Da giorni si parla e si scrive con i più vari registri, da quello politico a quello giornalistico, da quello giudiziario a quello colloquiale, del cosiddetto caso Siri, che ha fatto capolino nel dibattito italiano il giorno 18 aprile 2019.
Il caso Siri: un pretesto?
Il sottosegretario alle Infrastrutture e ai Trasporti Armando Siri, in quel giorno di aprile, è entrato nel registro degli indagati per il reato di corruzione, dopo aver ricevuto 30.000 euro in cambio dell’approvazione di una norma specifica legata agli impianti di energia rinnovabile. Il caso Siri è divenuto forse un pretesto per approfondire la già vistosa frattura che divide i due partiti di governo, che al contempo attendono e temono le elezioni europee.
Mentre la parola ‘onestà’ torna a farsi parola d’ordine della propaganda stellata, il Ministro dell’Interno Salvini si mostra tranquillo, prende le difese del collega di partito e sottolinea la sua linea dura, fatta di una maschera di indifferenza di fronte alle richieste dei colleghi di governo, che appaiono sempre più deboli e poco efficaci, sempre meno credibili nel portare la bandiera dell’onestà.
Domani il Consiglio dei Ministri: una resa dei conti?
Domani, 8 maggio 2019, alle ore 10, è previsto il Consiglio dei Ministri che per i 5 Stelle assume la valenza di una resa dei conti, quantomeno formale, mentre per la Lega un appuntamento da sminuire. La pantomima rasenta il ridicolo, le dialettiche diverse si fanno lingue diverse. Aldilà della colpevolezza o dell’innocenza del senatore leghista Siri, la partita si vince a livello mediatico, non più nei tribunali.
Onestà: strumento non più fine
Dopo Mani Pulite, dopo gli scandali che hanno coinvolto tanti politici negli anni passati, l’attribuzione di onestà ha perso di senso, la parola stessa si è svuotata. Per gran parte dell’elettorato, politica è sinonimo di disonestà. Fare politica non è più prestigioso come in passato. Non si esalta il ruolo di responsabilità, ma si contano gli errori. Scegliere di fare politica è attribuirsi qualche colpa già prima di sedere in Parlamento. Tale sorte hanno avuto anche altri mestieri, come quello del medico. Di chi è la colpa di tanta sfiducia? Forse il fenomeno ha molti cofattori, è più complesso di un appartamento o di una compravendita sospetta denunciata da un notaio, che probabilmente ha perso anche clienti con la sua scelta di rendere noto l’atto alle autorità competenti. Indubbiamente, parlare di onestà oggi è divenuto strumento piuttosto che fine, strumento elettorale a doppio taglio che sta indebolendo il Movimento 5 Stelle e che potrebbe rendere addirittura questa parola colpevole di esistere per il tribunale dei posteri.
Giulia Galdelli