Il direttore di Telejato Pino Maniaci, paladino dell’antimafia duro e puro fino a pochi giorni fa, è sotto inchiesta della procura di Palermo per un tentativo di estorsione e, attualmente, ha il divieto di dimora nelle province di Trapani e Palermo. La storia sembra incredibile per chi abbia visto o letto un suo pezzo almeno una volta, ed è per questo che è necessario raccontarla con chiarezza.
L’inchiesta su Maniaci – che prende l’avvio da un’altra inchiesta di mafia nell’entroterra palermitano – è stata un colpo durissimo per la credibilità del variegato ed eterogeneo fronte antimafia, fatto di mille realtà associative e personali più o meno conosciute. Se le accuse dovessero rivelarsi fondate (la presunzione d’innocenza vale per tutti), quello sarebbe un giorno molto triste. Ma, al netto di questo, è opportuno esaminare i fatti.
A tirare in ballo Maniaci sono stati il sindaco di Partinico Salvatore Lo Biundo, il sindaco di Borgetto Gioacchino De Luca e un assessore dello stesso comune, Gioacchino Polizzi. Al Polizzi sarebbe stato imposto di acquistare magliette “antimafia” per duemila euro, oltre a mettere a disposizione un appartamento gratuitamente per il giornalista per tre mesi. De Luca invece avrebbe pagato seicento euro per non far andare in onda su Telejato un servizio che avrebbe portato allo scioglimento del consiglio comunale. Minaccia autentica o bluff? Questo non si sa, comunque sia il fantomatico servizio (ove esista) non è mai andato in onda. Il sindaco di Partinico invece sarebbe stato costretto ad assumere l’amante di Maniaci con un contratto a tempo determinato al comune. Va detto, comunque, che il gip non ha ritenuto fondati gli indizi di colpevolezza riguardo l’estorsione ai danni di Polizzi. Ben altra sorte invece quella dell’estorsione ai sindaci.
A sostegno di queste accuse vengono portate diverse intercettazioni ambientali e telefoniche, che svelano il lato oscuro di Maniaci. Paladino dell’antimafia senza compromessi da una parte, estorsore di bassa lega dall’altro. Si, perché le cifre in ballo sono veramente ridicole, se paragonate a quanto avrebbe potuto ottenere realmente con ricatti di questa portata. Ed è questo un elemento di dubbio che si insinua nella mente di chi legge: tutto questo per seicento euro e un contrattino di tre mesi per la mantenuta? E il dubbio rimane. Però poi si vedono i filmati ripresi dalle telecamere dei carabinieri, si leggono le trascrizioni delle telefonate («Qua si fa come dico io se ancora tu non l’avevi capito… decido io, non loro… loro devono fare quello che dico io, se no se ne vanno a casa»; «Ormai tutti e dico tutti si cacano se li sputtano in televisione») e si resta senza parole.
Ritorna profetico, una volta di più, il famoso articolo di Leonardo Sciascia intitolato significativamente “I professionisti dell’antimafia”: parafrasandolo, in che modo qualcuno attivamente impegnato (o, almeno, che cosi appare da fuori) nella lotta alla mafia potrebbe essere attaccato, senza che l’accusatore passi per essere un mafioso che cerca di chiudere la bocca di una persona con la schiena diritta? Maniaci grida al complotto della procura di Palermo, ordito per vendetta dopo i servizi di Telejato sulla gestione allegra dei beni confiscati da parte del giudice Saguto e dell’ex prefetto di Palermo Cannizzo. Tuttavia, i tempi non corrispondono. Le inchieste sulla mafia nella zona di Partinico sono partite ben prima dell’inchiesta palermitana sui beni confiscati (poi trasferita a Caltanissetta quando tra gli indagati è spuntata la Saguto), pertanto l’accusa di complotto appare quantomeno temeraria. Nel mentre l’intimidazione di poco più di un anno fa, raccontata come opera mafiosa (la barbara uccisione dei suoi cani), adesso pare che sia stata opera del marito della sua amante, con Maniaci perfettamente consapevole di questo fin dall’inizio. Dopo questo gesto vile, il giornalista ricevette solidarietà politica da tutti gli schieramenti, e venne anche inserito da Reporters Sans Frontières nella lista dei 100 eroi dell’informazione.
Claudio Fava, vicepresidente della commissione parlamentare antimafia, ha scritto parole molto dure e amare dopo la pubblicazione delle intercettazioni di Maniaci. Parole che racchiudono la delusione di chi dalla mafia ha visto uccidere il padre, e ora ne sente profanato il lavoro portato avanti in tanti anni.
Maniaci adesso è ad un bivio: continuare a negare, combattendo e dimostrando oltre ogni ragionevole dubbio la sua innocenza, oppure ammettere che è tutto vero e che le accuse sono fondate. Non sappiamo come andrà a finire questa vicenda, ma già ora si tocca con mano la delusione dei tanti che avevano creduto nel mito della televisione di frontiera che sfida, moderno Davide, il Golia mafioso.
Sventurato quel popolo che ha bisogno di eroi.
Lorenzo Spizzirri