Caso Consip, L’ex Premier rifiuta il Complotto, ma poi involontariamente rettifica: l’inchiesta nasceva quando lui era Premier

CASO CONSIP: LA PROCURA DI ROMA DEMANDA AI CARABINIERI DEL NUCLEO INVESTIGATIVO L’ACQUISIZIONE DI NUOVO MATERIALE. NUOVI ATTI PER VENIRE A CAPO DELL’INCHIESTA CHE COINVOLGE POLITICA, PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E FORZE DELL’ORDINE.

Prosegue il Caso Consip: la Procura di Roma ha disposto la rilettura delle carte e l’acquisizione di nuovi atti provenienti dalla Centrale, al fine di ottenere altro materiale inerente agli interessi che ruotavano attorno a tutti i 18 “lotti” dell’appalto Fm4, da 2,7 miliardi di euro.

Tale compito è stato demandato ai carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Roma.

Giorni di fuoco per la Centrale acquisti della Pubblica amministrazione. Ma soprattutto per gli agenti del Noe.

Già agli inizi del mese di marzo, infatti, i pm stabilirono la revoca al Nucleo Operativo Ecologico di ulteriori interventi all’interno dell’inchiesta sorta attorno al Caso Consip, la quale, da quel momento, divenne area di competenza del Nucleo investigativo romano.

Oggi ci viene spiegato che il passaggio di testimone dagli investigatori napoletani a quelli di romani fu una scelta quanto mai ponderata.

La giustificano l’accusa di falso materiale e ideologico mossa dalla Procura di Roma al Capitano del Noe di Napoli, Gianpaolo Scafarto, il quale è andato in ferie e si asterrà dal proseguo delle indagini.

Tempi duri per il Capitano del Noe, dopo la notizia che questi, contravvenendo a quanto testimoniavano le prove acquisite nel corso dell’inchiesta (intercettazioni e trascrizioni di queste) ha dichiarato il falso, attribuendo all’imprenditore Alfredo Romeo un frase di Italo Bocchino, in cui si citava un incontro con Renzi.

In realtà Romeo -pare- non abbia mai detto un frase del genere (o comunque, non se ne ha prova), e Bocchino, ex parlamentare di An, ha dichiarato di non avere mai incontrato Tiziano Renzi (oggi indagato per traffico di influenze), bensì in quel pezzo di frase in un cui diceva: “Renzi, l’ultima volta che l’ho incontrato”, si riferiva a Matteo Renzi. Per impegni politici estranei all’inchiesta.

Adesso la missione della Procura, oltre a distribuire ai reali interessati le responsabilità circa gli illeciti movimenti di denaro inerenti al Caso Consip, è quella di disvelare gli eventuali tentativi di insabbiamento degli Atti del caso.

Avendo messo in dubbio la professionalità del Capitano del Noe, si cerca di capire se tutto il suo lavoro sia da buttare, perché viziato, e se lo scambio della fonte all’interno della frase intercettata fu un mero caso di confusione, e dunque un errore pur grave, o se si trattò di una decisione voluta, mirante a depistare le indagini del Caso Consip.

Ad imbrogliare ulteriormente la matassa, v’è l’altra dichiarazione di Gianpoalo Scafarto circa il ruolo dei Servizi Segreti, i quali -Scafarto afferma- pedinavano i carabinieri del Noe che raccoglievano prove su Alfredo Romeo. In particolare, il Capitano del Noe pone all’attenzione due annotazioni di servizio svoltesi nei giorni 18 e 19 ottobre. Nel corso dell’acquisizione della spazzatura proveniente dalla “Romeo e Gestioni spa”, racconta di avere notato un personaggio sospetto. Insieme a Scafarto, se ne sarebbero accorti anche il carabiniere Locci e il carabiniere scelto, Biancu.“Notavano persone in abiti civili e atteggiamento sospetto”.

C’era un uomo in piazza Nicosia, dove si trovavano i militari e i carabinieri del Noe. Nel capo di accusa si legge che questa “persona (fotografata) ha più volte percorso le strade adiacenti a piazza Nicosia, controllando le targhe dei mezzi parcheggiati”.

Interrogati dai Pm, Locci e Biancu hanno offerto una testimonianza che si discosta da quella di Scafarto.

Si è in fine scoperto che l’uomo imputato da Scafarto quale spia dei Servizi Segreti era in realtà un privato cittadino, residente in quella strada.

In base all’accusa della Procura, sostenendo la tesi dello spionaggio Scafarto si sarebbe reso autore di gravi depistaggi e omissioni.

E tuttavia, che un’ufficiale dell’Arma come Scafarto appia coinvolto nel Caso Consip non è cosa che stupisce. Fin dai tempi della soffiata sulla presenza delle cimici nello studio (poi tempestivamente bonificato) dell’amministratore delegato di Consip, Luigi Marroni, il Caso Consip accoglie a braccia aperte le forze dell’ordine. E non certo dalla parte di coloro che inquisiscono, ma dalla parte degli inquisiti. Vi spiccano fin dai subito le figure dei generali Tullio Del Sette ed Emanuele Saltalamacchia, attualmente indagati per rivelazione di segreto e favoreggiamento, insieme al ministro dello Sport Luca Lotti, in quanto la soffiata sulle cimici sarebbe partita da loro tre.

