Caso Poletti: il Ministro che colleziona una serie di discutibili gaffe

Il Ministro Poletti: una parola di troppo

Sarà una barzelletta, abbastanza triste tra l’altro, ma il Ministro della Lavoro Giuliano Poletti continua a collezionare una serie imbarazzante di gaffe.

Così, iniziando per un “Giovani in fuga? Alcuni meglio non averli tra i piedi” e finendo con delle scuse e un dietro front, il teatrino dell’irresponsabilità politica continua i suoi giri di valzer.

Ma prima di ogni considerazione di merito, facciamo il punto della situazione.

Who?

L’artefice della gaffe, già sopra citato, è il Ministro del Lavoro Giuliano Poletti.

Poletti, classe ’51, dopo un diploma da perito agrario, inizia un’attività politica che lo vede militante all’interno del PCI prima, del PDS dopo.

Bando agli incarichi politici, cui massimo impiego risulta l’attuale Ministero per il Lavoro e le Politiche Sociali, dal 2002 al 2014 è Presidente Nazionale della LegaCoop.

Sicuramente il Ministro Poletti è il classico esempio di uomo che si è fatto da sé. “Se l’è sudata” e dal basso, da una famiglia umile, con tanta gavetta e fatica si è costruito tassello dopo tassello.

Come ogni giovane che ha iniziato a lavorare troppo presto tuttavia, quell’arroganza e quella fame che portano a considerarsi migliori di altri, ha dato adito a qualche frase di basso valore. E scarsa riflessione.

I fatti

Arriviamo così alla vicenda.

La giornata era iniziata con dei dati dell’Osservatorio Inps che mostravano una brusca frenata delle assunzioni a tempo indeterminato, con invece un sensibile aumento nella vendita di voucher.

Fonte: http://www.venetoeconomia.it/2016/02/voucher-allarme-consulenti-lavoro/

Cosa sono questi fantomatici voucher? Nient’altro che una modalità di retribuzione per un lavoro accessorio.

Il meccanismo dei buoni nasce in Italia per la molto banale motivazione di far emergere il lavoro sommerso – nero – ma di lì in poi, 2008, è divenuto un meccanismo dalla condotta abusiva.

Pericolosa, di fatti, è stata l’estensione del meccanismo dei voucher con il Jobs Act all’industria, meccanismo utilizzato fino a quel momento solo per colf, badanti e lavoratori agricoli stagionali.

In sostanza questo metodo poco riflessivo d’intervento sul lavoro sommerso, è diventato semplicemente un mezzo efficace per aumentare la precarietà.

Una politica del tutto distante dal modello di welfare state.

Il Governo, a tal proposito, Poletti annuncia essere pronto a intervenire per “rideterminare dal punto di vista normativo il confine dell’uso dei voucher.”

E continua: “Se invece i dati ci diranno che anche questo strumento non è sufficiente a riposizionare correttamente i voucher la cosa che faremo è rimetterci le mani”.

Ma Poletti continua anche a difendere il Jobs Act, quale miglior legge degli ultimi anni sul fronte del lavoro, senza una vera considerazione sull’apporto che questa ha dato nel distruggere il sogno del lavoro indeterminato.

A che la considerazione vera è quanto abbia senso parlare di Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, quando ogni politica proposta si contrappone letteralmente al modello di welfare state e, in particolar modo, non favorisce il diritto al lavoro.

La gaffe

Fonte: http://www.altoadigeinnovazione.it/lunedi-3-ottobre-il-ministro-poletti-alla-fercam/

Arriviamo così alla triste considerazione su quei giovani che dall’Italia se ne sono andati.

“Questo Paese non soffrirà a non averli più fra i piedi”, dice Poletti, con tanto di “Conosco gente che è andata via e che è bene che stia dove è andata.”

