Caso Giacomo Passeri: l’Egitto condanna il cittadino italiano a 25 anni di carcere

caso Giacomo Passeri

Sembrava che l’estradizione fosse vicina, invece il caso Giacomo Passeri ha preso la peggiore delle svolte. Secondo la magistratura egiziana, il cittadino italiano dovrà scontare una condanna di 25 anni nell’istituto di correzione e riabilitazione Badr-2, dove tuttora è detenuto in condizioni disumane. L’accusa di traffico internazionale di sostanze stupefacenti è stata accolta in tribunale e il verdetto della prima udienza, dopo i molteplici rinvii denunciati dalla famiglia, condanna il trentunenne italiano a restare nella prigione egiziana per 25 anni. Sotto choc i famigliari, con le opposizioni di governo che si reputano “preoccupate” per la pesantissima sentenza poiché le accuse non sono mai state accertate, mentre la Farnesina assicura di “continuare a seguire il caso con la massima attenzione“.

Nella prima delle udienze costantemente rimandate Luigi Giacomo Passeri condannato a 25 anni di carcere 

Da quando è stato arrestato in Egitto, il 24 agosto 2023, Luigi Giacomo Passeri non ha mai potuto fare una telefonata alla sua famiglia, è stato operato d’urgenza all’appendicite in condizioni igienico sanitarie indescrivibili, ha condiviso la cella con altre venti persone tra escrementi e vessazioni, ha imparato un po’ di arabo per sopravvivere, si è fatto degli amici grazie alla sua passione per il calcio, ha cominciato uno sciopero della fame, è stato l’imputato impossibilitato a difendersi di un processo in cui le udienze sono state continuamente rimandate e, alla fine, il 19 agosto 2024 è stato condannato dalla magistratura egiziana a 25 anni per traffico internazionale di sostanze stupefacenti.

Sulla storia di Giacomo sono state fatte innumerevoli speculazioni, ci sono state fughe di notizie, la sua immagine è stata utilizzata per scopi politici da entrambe le parti, c’è stata un’interrogazione parlamentare, c’è stata la speranza ed infine, sulla storia di Giacomo è planata la totale disperazione. Restare per altri 25 anni detenuto in Egitto significa vivere per un altro quarto di secolo quello che Giacomo sta vivendo da un anno e l’Italia questo non può e non deve accettarlo.

La reazione della famiglia di Giacomo: “Siamo sotto choc, lo Stato ci aiuti”

I fratelli di Giacomo hanno dichiarato di essere sotto choc e che sono state fabbricate delle false prove contro di lui, mentre la Farnesina assicura di seguire il caso con la massima attenzione e di aver già richiesto una visita consolare urgente alle autorità egiziane per accertarsi delle condizioni di salute di Giacomo.



La condanna a 25 anni è arrivata dopo un anno di continui rinvii delle udienze, in cui non sono mancati i momenti di apprensione e dolore delle persone che vogliono bene a Giacomo, un cittadino italiano di 31 anni che rischia di diventare un nuovo caso Regeni. Infatti Giacomo, come è stato ribadito dai famigliari, è certamente stato picchiato, immobilizzato e poi minacciato. Nei sistemi carcerari i diritti dei detenuti solitamente sono calpestati ed è noto, ma i rapporti economici tra l’Italia e l’Egitto, soprattutto dopo l’assassinio del ricercatore ventottenne Giulio Regeni, avvenuto presumibilmente la notte del 25 gennaio 2016, non sono ad ogni modo né lodevoli né tantomeno giustificabili.

I rapporti tra l’Italia e l’Egitto dopo l’omicidio Regeni

Sull’omicidio di Giulio aleggia tuttora una spregevole omertà da parte delle autorità egiziane, le istituzioni italiane sembrano aver dimenticato la morte del giovanissimo cittadino e la partnership che regola i rapporti tra i due Stati è basata esclusivamente sul profitto economico. Arrivati a questo punto, forse è ottimista pensare che lo Stato italiano stia realmente trattando il caso con la massima attenzione.

In verità, dopo l’omicidio di Giulio Regeni l’Italia intera dovrebbe chiedere a gran voce giustizia e l’interruzione dei rapporti con un governo che agisce in modalità torbide, violente ed intimidatorie. In un mondo utopico sarebbe possibile, ma questa è la realtà in cui viviamo e che legittimiamo. Con Giacomo Passeri, a prescindere dall’accusa, l’Italia sta assistendo inerme a un secondo caso Regeni e a un secondo caso Patrick Zaki.

Ad oggi, i rapporti tra Italia ed Egitto sembrano essere ottimali, il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni afferma che il Paese governato da al-Sisi è sicuro e il commercio delle armi genera molto profitto allo Stato italiano (a discapito di coloro che si troveranno quelle armi puntate contro).

L’avvocato di Giacomo Passeri presenterà ricorso, l’obiettivo è l’estradizione in Italia

L’accusa per traffico di sostanze stupefacenti è densa di ombre e di dubbi. Infatti, quella sera di agosto Giacomo è stato colto da un forte dolore allo stomaco rivelatosi poi appendicite, mentre la magistratura egiziana sostiene che avesse degli ovuli di una qualche sostanza stupefacente, quando il referto medico attesta che non è stato trovato nessun ovulo nello stomaco di Giacomo. Dopodiché, il percorso del pescarese all’interno del sistema carcerario egiziano è stato costellato dalle normalizzate violazioni dei diritti umani che il governo egiziano continua a perpetuare nei confronti di chiunque, con la sentenza del 19 agosto che porta oggi a temere, in modo assolutamente legittimo, per la vita di Giacomo.

Con i tempi della magistratura egiziana le speranze di vedere tornare Giacomo sano e salvo a casa si affievoliscono ogni giorno di più, solo un intervento straordinario del Ministro degli Esteri Antonio Tajani potrebbe miracolosamente velocizzare le procedure e indirizzare l’Egitto verso l’estradizione di Giacomo in Italia. D’altronde, il Ministro degli Esteri difende talmente tanto la vita umana da essere contrario all’eutanasia, in lui si potrebbe riporre la speranza che Giacomo Passeri non subisca la stessa sorte di Giulio Regeni: si chiama “coerenza”.

 

Aurora Colantonio

 

 

 

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