Ma oggi l’ombra si allunga anche su un Capitano del Noe, uno che fin dagli esordi dell’indagine era parte attiva nella conduzione dell’inchiesta sul Caso Consip.

DUE PROCURE ALLO SCONTRO

Con le due accuse mosse a Gianpaolo Scafarto, i pm Mario Palazzi e Paolo Ielo hanno messo in dubbio non solo un singolo uomo, ma anche la trasparenza e il corretto operato degli agenti di cui si serve la Procura di Napoli.

E’ uno scontro ideologico fra Procure quello di questi giorni, ed è bene sottolinearlo, in quanto la Procura partenopea sostiene e appoggia il Capitano del Noe e le proprie forze investigative. Ed è una fiducia ardua da sradicare: lo si apprese già quando Giuseppe Pignatone decise di ritirare la delega ai Carabinieri del Noe, e anche allora i pm napoletani dimostrarono la propria fiducia verso gli agenti del Noe, e fecero sapere che avrebbero continuato a collaborare con loro nelle indagini sugli appalti di Romeo.

In virtù di questa stima, risulta difficile delegittimare la professionalità di Gianpaolo Scafarto. Egli potrebbe benissimo avere commesso una svista nell’attribuzione della frase a Romeo piuttosto che a Bocchino. E possiamo crederci: ipotizzando che avesse intenzionalmente deciso di chiamare Bocchino “Alfredo Romeo”, a chiunque sarebbe bastato leggere le carte per sapere che l’attribuzione era scorretta. Un errore umano, dunque.

Ma il losco ruolo che avrebbe cercato di attribuire che tallonavano i Carabinieri del Noe, mentre questi facevano il proprio lavoro? Possiamo credere al tizio sospetto che prendeva le targhe?

CASO CONSIP: IL COMPLOTTO CHE SI “COMPLOTTA” DA SOLO

In realtà l’errore/ scambio intenzionale di Scarfato si ritiene abbia fatto scalpore non tanto per la confusione in sé, ma perché collegava Alfredo Romeo, che si trova in carcere per corruzione, a Tiziano Renzi.

Colpire Renzi Sr., per colpire Renzi Jr. e la sua cerchia di fedelissimi.

Dal Ministro Lotti (verso cui il Senato ha espresso la propria fiducia), allo stesso Luigi Marroni. E poi esponenti di altri partiti, Italo Bocchino, ex parlamentare di An, e indagato per traffico di influenze, e Verdini.

Gente ai capi opposti della politica e legata dall’interesse trasversale per il denaro al centro dell’inchiesta.

Pare che Renzi Sr. si facesse promettere dall’imprenditore napoletano Alfredo Romeo mazzette mensili, e che si muovesse tramite un caro amico, un faccendiere, Carlo Russo (imprenditore farmaceutico). In mancanza della prova dell’avvenuto incontro tra Romeo e Renzi, tuttavia, l’accusa per traffico d’influenze in capo al padre dell’ex Premier, benché ad oggi sia rimasto irrevocata, subisce inevitabilmente una leggera modifica in suo favore.

E pompa la macchina dei famelici di complottismo.

L’opinione pubblica si divide tra chi considera Scafarto un genio del male e chi lo assolve, quanto meno per la “trita e ritrita” questione del garantismo fino a sentenza: per costoro, il Capitano del Noe confuse semplicemente nome nell’informativa. Non intendeva, certo, portare a galla un complotto contro il padre dell’ex Premier.

Garantista si rivela lo stesso Matteo Renzi, che intervistato dalla conduttrice di “Otto e mezzo”, afferma: “Non sarò mai uno di quelli che vive di complotti”.

Anche se poi annota che quando il Caso Consip veniva messo in piedi, lui era ancora Presidente del Consiglio. Il chè la dice lunga… Garantista, sì, ma non fino in fondo. O comunque solo fino a prova contraria.

Complotto o non complotto, Tiziano Renzi, è ancora iscritto nella lista degli indagati in quanto l’iniziale di quello che, a giudizio degli inquirenti, è il suo nome ricorre nei cosiddetti “pizzini” ricavati dai Carabinieri del Noe nella spazzatura della Romeo e Gestione. Ma oltre a ciò, v’è la testimonianza del commercialista Alfredo Mazzei (sempre del Pd), il quale conosce da molti anni Alfredo Romeo, e che, poco dopo l’incarcerazione di Romeo, dichiarò che questi e Tiziano Renzi si erano incontrati ad una cena segreta, in una “bettola” di Roma.

Fu lo stesso Romeo a menzionare a Mazzei il nome di Carlo Russo, il quale vantava la possibilità di poter avvicinare Tiziano Renzi.

Il dirigente della Consip, Marco Gasparri, confessò di avere preso delle tangenti da Alfredo Romeo.

Su decisione dei Pm, Gasparri sarà presto riascoltato in sede di incidente probatorio, al fine di fissare quanto dichiarò su Romeo.

Non resta che aspettare e capire se il nuovo materiale preteso della Procura abbia una qualche rilevanza nell’indagine e ci aiuti a sciogliere i nodi. Vecchi e nuovi.

Chiara Fina

 

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