Dopo oltre un decennio di battaglia legale per l’estradizione, gli USA starebbero valutando un patteggiamento che potrebbe restituire la libertà al fondatore di WikiLeaks, Julian Assange
Il caso Assange si protrae ormai da quasi 14 anni, tra i tentativi degli Stati Uniti di estradare il giornalista e fondatore di Wikileaks, Julian Assange, e gli appelli dei suoi avvocati – oltre a quelli di decine di media, organizzazioni umanitarie, e personalità politiche – per la sua liberazione.
Ora, secondo quanto riportato dal The Wall Street Journal, il Dipartimento di Giustizia degli USA starebbe discutendo con la difesa un accordo per un patteggiamento.
Il quale, se approvato da entrambe le parti, potrebbe permettere ad Assange di uscire dal carcere come uomo libero.
Caso Assange: la “patata bollente politica” per gli USA
Al momento, il fondatore di WikiLeaks si trova nella sua cella 2 x 3 all’intero del carcere di sicurezza di Belmarsh, a Londra, dove è detenuto da quasi 5 anni.
Da oltre un decennio, gli USA lo accusano di essere entrato illegalmente in possesso di documenti riservati riguardanti crimini di guerra in Iraq e Afghanistan, e di averli pubblicati su WikiLeaks mettendo a rischio la sicurezza nazionale e la vita delle persone coinvolte. Per questo, ne richiedono l’estradizione.
Gli scorsi 20 e 21 febbraio, presso l’Alta Corte britannica, si è tenuta l’ultima udienza del caso.
I due giudici sono stati chiamati a pronunciarsi sulla richiesta della difesa di appellarsi contro l’estradizione di Assange, approvata nel giugno 2022 dall’ex Ministro degli Interni Priti Patel.
Se accetteranno la richiesta, la battaglia legale proseguirà nel Regno Unito. Se, al contrario, rigetteranno la domanda, Assange potrebbe essere estradato, e quindi processato, entro pochi giorni.
Il verdetto è atteso entro la fine di marzo.
L’attesa, però, è stata smorzata da una notizia pubblicata due giorni fa dal The Wall Street Journal.
Secondo alcune fonti, infatti, i rappresentanti legali di Julian Assange e i funzionari del Dipartimento di Giustizia degli USA sarebbero impegnati in colloqui per un possibile patteggiamento.
I funzionari del Dipartimento di Giustizia e gli avvocati di Assange hanno avuto discussioni preliminari negli ultimi mesi su come potrebbe essere un patteggiamento per porre fine al lungo dramma legale, secondo persone che hanno familiarità con la questione, un potenziale ammorbidimento in una situazione di stallo piena di complessità politiche e legali
Il patteggiamento consisterebbe in una dichiarazione di colpevolezza per “cattiva gestione di informazioni riservate“, un reato minore, per il quale i 5 anni trascorsi da Assange a Belmarsh potrebbero essere considerati come pena scontata.
L’estradizione sarebbe quindi annullata, e il giornalista potrebbe uscire dal carcere da uomo libero.
Queste discussioni, come riferito dal giornale, sarebbero originate dal timore degli USA per le conseguenze che il caso Assange avrebbe sull’opinione pubblica, in particolare in merito alla libertà di stampa del Paese. A maggior ragione, con le elezioni presidenziali in vista.
Un’estradizione getterebbe una patata bollente politica in grembo all’amministrazione Biden. L’amministrazione ha lottato a lungo con le implicazioni del Primo Emendamento del caso Assange
L’avvocato di Assange: “a noi nessuna indicazione”
La possibilità di un patteggiamento rimane, comunque, solamente un’ipotesi.
Lo stesso Wall Street Journal, infatti, ha dichiarato che i colloqui tra le due parti “rimangono in divenire“, e potrebbero anche finire per “svanire“.
Difatti, secondo l’avvocato statunitense di Assange, Berry Pollack, il team legale degli USA non avrebbe ricevuto alcuna indicazione riguardo alla possibilità di un accordo. E, anzi, stando a Pollack, gli USA non avrebbero cambiato idea sull’estradizione.
