, indispensabile alla libertà sessuale. Siamo abbastanza mature per ammettere che la pulsione sessuale è per sua natura offensiva e selvaggia, ma siamo anche sufficientemente accorte per non confondere il corteggiamento maldestro con l’aggressione sessuale”. L’intento è quello di evidenziare la differenza tra meri approcci sessuali e vera e propria violenza.
Queste donne urlano di “non riconoscersi in questo femminismo che assume il volto dell’odio verso gli uomini e la sessualità. Esso non aiuta le donne ma serve in realtà gli interessi dei nemici della libertà sessuale, gli estremisti religiosi e i peggiori reazionari”.
In più, proseguono, l’intera campagna rischia di “incatenare le donne al loro status di eterne vittime”. Si legge poi: “Una donna può pretendere che il suo stipendio sia uguale a quello di un uomo, e non sentirsi traumatizzata per sempre perché qualcuno si è strusciato contro di lei in metrò”.
Le reazioni
Su twitter sono molti i “cinguettii” che hanno risposto all’iniziativa. La raccolta firme ha destato indignazione in molte donne, tra cui Asia Argento, che è sicuramente una combattente di prima linea in questa battaglia. Ha scritto: “Catherine Deneuve e le altre donne francesi mostrano al mondo come la loro misoginia interiorizzata le abbia lobotomizzate fino a un punto di non ritorno“. Tra gli intervenuti, anche Ridley Scott che sottolinea: “il chiedere di bere un drink e il forzare qualcuno a praticare del sesso orale in una stanza d’albergo sono cose profondamente diverse“.
Alcune persone vi hanno aderito, altre hanno manifestato profonda indignazione. Non si può negare che questa lettera abbia dei nodi problematici. Uno degli obiettivi di essa è infatti distinguere meri approcci sessuali da reali violenze. Poi però si usano espressioni come “importunare“, in maniera “offensiva” e “selvaggia” per definire quella che dovrebbe essere una normale avance. In realtà queste parole non promettono nulla di buono perché contengono in sé già un livello, seppur basso, di violenza. Si rischia così, ancora una volta, di legittimare condotte offensive e fuori luogo.
Il diritto di un’attrice di lavorare liberamente e di essere valutata sulla base delle proprie performance artistiche, dovrebbe bilanciarsi, secondo questa lettera, con il diritto degli uomini di importunarla. Si tratta di una conclusione insostenibile. Per carità, non significa che un uomo non può più chiedere un caffè ad una collega. Ma di sicuro è assurdo asserire l’esistenza di un vero e proprio diritto di provarci insistentemente e in maniera offensiva e selvaggia.
Rossella Micaletto