Prima di parlare di carriera alias, conosciamo meglio Andrea.
Andrea è un ragazzo che frequenta il liceo Cavour di Roma.
E’ un adolescente come tanti: esile, capelli corti e coloratissimi, vestiario alternativo.
Per chi frequenta le superiori, la scuola è un po’ il proprio ecosistema. Non è solo un luogo dove ci si prepara per un futuro lavorativo o universitario, ma è l’unico vero contesto alternativo a quello familiare, in cui si afferma la propria identità, e si intrecciano le relazioni sociali.
Le umiliazioni che Andrea è costretto a subire a scuola
Eppure, Andrea non può concentrarsi sullo studio, perché deve affrontare varie umiliazioni. Gli si chiede di usare il bagno delle ragazze, e quando viene interrogato è un nome femminile ad apparire sulla LIM (lavagna digitale).
Gli adulti di riferimento danno giudizi sul suo aspetto, pensano di poter decidere loro quale sia la “vera” identità di Andrea.
Giudicano secondo parametri obsoleti, parametri per i quali è il look, la cosiddetta “espressione di genere”, a dire cosa sei, pensano di capire il tuo genere a seconda se come partner hai un ragazzo o una ragazza.
Andrea ha un compagno. Il suo compagno si trucca e porta i capelli lunghi. Nulla di male, anche i Maneskin lo fanno, eppure lui e il suo compagno ricevono sputi e insulti omofobici.
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Andrea è un ragazzo transgender ftm
Anche se non deve essere qualcun altro a dire chi siamo, se proprio la scuola non volesse ascoltare il suo coming out, Andrea ha un certificato che attesta il suo essere un ragazzo transgender, e che invita coloro che sono con lui in una relazione di formazione (ad esempio gli insegnanti), a venire incontro alla sua esigenza di riconoscimento e rispetto, usando il genere maschile e il nome d’elezione al posto di quello anagrafico.
Chi ignora il valore del coming out di Andrea dovrebbe sapere che esistono ragazzi transgender di tutti gli orientamenti sessuali (etero, bisessuali, pansessuali, gay, asessuali…) e soprattutto che non è l’espressione di genere a dire chi siamo.
E’ un piccolo gesto che non costa nulla, ma può fare tanto, per permettere a questo ragazzo di completare il suo percorso di studi.
Carriera Alias: i rappresentanti del liceo Cavour la propongono da un anno
I rappresentanti d’istituto ce la stanno mettendo tutta. Da un anno propongono la Carriera Alias, una soluzione presente in molte scuole ed in molti atenei, che permette a studenti e studentesse transgender e non binary di affrontare il percorso di studi senza essere costretti a rinunciare per la sofferenza provocata dal mancato riconoscimento.
Quanto è difficile relazionarsi, per una persona transgender, senza la Carriera Alias
Infatti, divulgare i dati anagrafici impedisce o rende difficili anche tutte quelle relazioni che ogni studente coltiva nel luogo dove studia. Grazie alla carriera alias, la sua privacy è tutelata e può presentarsi a compagni di studio e potenziali amici col suo nome scelto, senza essere costretto a spiegazioni dolorose, o far fatica a farsi riconoscere da chi ormai ha memorizzato un altro nome e un altro genere, e fa fatica a staccarsi da quella prima impressione.
Carriera Alias: che cos’è e come funziona
La carriera alias è una procedura di carattere informatico/burocratico che permette alle persone di genere non binario e transgender di avere il nome d’elezione (differente da quello anagrafico) sui documenti relativi al percorso scolastico o universitario, e di collegare quest’identità elettiva a quella anagrafica, che invece non viene divulgata.
Gli atenei pionieri della Carriera Alias
Il primo ateneo illuminato è stato, nell’ormai lontano 2003, l’Università degli Studi di Torino, seguito da moltissimi atenei che oggi prevedono il libretto col genere d’elezione sia al Nord (Milano, Verona, Padova), sia al Sud (Palermo, Catania, Bari).
Spesso non viene riconosciuta l’autodeterminazione: necessario “certificato”
Prima di esultare per questo risultato incoraggiante e che dimostra che il nostro Paese sta facendo sempre più suoi i concetti di civiltà e di inclusione, è importante sottolineare un aspetto: alcuni atenei non forniscono la possibilità della carriera alias con una richiesta motivata dalla semplice autodeterminazione.
In ancora molti casi la richiesta è legata alla presentazione idonea a comprovare (come dice, ad esempio, il regolamento di UniRoma), “l’esistenza di una disforia di genere”.
A permettere l’accesso, quindi, ad un’identità alias non è l’appartenere ad un genere d’elezione, ma una documentazione, rilasciata da terzi, che dimostra la presenza di una “patologia”.
Richiesta di “disforia di genere”: obsoleta, viste le decisioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità
Questa richiesta va controvento rispetto la direzione, libertaria e progressista, dei principali paesi occidentali.
«Transessualità, transgenerità e non conformità/incongruenza di genere non sono più patologie mentali per l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS). Infatti, – chiarisce Laura Caruso, attivista di ACET, Associazione per la Cultura e l’Etica Transgender – durante la 72° Assemblea Mondiale della Sanità (WHA), in corso dal 20-28 maggio 2019, l’OMS ha ufficialmente adottato l’undicesima revisione della classificazione statistica internazionale delle malattie e dei problemi sanitari connessi (Icd-11), che entrerà in vigore il 1° gennaio 2022. A partire da tale data, l’incongruenza di genere rientrerà tra le condizioni della salute delle persona».
Purtroppo, in Italia siamo ancora vincolati ad una legge obsoleta, la 164/82, che dà cittadinanza solo ai percorsi binari e medicalizzati. E’ possibile, però, che i progressi fatti a livello internazionale costringano l’Italia ad alcuni passi avanti, come la diffusione dello strumento della Carriera Alias, della prassi di richiedere i pronomi prima di un colloquio di lavoro, e soprattutto l’eliminazione del vincolo di una diagnosi di qualcosa non viene più considerata patologica (perché non lo è mai stata).
Nel frattempo, possiamo solo fare un grande in bocca al lupo ad Andrea e ai (e alle) giovani come lui, che portano avanti con veemenza le proprie battaglie, esperienza importante per imparare a far valere le proprie ragioni.