È inappropriato per gli avvocati del signor Assange commentare mentre il suo caso è davanti all’Alta Corte del Regno Unito, se non per dire che non ci è stata data alcuna indicazione che il Dipartimento di Giustizia intenda risolvere il caso.
E gli Stati Uniti stanno continuando con la stessa determinazione di sempre a chiedere la sua estradizione su tutte le 18 accuse, esponendolo a 175 anni di carcere
Non è neanche da escludere che il giornalista e la sua difesa rifiutino l’accordo.
Secondo il fratello, Gabriel Shipton, la cosiddetta “linea rossa” di Assange per siglare un accordo è che ciò avvenga senza la sua presenza fisica negli USA. Il timore, condiviso dal team legale, è che, una volta in territorio americano, i termini dell’accordo possano cambiare.
Secondo l’avvocato Bruce Afran, comunque, un accordo di questo tipo è possibile.
Di solito i tribunali americani non agiscono a meno che un imputato non si trovi all’interno di quel distretto e si presenti in tribunale. Tuttavia, non c’è nemmeno nulla che lo vieti rigorosamente. E, in un dato caso, un appello potrebbe essere portato avanti a livello internazionale. Non credo che ci sia nulla di sbagliato in questo. Non è vietato da nessuna legge. Se tutte le parti acconsentono, allora il tribunale ha giurisdizione
È presumibile anche che Assange e la sua difesa ritengano di dover continuare ad asserire l’innocenza del fondatore di WikiLeaks, e che lui decida, quindi, di non dichiararsi colpevole di alcun crimine.
La battaglia contro l’estradizione continua
Nel frattempo, i familiari di Assange e tutte le organizzazioni e gli attivisti che lo supportano proseguono la loro campagna contro l’estradizione.
La quale, come dichiarato dalla Relatrice ONU contro la Tortura, Alice Jill Edwards, metterebbe la sua vita seriamente in pericolo.
Julian Assange soffre di un disturbo depressivo di lunga data e ricorrente. Viene valutato come a rischio di suicidio. Negli Stati Uniti, deve affrontare numerose accuse, anche ai sensi dell’Espionage Act del 1917 per presunti rilasci illegali di cablogrammi e documenti diplomatici e di altro tipo tramite WikiLeaks. Se estradato, potrebbe essere detenuto in isolamento prolungato in attesa del processo, o come detenuto. Se condannato, potrebbero essergli inflitti fino a 175 anni di carcere
Per quanto riguarda l’eventuale estradizione, il governo americano ha offerto rassicurazioni al Regno Unito sul fatto che il giornalista non verrebbe detenuto sotto regime SAM, uno dei più duri e severi al mondo.
Allo stesso tempo, il governo si riserva il diritto di applicare le misure speciali in caso si rivelino, a suo giudizio, necessarie. Dunque, secondo la Relatrice ONU, le rassicurazioni degli USA non hanno alcun valore.
Inoltre, durante l’ultima udienza dello scorso febbraio, è risultato chiaro che non c’è nulla che impedisca agli Stati Uniti di aggiungere ulteriori reati a quelli per i quali Assange è attualmente accusato. Che potrebbero persino arrivare alla pena di morte.
In occasione dell’udienza, il giornalista non ha potuto essere presente in tribunale a causa di gravi problemi di salute, tra cui una costola rotta a causa di una forte tosse.
Tutt’ora, secondo il fratello Gabriel, che è andato a trovarlo recentemente in carcere, si trova in condizioni fisiche e psicologiche critiche.
Il processo lo sta davvero logorando fisicamente e mentalmente. Avevo molta paura di lasciare la prigione quel giorno
Quello stesso giorno, centinaia di supporters si sono radunati fuori dalla High Court di Londra per mostrare il loro sostegno alla causa, e per ascoltare le parole di colleghi e familiari del fondatore di WikiLeaks.
A guidare la campagna, come di consueto, è stata la moglie, Stella Moris.
Non sappiamo cosa aspettarci, ma siamo qui perché il mondo sta guardando. Devono sapere che non possono farla franca.
Julian ha bisogno della sua libertà, e tutti noi abbiamo bisogno della verità