Dopo la polemica suscitata tuttavia, il ministro corre subito ai ripari dicendo:

“Evidentemente mi sono espresso male e me ne scuso. Non mi sono mai sognato di pensare che è un bene per l’Italia il fatto che dei giovani se ne vadano all’estero. Penso, semplicemente, che non è giusto affermare che a lasciare il nostro Paese siano i migliori e che, di conseguenza, tutti gli altri che rimangono hanno meno competenze e qualità degli altri. Ritengo, invece, che è utile che i nostri giovani possano fare esperienze all’estero, ma che dobbiamo dare loro l’opportunità tornare nel nostro paese e di poter esprimere qui le loro capacità e le loro energie.”

La polemica

Immediate sono state le risposte di opposizioni e non solo.

Perché bando alla ovvia condanna politica – o di chi aspettava di lucrare su una gaffe del genere – la vera risposta è arrivata da quei lavoratori e ricercatori espatriati in cerca di una “miglior stella”, ove il loro Paese non ha voluto garantirgliela.

Ma non solo, i Giovani Democratici dell’area Nord Ovest chiedono le immediata dimissioni di Poletti, “perché quello che per lei potrà rappresentare un piccolo ‘inciampo’ politico, per la nostra generazione rappresenta invece una dolorosa quotidianità”.

Una lettera spassionata, stanca, ma che con quelle ultime forze rimasta e grande concretezza ricorda come delle volte sarebbe adeguato capire quando è il caso di farsi da parte.

“Non siamo così ingenui da credere che qualcuno possa, con un colpo di spugna, cancellare questi problemi, ma non siamo nemmeno così stupidi da non capire che meriteremmo non solo ascolto, ma innanzitutto rispetto.”

Considerazioni

“110 e lode a 28 anni non serve a un fico, è meglio prendere 97 a 21 anni. Se si gira in tondo per prendere mezzo voto in più, si butta via del tempo che vale molto di più di quel mezzo voto.”

“Sfigati e sfaticati.”

“Fannulloni.”

Poletti e la politica in generale hanno riservato sempre ai giovani delle considerazioni poco felici.

Alcune parole, smettono di essere commentabili quando scendono ad un livello più che classista, volgare, grossolano, becero ed ignorante.

La richiesta delle dimissioni dei giovani del PD forse in tutto ciò è la risposta di più alto valore politico e non a caso.

Le scuse del Ministro Poletti non hanno più alcun valore perché dopo una serie variegata di gaffe imbarazzanti, queste smettono di essere considerate tali.

Specie quando accanto a queste, vi è una politica sociale che rispecchia in tutto e per tutto quel becero classismo privo di riflessione reale sull’attualità.

La storia dell’articolo 18 si apre con una data, quella del 1969, e con un nome, quello di Giacomo

Fonte: http://www.ilmessaggero.it/rubriche/accadde_oggi/12_luglio_1969_celebrati_funerali_ministro_socialista_giacomo_brodolini-492615.html

Brodolini, socialista.

La storia dell’articolo 18 si compone di previdenza, dell’abolizione delle “gabbie salariali”- salari differenziati su base locale, quell’idea che la Lega Nord negli ultimi anni ha più volte rilanciato – del disegno di legge sullo Statuto dei lavoratori, presentato e fatto approvare durante le cure di Brodolini, promulgato dopo la sua morte, nel 1970.

E qui, vedete, sta il senso del welfare, della sinistra. Di chi non si colloca al di sopra della società civile, ma al contrario lotta insieme a lei.

Il circolo vizioso delle accuse ai giovani è viziato dall’incapacità di dire quali siano le responsabilità che si celano dietro la condizione che oggi stiamo vivendo. E dietro all’impossibilità per i giovani di vedere un futuro.

E di fronte ad anni di privilegi per classe politica, ma anche per una popolazione ingorda all’epoca, che adesso osa trollare addirittura inneggiando all’ “onestah”, dopo l’abbuffata degli anni ’70 ed ’80, i giovani iniziano a meritare risposte concrete e quel rispetto che sin dalle piccole cose gli è mancato.

 

Di Ilaria Piromalli

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